Scenari
"apocalittici" dopo il passaggio dei forti venti.
La prima emergenza: servono acqua potabile e rifugi per gli
"sfollati".
Aiuti anche dagli "Usa": «Ma non passeranno nelle mani dei
militari».
Il drammatico racconto di una "cooperante" del "Cesvi":
«A Yangon regnano "caos" e devastazione: il 70 per cento delle case
è danneggiato».
Il bilancio si aggraverà: 92mila "senza tetto". «Interi villaggi sono stati rasi al suolo».
Francesca
Bertoldi
("Avvenire", 6/5/’08)
Il bilancio della
tragedia ha assunto, con il trascorrere delle ore, dimensioni
"apocalittiche".
Con le cifre che "contenevano" la tragedia che si sono inseguite,
diventando via via sempre più drammatiche. Secondo la "Televisione di Stato" del Myanmar,
il passaggio del ciclone "Nargis" – "categoria tre", la stessa potenza
dell’uragano "Katrina" che mise in ginocchio New Orleans, venti a
duecento chilometri orari – abbattutosi domenica sulla costa sud-occidentale
Paese, è di 3.969 vittime e di 2.129 dispersi. Il Ministro birmano degli Affari
Esteri, Nyan Win, ha invece parlato di «almeno diecimila vittime e 92mila
"senza tetto"», e aggiunto che «il bilancio è destinato a essere
rivisto al rialzo». Ma lo "scenario" disegnato dalle cifre offerte dall’agenzia
ufficiale "Nuova Cina" – e Pechino
è molto vicina al "regime" che domina nell’ex Birmania
– è "catastrofico": i morti sarebbero «almeno 15mila». Secondo l’agenzia,
che citerebbe «fonti ufficiali», la maggior parte delle vittime, diecimila, si
sarebbero concentrate nell’area di Bogalay e che altrettante persone
potrebbero aver perso la vita nella vicina area di Laputta. Il
"regime" dei militari birmani si trova alla vigilia di un passaggio
difficile, vale a dire quel "referendum" – che per l’opposizione
è poco più che una "farsa" – che dovrebbe "codificare"
il nuovo assetto istituzionale del Paese. A sorpresa, Yangon
ha però "aperto" – ne ha dato notizia l’"Onu"
– il Paese agli "aiuti internazionali". Anche gli Stati
Uniti – che hanno
esercitato delle forti pressioni sul "regime", in occasione della
"repressione" della rivolta dei monaci – hanno fatto sapere che
invieranno degli aiuti, ma senza passare per il "regime". «Siamo
molto turbati dalle informazioni che giungono dalla Birmania e siamo addolorati
per il numero delle vittime – ha affermato il "portavoce "della Casa
Bianca, Scott Stanzel – : la nostra ambasciata è in contatto con le autorità
birmane per far giungere aiuti». Ma il "portavoce" ha precisato che
gli aiuti saranno distribuiti da "organizzazioni internazionali" per
evitare «che passino direttamente nelle mani del governo». La "Farnesina"
– che ha precisato come non ci siano italiani tra le vittime – ha annunciato
una prima "tranche" di aiuti: 123mila euro. La "Ue" ha
stanziato 2 milioni di euro. Il ciclone "Nargis" ha lasciato dietro di
sé un paesaggio "sconvolto" e "spettrale". Sull’isola di
Haing Gyi, all’estremità occidentale del "delta" dell’Irrawaddy,
quasi centomila persone sono rimaste "senza tetto" e 20mila abitazioni
sono state completamente distrutte. Secondo i "media" ufficiali
birmani, il ciclone avrebbe inoltre causato la distruzione del 70 per cento di
due località situate sul "delta" dell’Irrawaddy, Laputta e Kyaik
Lat, mentre tutte le costruzioni rimaste in piedi sarebbero state
"scoperchiate". Nell’altra località di Lubutya il 75 per cento
delle costruzioni è andato distrutto.
L’erogazione di elettricità e le comunicazioni sono interrotte da giorni, e
cinque regioni – Yangon, Ayeyarwady, Bago, Mon e Karen – sono state
dichiarate "zone disastrate" ed è stato proclamato lo stato di
calamità naturale. Ieri Yangon era anche senza acqua, con le strade invase da
detriti e macerie a causa degli innumerevoli alberi caduti e della case
crollate. I prezzi dei generi alimentari sono già raddoppiati perché non si sa
quando potranno arrivare i rifornimenti e le candele sono esaurite. Acqua
potabile e rifugi di emergenza per i "senza tetto": sono queste le due
"priorità" indicate dalla "Croce Rossa". «Sappiamo che
centinaia di migliaia di persone hanno bisogno di un riparo e di acqua
potabile», ha dichiarato da Bangkok Richard Horsey, dell’ufficio delle
"Nazioni Unite" per l’"emergenza disastri", «ma non siamo
in grado di quantificare il numero esatto». «A Yangon – ha raccontato Simona
Stella, responsabile della Birmania per il "Cesvi",
che opera nella città – regnano "caos" e devastazione, e il 70 per cento delle
case è stato danneggiato. La città è al buio, le linee di "telefonia
fissa" sono saltate, come la rete elettrica e la connessione a
"Internet"». Il problema più grave ora, ha proseguito la
"cooperante", «è quello dell’acqua potabile, che inizia a
scarseggiare in città e manca del tutto in molte aree rurali, dove interi
villaggi sono stati rasi al suolo e ancora nessuno sa quale sia realmente il
bilancio».