"Scontri di civiltà":
non è mai la fede il problema
Kofi
Annan*
("Avvenire",
11/1/’09)
Pace,
"dialogo", giustizia. Nella mia "agenda" questi restano i
"temi" principali.
Penso che sia di vitale importanza per noi superare i "risentimenti",
e stabilire relazioni di fiducia tra le comunità.
Per farlo occorre compiere passi "concreti" e coraggiosi.
Dobbiamo sottolineare ciò che ci unisce molto di più di ciò che ci divide. E
dobbiamo cominciare ribadendo – e dimostrando – che il problema non è il
"Corano", né la "Torah" o la "Bibbia". La fede,
lo ripeto spesso, non è mai il problema, lo è semmai il modo con cui i fedeli
si comportano nelle relazioni degli uni verso gli altri. È per questa ragione
che dobbiamo sottolineare ed enfatizzare i "valori fondamentali"
comuni a tutte le religioni: compassione, solidarietà, rispetto per la persona
umana. Soprattutto la "regola d’oro" del nostro agire deve essere di
«fare agli altri quel che vorresti fosse fatto a te».
In un tempo di incertezza, di divisioni, di scontri e di paure abbiamo invece
bisogno di uscire da "stereotipi", "generalizzazioni" e
"preconcetti". Occorre fare attenzione a non lasciare che i crimini
commessi da singole persone o da piccoli gruppi ci facciano cadere nella
trappola delle "generalizzazioni", in modo che questi atti
condizionino il nostro modo di guardare a intere popolazioni, intere regioni e
religioni.
Dobbiamo rifiutarci di "strumentalizzare" la religione per
giustificare qualsiasi genere di violenza; opporci all’uso della fede per
favorire la "discriminazione" e l’esclusione; respingere ogni
tentativo di sfruttare e dominare gli altri adoperando la forza, la capacità
intellettuale o spirituale, la ricchezza o lo "status" sociale.
Per il futuro mi auguro che le iniziative di "dialogo interreligioso"
– penso ad esempio all’"Appello Spirituale" di Ginevra – possano
insegnarci che accanto a una infinita diversità delle culture esiste una
"civiltà globale" basata su valori condivisi di
"tolleranza" e di libertà. Una "civiltà" fondata sulla
"tolleranza" del "dissenso", che sa riconoscere e accogliere
la diversità culturale, che sa insistere su "valori fondamentali"
come l’universalità dei "diritti umani", confermandosi nel
convincimento che in tutto il mondo le persone hanno diritto ad esprimersi sul
modo con cui si è governati.
Si tratta di una "civiltà" basata sulla convinzione che la diversità
tra culture è qualcosa da valorizzare, non da temere. Molte guerre, purtroppo,
derivano dal timore di coloro che sono diversi da noi stessi. Solo attraverso il
"dialogo" si possono superare queste paure.
È questo l’impegno che dobbiamo perseguire.
* Segretario Generale delle "Nazioni Unite" dal 1996 al 2006