Abbasso le pantofole!
A settantasette anni
dovrebbe scoccare l'ora del meritato riposo.
Invece Padre Mario ha deciso di spendere il suo tempo in una casa per disabili.
Nel segno dell'ascolto, del servizio e della preghiera.
Viva i gregari! In un'epoca di primedonne, che non se ne può più, viva i gregari. Se poi hanno la stoffa di un Mario Marazzi faresti la firma per averne un esercito.
L'uomo ha due patrie, due terre che chiama casa. In una è nato settantasette anni fa, vedendo la luce nella bella Varenna, cittadina della sponda orientale del lago di Corno. L'altra - Hong Kong, la Cina - lo ha accolto giovane missionario nel 1960, rivendicando parte cospicua del suo cuore.
Se pronunci il nome di Marazzi tra quelli che lo conoscono, i volti si illuminano. Questo viandante che dice di avere un profilo psicologico da gregario, lascia puntualmente un buon ricordo di sé. Forse per la sua attenzione ai dettagli e le piccole delicatezze nei rapporti interpersonali. O perché senti che da lui non hai alcun bisogno di difenderti. Oppure perché t'hanno sorpreso la freschezza e la modestia del prete, o ti ha conquistato la sua precisione nello svolgere un lavoro.
Chi lo ha conosciuto a Milano, tra gli anni Ottanta e Novanta, quando dirigeva il Museo Popoli e Culture, sa bene quanto Padre Mario sentisse «nostalgia di casa» e desiderasse tornare a Hong Kong. Qualche confratello, prudente e saggio, lo sconsigliava dal riprovarci, vista l'età e gli immancabili acciacchi che gli anni portano in dote. Ma lui non ha soffocato il sogno, gli ha dato ali come farebbe un giovane che imbocca la sua strada.
«Vivo la spiritualità
dell'ospite.
Accolgo con gratitudine e stima tutto quello che mi danno»
Nel novembre 1999 - accompagnato da un amico che conosce la sua avversione per il volo e lo rinfranca durante il lungo trasferimento aereo - Padre Mario fa ritorno nella metropoli costiera della Cina meridionale, dove ha già speso vent'anni tra il '60 e il 1980.
Nel giro di due settimane lo assegnano alla parrocchia di San Francesco a Ma On Shan. Vi riprende confidenza con la lingua locale (il cantonese), incontra vecchi amici e dieci mesi più tardi viene nominato vicario parrocchiale.
«Mi avevano detto - dice il missionario - che avrei fatto fatica ad ambientarmi, perché Hong Kong e la sua gente erano molto cambiate, soprattutto dopo il 1997 e la fine dell'epoca coloniale inglese. Certo, la metropoli è molto più bella di quando l'avevo lasciata, più ricca e dinamica. E tuttavia non ho trovato grandi cambiamenti nella psicologia della gente. Non ho fatto alcuna fatica a reinserirmi. Per me è stato un ritornare a casa e ritrovare gente che mi vuol bene».
Il sogno di Padre Mario non s'appaga con l'arrivo a Hong Kong. Racconta: «Le parrocchie di Hong Kong sono gratificanti. C'è tanto da fare e la gente ci vuole bene ed è generosa.
Il lavoro pastorale è molto: bisogna andare negli ospedali, presiedere i funerali, visitare le case, i poveri e così via. Noi del Pime a Hong Kong alle volte discutiamo sull'opportunità di restare nelle parrocchie, piuttosto che trovare altre forme di presenza. La conclusione è che rimaniamo perché le parrocchie sono anche veramente missionarie. In quella di San Francesco - guidata da un parroco molto dinamico come Padre Francesco Conte del Pime - ci sono ogni anno circa settanta battesimi di adulti. Attraverso i cristiani si raggiungono i non cristiani, parecchi dei quali, poi, frequentano il catecumenato. Nonostante tutto, però, io mi ci sentivo stretto. Desideravo qualcosa di più vicino ai poveri. Non è stato facile trovare un posto, finché a un certo punto si è aperta una strada».
Le case per disabili
«Huiling» nascono dall’intuizione
di Meng Wei-na ex guardia rossa
La strada si chiama Huiling e sbuca a Canton (o Guangzhou per dirla alla cinese), il capoluogo della provincia del Guangdong, territorio confinante con l'ex colonia inglese. Padre Mario vi si trasferisce a fine ottobre del 2003 per andare a vivere in una delle case famiglia per persone disabili gestite da Huiling.
La Repubblica Popolare Cinese non ammette nel suo territorio missionari stranieri per attività di carattere religioso. Mario Marazzi - ligio alle regole - è a Canton come un pensionato italiano che presta volontariato per l'organizzazione, conosciuta tramite un altro confratello, Fernando Cagnin, che vi lavora come tecnico informatico.
La giornata si svolge in modo semplice: nell'appartamentino con un solo bagno che condivide con cinque disabili (tre ragazze e due ragazzi) e una «mamma», cioè una signora stipendiata che manda avanti la casa-famiglia, la sveglia del nostro «pensionato» suona alle 6. Nella piccola stanza a lui riservata, Padre Mario prega e dice Messa da solo. «Mentre celebro - ha scritto tempo fa - sento che la mia cameretta non è vuota, ma piena della gente per cui devo pregare: i membri della casa-famiglia, i disabili e gli assistenti di Huiling, le persone del quartiere, la Chiesa di Cina.. .».
Gli altri abitanti della casa s'alzano alle sette. Mezz'ora dopo tutti fanno colazione insieme, poi per i ragazzi comincia una giornata di attività in un vicino centro dell'organizzazione, e Padre Mario è padrone del suo tempo fino alle quattro e mezza di pomeriggio, quando il gruppo si ricompone. Tutti fanno la doccia, poi si esce per una passeggiata nel quartiere e infine viene l'ora di cena e del dopocena, tutti insieme davanti alla tivù.
Giornate senza pretese, riempite di preghiera, di piccoli servizi per Huiling - come un corso di inglese per il personale - o per gli amici cinesi conosciuti alla Messa festiva in qualche chiesa della città. Una volta al mese Marazzi trascorre un fine settimana a Hong Kong, dove ritrova i confratelli e rinsalda i legami tra Huiling e i cattolici locali che sostengono l'organizzazione con aiuti e appoggio morale e spirituale.
Sia pur da lontano si ispira alla testimonianza silente di Charles de Foucauld, che gridava il Vangelo con la vita. «Vivo la spiritualità dell'ospite - dice - . La Cina mi dà il visto per restare, l'organizzazione mi accoglie e la casa-famiglia mi ospita. Ciò mi spinge a vivere con rispetto, stima e gratitudine per tutto quello che mi danno. Per noi missionari è facile sentirci un po' padroni, a volte persino superiori, per via del fatto che siamo capi, che rivestiamo una certa posizione e che veniamo da un'altra cultura che per qualche verso ci sembra superiore... Questo mio tipo di presenza mi aiuta a ridimensionare un tale atteggiamento. Vivo la vita della gente».
Mentre era in vacanza in Italia, nei mesi scorsi, Marazzi ha girato la penisola, rimbalzando da un gruppo di amici all'altro - con il diaporama nel computer portatile per rendere testimonianza agli amici di Huiling. Ora che ha vinto anche la paura dell'aereo, grazie a un corso audiovisivo che s'è fatto mandare dall'Australia, considera l'ipotesi di cimentarsi con lo studio del mandarino e di trovare nuove forme di servizio. Il sogno continua.
Giampiero
Sandionigi
("Mondo e Missione" - Marzo 2005)