«Haiti può spezzare le sue
"catene"»
Daniele Bassi, con l’"Avsi"
per sei anni nell’"isola":
«Investire nelle "campagne" è l’unico modo
per renderla non più "dipendente" dagli "interventi
internazionali"».
![]() |
![]() |
Lucia
Capuzzi
("Avvenire",
17/1/’10)
È un "Paese" dalle
straordinarie "risorse naturali". Sotto lo strato di ceneri e
"cicatrici" lasciate da oltre mezzo secolo di "guerre
civili", "colpi di stato", "uragani" e
"inondazioni", la terra di Haiti
è ancora "fertile". Anche se ora riesce a produrre a malapena per la
"sussistenza" di una sparuta manciata di contadini. La campagna è una
landa "brulla": gli alberi sono stati abbattuti per fare carbone,
unico mezzo accessibile alla popolazione per cucinare. I terreni sono incolti a
parte qualche minuscolo "appezzamento".
Chi può fugge nella "capitale". Eppure, duecento anni fa, questo era
il «cuore verde» della Francia, all’epoca "coloniale" dell’isola.
Haiti era la "colonia" più ricca d’America,
al primo posto per la produzione di caffè, cotone, "indaco" e
"rhum".
Nelle immense "piantagioni" – coltivate da mezzo milione di
"schiavi africani" – venivano prodotti i tre quarti dello zucchero
mondiale. Ora la canna cresce a "casaccio", gli
"zuccherifici" sono abbandonati. Ma la "rinascita agricola"
di Haiti è possibile.
«Si deve puntare sulle campagne per spezzare la catena che tiene il
"Paese" nella "schiavitù" del "sotto-sviluppo"»,
afferma Daniele Bassi,
"docente" di "Arboricoltura" all’"Università
Statale" di Milano. Per oltre sei anni – dal 1998 al 2004 – , Bassi ha
fatto la spola tra l’Italia e Les
Cayes – zona
"rurale" sperduta nel "Sud" dell’isola – per
"super-visionare" un "progetto" di "cooperazione
agricola" – realizzato dalla "Ong" "Avsi"
in collaborazione con la Facoltà di "Agraria" locale –, finanziato
dalla "Conferenza
Episcopale Italiana"
grazie ai fondi dell’"otto per mille".
Professor Bassi, qual era l’obiettivo del "progetto"?
Il nostro fine era creare un’"azienda agricola sperimentale", che fungesse da "modello" e «palestra» per i contadini locali. Avevamo a disposizione una quarantina d’"ettari". Su cui abbiamo praticato diverse "colture", in particolare riso. Non volevamo produrre "derrate alimentari", ma "sementi" per gli agricoltori locali. Questi lavoravano sui terreni, in modo da imparare, attraverso la "pratica", le "tecniche" di produzione più efficaci. In cambio della "mano d’opera", potevano tenere parte delle "piantine" germogliate e coltivarle nei loro terreni, con le "strategie" imparate nell’"azienda sperimentale".
Che ne è ora del "progetto"?
L’"azienda sperimentale" va avanti da sola. "Avsi", invece, ha messo in piedi a Les Cayes altri "progetti" di "sviluppo agricolo" e "riforestazione". Che, su scala locale, stanno producendo buoni risultati: oltre mille contadini hanno ricevuto "sementi", "fertilizzanti" e soprattutto "competenze tecniche" per poter lavorare.
Lo "sviluppo agricolo" può essere la chiave per liberare Haiti dalla morsa della "povertà"?
Investire nelle campagne è l’unico modo per rendere Haiti indipendente dal punto di vista alimentare e far ripartire la "dissestata" "economia locale". Non si tratta solo di fornire ai contadini i "mezzi tecnici" – scarsissimi – come macchinari, "sementi" selezionati, e "anti-parassitari", o le "competenze" adeguate. Questa è la base. Poi, però, ci vuole una forte volontà "politica". Haiti è da decenni quasi totalmente dipendente dagli "aiuti internazionali". Le grandi "organizzazioni" hanno inondato l’isola di "beni" di prima necessità, tra cui tonnellate di "derrate alimentari". Il "cibo importato" costa, sul "mercato isolano", molto meno dei prodotti interni, perché i contadini hanno bisogno, per coltivare, di "importare" attrezzature e concimi. Il più alto prezzo rende gli alimenti locali poco "competitivi". E questo impedisce il decollo di una produzione "autonoma".
In che direzione bisogna lavorare, per correggere questo effetto "perverso"?
Si deve puntare sull’"educazione". Una "generazione" colta e competente è in grado di camminare con le proprie gambe. Gli "haitiani" possono farcela. Devono solo trovare la "strada".