GUINEA BISSAU
Società civile, la rinascita dal basso
Uno spazio di dialogo e di coordinamento.
È la piattaforma che riunisce
circa 130 associazioni.
Che hanno un unico obiettivo:
dar voce alla società civile e dare un futuro al
Paese.
Da
Mansoa, Helmer Araújo
("Mondo e Missione", Giugno-Luglio 2006)
Promuovere uno sviluppo umano duraturo attraverso la partecipazione dei
cittadini nella costruzione di una società democratica e solidale, basata sulla
giustizia economica e sociale. È questa l’ambiziosa missione della
Piattaforma delle ong guineane e straniere in Guinea Bissau (Placon-Gb). Ed è
quanto afferma il suo direttore esecutivo, Jamel Handem.
Nata nel 2000, oggi Placon riunisce circa 130 ong ed è il principale attore non
governativo in grado di promuovere spazi di dialogo alternativo e concertazione,
di condivisione di esperienze e di creazione di legami con le comunità di base
rurali e urbane, con i sindacati dei lavoratori e le associazioni professionali
e giovanili, con le organizzazioni religiose e il settore privato e con tutte le
altre componenti della società guineana. Il suo impegno e la sua voce sono oggi
tra le più autorevoli ed apprezzate nel Paese. «Questo perché - precisa
Handem - ci proponiamo come fulcro catalizzatore di processi di dialogo, non
solo tra le ong, ma anche tra loro e i diversi partner. Il nostro vuole essere
un significativo sostegno alla società civile affinché possa dare il suo
contributo nelle trasformazioni sociali in corso e nei processi di sviluppo e
democratizzazione del Paese, nonché nella ridefinizione delle politiche
pubbliche a favore della popolazione».
Handem è realista e ottimista al tempo stesso. Riconosce che la situazione del
Paese resta molto critica e precaria e tuttavia afferma convinto che «abbiamo
già fatto un lungo cammino».
Come in molti Paesi, infatti, anche in Guinea Bissau i movimenti della società
civile hanno cominciato ad avere più spazio e possibilità di espressione a
partire dagli anni Novanta, dopo la caduta del muro di Berlino. «Prima -
ricorda Handem - pensavamo che fosse una prerogativa degli occidentali.
Credevamo che l’organizzazione centrale dello Stato si sarebbe dovuta occupare
di tutto ciò che aveva a che fare con i diritti e i doveri dei cittadini. Ora,
invece, credo ogni giorno di più che la nascita delle ong ci abbia aperto gli
occhi sul mondo. In Africa, i successi di queste iniziative sono sempre
maggiori, perchè gli Stati non riescono a dare risposte adeguate a molte
necessità: dalla salute all’educazione, dalla promozione delle attività
produttive e dell’agricoltura alla difesa dell’ambiente…».
Oggi le attività di Placon sono in rapida crescita e riguardano svariati ambiti
e problematiche; così come stanno crescendo gli inviti a partecipare a incontri
e conferenze. A dimostrazione del dinamismo crescente della società civile
guineana e del desiderio di uscire da logiche vecchie e centraliste.
Quando Placon fu fondata nel 2000 Handem era già lì. E ha potuto constatare
i grandi cambiamenti avvenuti. «All’inizio, è stato tutto molto complicato;
a quel tempo, il governo aveva mostrato una certa apertura politica ed
economica, ma non in campo sociale. Il partito unico non accettava questo tipo
di organizzazioni. E per depistare il tutto si inventava delle ong fantasma.
Oggi, guardando indietro, vedo che abbiamo fatto molta strada. Ma se pensiamo
alle missioni cattoliche e al ruolo della Chiesa ci rendiamo conto che, in fin
dei conti, quanto facciamo ora come ong, la Chiesa e i missionari già lo
facevano da anni in Guinea Bissau».
Dalla fine del conflitto, il Paese subisce crisi cicliche e tensioni politiche e
militari. Da otto anni non esiste una pace effettiva. L’unico momento che ha
segnato positivamente la storia recente del Paese è stato certamente quello
della cosiddetta transizione politica. Dopo la deposizione, il 23 settembre
2003, del presidente Koumba Yala, il Consiglio di transizione - che avrebbe
dovuto preparare il ritorno alla democrazia e che è stato presieduto, in una
prima fase, dal vescovo di Bissau, mons. José Camnate - ha scelto come
presidente ad interim Henrique Rosa, imprenditore cattolico molto impegnato in
campo sociale ed ecclesiale, che mai aveva fatto politica prima di allora. Nei
due anni successivi, il Paese ha goduto del privilegio di avere la presidenza
più serena e tranquilla della sua storia. Molti ne hanno riconosciuto i meriti.
Anche Jamel Handem: «Sempre di più ci accorgiamo che in quel periodo i
movimenti della società civile hanno guadagnato molti spazi nei luoghi
decisionali. Siamo riusciti a influenzare un certo orientamento della Carta di
transizione, che ha fatto da guida sino alle elezioni. Stando vicini alla
popolazione, ci siamo fatti espressione delle preoccupazioni e dei desideri
della gente. Siamo andati anche oltre, esercitando un sorta di controllo sui
politici e i militari, e facendo, in alcuni casi, da arbitro sulla scena
politica. Inoltre, molto puntualmente richiamavamo l’attenzione dell’opinione
pubblica nazionale e internazionale quando le cose non venivano condotte
regolarmente».
