Un "cessate il fuoco" troppo bello. Cosa mai nasconderà?

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Giulio Albanese
("Avvenire", 13/11/’08)

È giusto fidarsi di un "personaggio" del calibro di Omar Hassan El Beshir? Com’è noto questo "signore", su cui pesa un "mandato di cattura" internazionale, domina da anni incontrastato la scena Sudanese, con l’appoggio più o meno esplicito del Mondo Arabo e il sostegno del Governo Cinese. Eppure ieri ha annunciato con grande "clamore" che il suo Governo avvierà il "disarmo" delle "milizie" e limiterà l’uso delle armi nell’esercito. In sostanza si tratta della proclamazione "altisonante" di un "cessate il fuoco" "unilaterale" senza condizioni tra le "forze armate" sudanesi e le decine di "fazioni belligeranti" contro Khartoum, ha spiegato ostentando un "pathos" disarmante che contrasta con l’immagine "monolitica" del "regime" di cui egli è al comando. Premesso che, tornando indietro con la "moviola" della storia, Beshir ha quasi sempre disatteso le promesse "distensive" nei confronti dei suoi "oppositori", soprattutto in riferimento alla drammatica "crisi darfuriana", il "messaggio" è pur sempre di buon auspicio, almeno dal punto di vista "contenutistico", essendo in dissonanza col linguaggio "jihadista" tanto caro a molti dei suoi seguaci.
Se da una parte va certamente preso col "beneficio d’inventario", dall’altra è pur sempre una "dichiarazione" che impegna il suo "esecutivo" a passare decisamente dalle parole ai fatti. Ma al di là di qualsiasi valutazione che possa sconfinare nel registro della cosiddetta "fanta-politica", il dato interessante è che l’annuncio di cui sopra è avvenuto a conclusione di una "conferenza" per la soluzione pacifica del conflitto svoltasi nella "Friendship Hall" di Khartum. E in quella "assise", in un’atmosfera a dir poco "surreale", l’unico Capo di Stato presente in prima fila era il Presidente Eritreo,
Isayas Afeworki, il quale, di questi tempi, com’è noto, pare stia aspirando al "palmares" delle "vessazioni" con il suo "omologo" sudanese, nella classifica dei "Presidenti-Padroni" più autoritari del Continente Africano. È lecito fidarsi di una platea dove l’"integralismo" di matrice "salafita" pare essere diventato il fondamento della politica di questi due Paesi? Non v’è dubbio che è difficile compiere un’"ermeneutica" delle parole di Beshir in simili circostanze, anche se, considerando la recente svolta alla "Casa Bianca" con la vittoria di Barack Obama, potrebbe trattarsi di un segnale "distensivo" nei confronti della nuova amministrazione della "Casa Bianca". In effetti, nei "circoli diplomatici" accreditati in Africa, qualcuno prefigura una svolta nella politica americana che, dopo i due "mandati" di Bush, sarebbe più propensa a risolvere una volta per tutte i "conflitti" in atto nel Continente, dal Darfur alla Somalia fino al grande Congo. L’intento di Washington, in effetti tutto da dimostrare, sarebbe quello di procedere ad una sorta di "normalizzazione" definendo, d’intesa con le altre grandi "potenze" – Cina, Russia, India e "Unione Europea" – , delle chiare aree d’interesse "strategico" per quanto concerne soprattutto lo sfruttamento delle fonti energetiche, petrolio "in primis". Un quadro, questo, ancora "frammentario" e soprattutto di difficile attuazione, considerando le "turbolenze" determinate dagli evidenti "conflitti d’interessi" che stanno facendo dell’Africa una "linea di faglia" tra Oriente e Occidente. Nel frattempo, comunque, già ieri uno dei "movimenti ribelli" che opera nel Darfur, il "Jem", ha declinato l’invito alla "tregua", a riprova che comunque la "diplomazia internazionale" avrà ancora chissà per quanto "filo da torcere" nel riconciliare le parti. Ed è per questa ragione che risuonano come "provvidenziali" le parole di Benedetto XVI, che ha lanciato nel corso della tradizionale "Udienza" del Mercoledì un "appello per la pace nel mondo" e in particolare nel Nord Kivu e nel Darfur, rammentando una verità "sacrosanta": che solo Dio può convertire il cuore degli uomini. «Dobbiamo dire con grande urgenza nelle circostanze del nostro tempo – ha detto con tono commosso – : vieni Signore, vieni nei "campi" dei "profughi", nel Darfur, nel Nord Kivu». Chi ha orecchi per intendere, intenda.