Domenica 26
Giugno, a Milano,
sarà "Beatificato" il "Missionario" del "Pime"
che, per "65 anni",
ha donato la sua vita ai "poveri" della Birmania.
Il
"Sacerdote", vissuto tra il 1897 ed il 1988,
ha giocato la sua vita sulla "Frontiera" più attuale: quella dell’"Educare".
Era convinto che, per annunciare il "Vangelo",
bisognava mettere i "piccoli" al primo posto.
Disse dei «suoi» "ragazzi": «Tutta la mia vita è "spesa"
per loro!
Mi "mangeranno vivo", fino a che morrò:
ma da questi teneri, cari, amati, e "spennacchiati virgulti",
sorgerà (non ne dubito) la nostra "Chiesa"!».
Giorgio
Bernardelli
("Avvenire",
19/6/’11)
Un Missionario
che ha vissuto per 65 anni in un Paese lontano come la Birmania
e per di più tra le Tribù dei Monti, le più povere e isolate dal resto del
Mondo. Ma nello stesso tempo un testimone del Vangelo,
molto più vicino alla nostra esperienza quotidiana di quanto a prima vista si
potrebbe credere. Perché ha giocato interamente la sua vita sulla Frontiera
più attuale di tutte: quella dell’Educare.
Si può riassumere così il profilo di Padre
Clemente Vismara,
Missionario del "Pontificio
Istituto Missioni Estere",
vissuto tra il 1897 e il 1988, che Domenica
26 Giugno verrà
proclamato "Beato"
in "Piazza
del Duomo", a Milano,
assieme agli altri due "Ambrosiani",
Suor
Enrichetta Alfieri
e Don
Serafino Morazzone.
Ci raccontiamo in continuazione, oggi, quanto sia diventato difficile
trasmettere dei valori a figli e nipoti; ce la prendiamo con un contesto Sociale
e Culturale che "rema contro", rispetto alla proposta di una vita
autenticamente Cristiana.
Ma quello in cui svolgeva la propria Missione
Padre Clemente era davvero un Mondo meno difficile? E questa nostra "Chiesa
Italiana", che
ha scelto di mettere l’impegno ad "Educare
alla vita buona del Vangelo"
in cima alle proprie priorità di questo "Decennio",
non ha forse bisogno anche di ritrovare dei modelli che ci indichino uno stile
per questa impresa? Orfano lui stesso, impegnato per tutta la vita a raccogliere
e dare un futuro a tanti ragazzi abbandonati, Padre Vismara è una figura che su
questo ha molto da insegnarci. A partire dalla convinzione incrollabile che per
annunciare il Vangelo bisogna avere il coraggio di mettere i piccoli al primo
posto. Anche a costo di rinunciare a qualcosa. «L’anno venturo vorrei
costruire l’Orfanotrofio per i miei ragazzi – spiegava a un Benefattore nel
1959, quando era arrivato da pochi mesi in una nuova Missione – . Veramente
sarebbe bene costruire la Chiesa prima, ma penso che il Signore vive in
Paradiso, mentre i miei ragazzi vivono in Terra e dormono sul pavimento, pigiati
come sardine: è più umano pensar prima a loro!».
A partire da questa chiave di lettura, dovremmo probabilmente rileggere anche un
tratto della sua vita che a noi oggi può suonare strano, quasi fastidioso: il
fatto che allora, lui, nei Villaggi
della Birmania, questi ragazzi andava in giro a "comprarli" da chi
voleva liberarsi di loro. Li pagava in denaro (non senza riconoscere che si
tratta di un "costume barbaro"), pur di sottrarli a un destino di
abbandono e sofferenza. Non potrebbe essere questa l’Icona di un’altra
verità profonda che facciamo una gran fatica a ricordare, e cioè che l’impegno
Educativo non solo è "gratis", ma è anche qualcosa che per
definizione "costa"? Se vuoi trasmettere qualcosa, devi prima essere
disposto a tirare fuori del tuo ed a spenderlo senza riserve. Altra sua
caratteristica: Padre Clemente non aveva paura di quello che oggi definiremmo il
"fallimento Educativo". Amava i ragazzi, li sentiva fortemente suoi,
eppure le porte delle sue Case restavano comunque aperte: anche se vi ho
"comprato", potete andarvene quando volete! Molto bella è una
testimonianza rilasciata dall’amico "Buddhista", U-Sai
Lane, che figura
tra gli "Atti" del "Processo
di Beatificazione":
«Quando gli dicevo: "Padre Vismara, tu dai da mangiare a tanti bambini, ma
quando diverranno grandi, loro non ti daranno niente!" – ha raccontato
– , lui rispondeva: "Io faccio queste cose non per me, ma solo per Dio...
Io lavoro per Dio! A me basta amarli come li ama Dio!"». Per Padre
Clemente, Educare non significava aver davanti dei "vasi" da riempire:
non si vergognava di imparare lui stesso qualcosa dai suoi piccoli amici.
Persino nel compito più importante per un Missionario, quello di annunciare
Gesù. «Andando in giro tra i Pagani con questi ragazzetti – racconta in un’altra
"Lettera" – , spesso succede che la parola del Prete non riesca a
penetrare nella mente e nel cuore come un "discorsetto" accalorato di
uno di questi ragazzi... Anche un vecchio, pur carico d’anni, non sa vincere
nella "dialettica" un ragazzo, che parla con animosità e calore
veramente commovente!». Più di ogni altra cosa, però, Padre Clemente Vismara
è stato un testimone di come Educare sia un’impresa che non conosce mezze
misure: solo chi sa donarsi all’altro senza riserve, alla fine trasmette
qualcosa. «Da dove viene questo mio piacere, alla vista di tante bocche che...
"maciullano"? – ha scritto un giorno, riflettendo sull’immagine
dei suoi ragazzi seduti a tavola – . Qual è la causa di schietta
soddisfazione e, diciamo pure, di sudata... felicità, al vedere questa truppa
che si "pappa" tutto ciò che trova? La cosa sta così: è che queste
"birbe" divorano me, fan sudare me, ormai grigio, mangiano del mio!
Tutta la mia vita è spesa per loro... Mi mangeranno vivo fino a che morrò: ma
da questi teneri, cari, amati e "spennacchiati virgulti", sorgerà
(non ne dubito) la nostra Chiesa!».
Sono quelli che amano così, gli Educatori che lasciano il segno! Quelli a cui
– per Intercessione del "Beato" Clemente – vorremmo, anche qui in
Italia, tornare ad assomigliare... Per rendere "nostri" tanti ragazzi,
che ci aspettano agli angoli delle strade!