Questo impegno di Placon ha dimostrato che la società civile può essere un
partner di importanza cruciale nella creazione di un clima di dialogo,
democrazia, pace e riconciliazione. «Le organizzazioni della società civile -
continua Handem - hanno considerato che il dialogo e la partecipazione dei
differenti attori nazionali, la collaborazione e il sostegno della comunità
internazionale, sono fondamentali per promuovere il progresso sociale e uno
sviluppo partecipativo continuo nel tempo. La normalizzazione della vita
politica e istituzionale del Paese passa per l’assunzione di responsabilità e
l’impegno di tutti gli attori sociali».
Tra i contributi più significativi apportati da Placon va segnalata l’elaborazione
della Carta di transizione politica, la partecipazione al Consiglio nazionale di
transizione, il coinvolgimento in diverse commissioni, la mediazione e la
risoluzione di conflitti e tensioni, nonché la creazione del Consiglio
permanente di coordinazione delle organizzazioni della società civile, che ha
permesso interventi comuni nelle diverse crisi politico-militari vissute durante
il periodo di transizione politica.
«Tutto questo impegno - fa notare Handem - ha in fondo un unico scopo: quello
di permettere ai cittadini guineani di acquisire nuovamente fiducia in se stessi
e speranza per il futuro. E di recuperare la dignità perduta, riaffermando al
contempo anche la propria identità, che significa condivisione degli stessi
nobili obiettivi, il senso di essere una nazione, l’amor proprio, la pace e la
stabilità».
Handem guarda avanti, perché è convinto, lui come tutti gli aderenti a Placon,
che occorra consolidare un clima di fiducia e di speranza in un futuro migliore
per promuovere l’impegno trasparente e responsabile anche degli attori della
società civile guineana
E per fare questo occorre muoversi su più piani. «Innanzitutto - dice - siamo
tutti d’accordo che sia necessario creare un ambiente favorevole alla
costruzione della pace, della stabilità e di un buon governo. E poi è
imprescindibile la salvaguardia dei diritti umani, la convivenza democratica, il
rispetto della Costituzione e delle leggi, la separazione dei poteri, l’indipendenza
delle istituzioni e della magistratura. Solo a queste condizioni, sarà
possibile il coinvolgimento dei differenti strati della società nelle decisioni
a livello locale, soprattutto quelle che riguardano la vita della gente o la
soluzione dei problemi e delle necessità di base».
In questo senso, molte ong che fanno parte di Placon stanno già operando
attivamente per aiutare la gente nelle zone rurali ad aumentare la produzione,
con benefici a livello di reddito individuale, ma anche familiare e comunitario.
Molti, inoltre, lavorano per la promozione di politiche che favoriscano l’equità
e pari opportunità tra uomini e donne, in un contesto sociale dove l’elemento
femminile è determinante, ma spesso costretto in una posizione di
subordinazione.
«Nel quadro delle azioni da sviluppare con urgenza per rifondare la Guinea
Bissau quattro aspetti mi paiono fondamentali - continua Handem - : innazitutto,
l’implementazione di un programma di riforme profonde dello Stato e della
legislazione, in particolare per tutto ciò che riguarda le forze armate, con il
sostegno della comunità internazionale e sotto la supervisione tecnica delle
Nazioni Unite. Inoltre, è necessaria la creazione di spazi di dialogo e di
meccanismi per l’organizzazione di un processo di giustizia e riconciliazione
nazionale, che permetta di identificare e superare gli errori del passato».
Un’attenzione particolare - fa notare Handem così come molti altri analisti
della situazione del Paese - va posta con urgenza sugli aspetti economici.
Secondo Placon devono al più presto essere attivati meccanismi sia interni che
esterni di sostegno e rilancio economico, che favoriscano uno sviluppo
generalizzato e duraturo del Paese.
«Per avere uno sguardo complessivo su tutto questo processo - conclude Handem
- riteniamo che si debba costituire un Osservatorio per la supervisione
delle misure politiche che favoriscano il consolidamento del processo
democratico, a garanzia dei diritti umani fondamentali, della pace e della
stabilità nel Paese e di condizioni di uguaglianza sociale. Di tale
Osservatorio dovrebbero far parte a pieno diritto non solo gli organi sovrani
dello Stato, ma anche rappresentanti delle forze armate, partiti politici,
organizzazioni della società civile, istituzioni religiose, esponenti della
comunità internazionale e delle Nazioni Unite». È un obiettivo ambizioso in
cui Handem crede molto. E come lui tutte quelle associazioni che si stanno
battendo e stanno lavorando per cambiare volto al Paese. I segni di speranza
sono molti. Alcuni insperati sino a poco tempo fa. Come la riunione delle donne
che lottano contro le mutilazioni genitali femminili, a cui Handem deve
presenziare. O il primo incontro delle radio comunitarie di lingua portoghese, a
cui è invitato per quella stessa sera. Tutti impegni che indicano che la
società civile guineana sta crescendo e maturando, e che esiste una fetta di
popolazione molto attenta e critica verso ciò che accade nel Paese.