La
"politica" colombiana, che questa settimana riceve due
"premi" in Italia,
narra la sua "ricerca religiosa" durante il "sequestro".
«Nella
"giungla" ho avuto per unica lettura la "Bibbia"
e forse era una "prigionia" necessaria,
perché mi ha permesso di capire chi è Dio.
Non ho avuto "illuminazioni", no!
Leggevo e rileggevo alcuni "brani", dicendomi: è stato scritto per
me!».
Ingrid
Betancourt
("Avvenire",
21/1/’09)
Ho scoperto la fede in Dio
durante la mia "prigionia". Fino ad allora, la mia fede era basata sul
"ritualismo": come molti cattolici, andavo a Messa, pregavo, ma la mia
conoscenza di Dio era molto limitata. Quando mi sono ritrovata nella
"giungla", ho avuto molto tempo e per unica lettura la
"Bibbia". Ho avuto il piacere, in sei anni, di leggerla, di meditarla.
Se avessi avuto altre cose da fare, avrei fatto altro, perché si è sempre
pigri per riflettere sull’"essenziale".
Forse era una "prigionia" necessaria. Essa mi ha permesso di capire
chi è Dio, di stabilire una relazione con lui, con molta ammirazione, molto
amore ma – soprattutto – comprendendo chi è, attraverso la sua
"Parola". Per me non si tratta di parole vuote ma di una realtà:
leggendo la "Bibbia", ho compreso il carattere di Dio; non è solo una
luce, un’energia o soltanto una forza, ma è una "Parola", qualcuno
che vuole comunicare con me. Non ho avuto "illuminazioni", no! Ho
semplicemente letto la "Bibbia", razionalmente. Sono stata colpita da
tutti i brani che mi hanno connesso "emozionalmente" e interiormente
con la "Parola" di Dio. Ho sentito la voce di Dio in un modo assai
umano e molto concreto. Leggevo e rileggevo alcuni passaggi dicendomi: «Questo
è stato scritto per me!». Avevo sentito a lungo senza capire e, di colpo, è
stato come se mi fossi collegata alla presa di "corrente" giusta. In
un momento, la "luce" si accende e si capiscono tutte le cose che
erano rimaste oscure. Ancora una volta, non si tratta di un’esperienza
"mistica" ma "razionale", che ha profondamente trasformato
la mia vita. Come sono cambiata! Oggi il mio tempo non è il tempo di prima.
Avevo sempre voglia che le cose andassero in fretta. Oggi non mi preoccupo più:
so che tutto capita al tempo giusto. La mia speranza dunque è più forte. Il
passaggio attraverso la "prigionia" non ha ucciso la mia volontà,
anzi ha cambiato la natura della mia speranza. La sola risposta alla
"violenza" è una risposta d’amore. Questa risposta d’amore,
questo atteggiamento "non violento", per me, ha avuto origine dalla
fede cristiana. Ho scoperto che si può essere condotti ad odiare una persona, a
odiarla con tutte le forze del nostro essere e, allo stesso tempo, a trovare
nell’amore il sollievo rispetto a questo odio. Non si può amare qualcuno che
vi fa del male. Ma si può trovare, e io l’ho trovato in Cristo, un
"punto di appoggio", come un "trampolino". Mi dicevo: «Per
Te, Signore, non dico che lo detesto!». Il fatto di non aver sulla bocca queste
parole di odio era un conforto. Talvolta vedevo arrivare un
"guerrigliero" crudele e spaventoso. Veniva a sedersi davanti a me ed
io ero capace di sorridergli. L’amore è necessario. Ho cominciato un cammino
di perdono. Sono riuscita a perdonare, e non solo ai miei
"sequestratori". Ho perdonato anche quelli che erano
"prigionieri" con me, con i quali talvolta ci sono stati momenti molto
difficili. Ho perdonato quei miei amici che non si sono ricordati di noi, quelle
persone sulle quali si fa affidamento e che sono mancate; quelle persone che
amavo e che hanno detto delle cose "orribili", come, ad esempio, che
la "prigionia" me l’ero cercata. Oggi credo più profondamente che
possiamo cambiare il mondo, perché io stessa sono stata
"trasformata".
Ma, in questo mondo di "dominio" e di "possesso", so come è
nel cuore che si generano i cambiamenti essenziali. La pace, che sogniamo, sarà
possibile il giorno in cui ci sarà un atteggiamento diverso nei cuori.
( Testo raccolto, per il settimanale francese «La Vie», da Elisabeth Marshall )