DAL BANGLADESH

RITAGLI     CONTINUARE!     MISSIONE BANGLADESH

Il "Dipartimento delle Religioni mondiali" dell'Università di Dhaka
ha organizzato un incontro, tra appartenenti all'lslam e al Cristianesimo,
sulla "Lettera" dei 138 studiosi musulmani,
indirizzata a esponenti cristiani.
In margine a tale iniziativa, un commento di P. Franco Cagnasso.

A Dinajpur, gruppo di cristiani che pregano! Musulmani in preghiera, in Bangladesh...

P. Franco Cagnasso, "Pime"
("Missionarie dell’Immacolata", Giugno-Luglio 2008)

Ambiente bello, organizzato, pulitissimo. Ci si sta volentieri. È la prima volta che metto piede nel "Dipartimento di Studi delle Religioni" all'Università di Dhaka. In giro non c'è quasi nessuno perché il Sabato non si tengono lezioni. Lentamente arrivano i partecipanti, ci si presenta, si aspetta chiacchierando a gruppetti informali...

Dietro di me qualcuno bisbiglia: "Tutto bene, però bisogna prepararsi. Occorre conoscere bene la propria religione, altrimenti si fanno pasticci". Mi sembra di riconoscere la voce di un parroco della città, mi volto per salutarlo e scopro che a parlare non è stato lui, ma un "maulana", responsabile di una moschea, rivolto a due giovani professori del "Dipartimento".

Proprio ieri, a tavola, un insegnante del "Seminario" mi comunicava la stessa preoccupazione e aggiungeva che ci vuole prudenza, perché se la "Lettera" dei musulmani al Papa è bella, è anche vero che di loro è bene non fidarsi: qual è il vero motivo per cui hanno scritto? E chi parteciperà, che cosa avrà davvero in testa?

Alle 9 in punto ci siamo tutti, 40 cristiani di varie denominazioni e 40 musulmani di vari gruppi e correnti, venuti a confrontarci per una giornata - oggi 18 Aprile 2008 - a partire dalla "Lettera" che 138 studiosi musulmani di diversi Paesi hanno indirizzato, alla fine del 2007, ai rappresentanti delle comunità cristiane: Papa, Patriarchi Ortodossi, "Consiglio Ecumenico delle Chiese", Arcivescovo Anglicano e altri.

La "Lettera" è elaborata, ma si può riassumere in breve. "Messi insieme" - dice - , "i fedeli delle nostre religioni costituiscono più del 50% dell'umanità: se non c'è pace fra noi non c'è pace nel mondo, cerchiamo dunque qualche punto in comune". La "Lettera" ne propone due: l'amore di Dio e l'amore del prossimo, citando e spiegando "Corano" e "Nuovo Testamento".

Ascolto attentamente gli interventi, rigorosamente distribuiti fra cristiani e musulmani. Tutti d'accordo che ci si debba conoscere e rispettare, tutti aperti all'ascolto.

Noto sfumature diverse. Un Vescovo cattolico sottolinea l'esperienza spirituale personale che, quando è sincera e profonda, non può non costituire un punto di incontro. Un Pastore Battista sente il bisogno di dire che la sua fede nel Dio unico è una fede "trinitaria". Un cattolico chiede che si lasci il confronto sulle dottrine e si passi al confronto sulla pratica, sul servizio all'uomo - e su questo tema gli interventi si susseguono fino a far quasi dimenticare che ci siamo incontrati per riflettere su un testo preciso, teologico e spirituale.

Seguono i lavori di 8 gruppi con 10 membri ciascuno, 5 cristiani e 5 musulmani.

Nel mio, il discorso si orienta sulla situazione attuale del Bangladesh: "L'arroganza dei predicatori e dei maestri che arrivano dall'Arabia Saudita è insopportabile. Rendono i nostri giovani chiusi e fanatici. Bisogna fare qualcosa, il governo ma anche noi...". Chi parla è una signora musulmana, un avvocato, e trova pieno consenso negli altri quattro musulmani. Un cattolico che dirige un'apprezzata "scuola superiore" critica i "dogmatismi" di ogni religione, e invoca una specie di "vogliamoci bene" che non tenga conto delle rispettive credenze religiose. Un musulmano, direttore di una "Organizzazione Non Governativa" che opera fra le vittime di tensioni religiose, si lascia scappare un: "Perché voi cristiani non fate niente per fermare le guerre in Medio Oriente, che generano tanto odio e tensioni?". Fa da "contrappunto" a chi dice ai musulmani: "Perché non fate niente per fermare i terroristi?"...

Sentirò poi di un altro gruppo dove un "capo moschea" si arrovellava attorno ad un "dilemma": "Se noi musulmani riconosciamo Gesù come profeta, i cristiani dovrebbero riconoscere Maometto come profeta, altrimenti non si può dialogare. Ma se lo fanno, diventano musulmani, e allora non c'è più bisogno di dialogo...". È stato cortesemente messo a tacere dagli altri musulmani.

Dopo pranzo, mentre qualcuno va a fare quattro passi, indugio al tavolo con tre signore e un anziano. Si parla del più e del meno, poi le signore attaccano il tema dei rispettivi mariti: bravi e buoni, ma non aiutano, sporcano in casa, non sono puntuali a tavola, cercano di scansare i problemi dell'educazione dei figli. "Signore, ma voi di che religione siete? Sembra che quando si parla dei mariti non ci siano differenze!". Ridono, e si presentano: una è musulmana, una cristiana Battista e una cristiana cattolica.

L'incontro si conclude in un clima amichevole e di speranza. Viene approvato un "documento" molto semplice che invita a continuare e a impegnarsi per fare qualche cosa insieme, fra i giovani e fra i poveri. Ci si rende conto che una giornata come questa, pur bella, è meno di una "goccia" nel "mare" dei due mondi, cristiano e musulmano.

Io sono, allo stesso tempo, contento e un po' disorientato. Si dice che questo sia un incontro di "dialogo", parola molto usata in questi ultimi decenni, considerata da alcuni la nuova, esclusiva forma della missione, temuta da altri come un "cedimento" inaccettabile. Ma che cosa è stato il "dialogo" di oggi? Certo, c'erano in parti uguali cristiani e musulmani, e ognuno dei due gruppi ha convinzioni, pratiche religiose, cammini spirituali diversi. Eppure sono emersi temi e sensibilità che non si possono semplicemente attribuire all'uno o all'altro gruppo. Ci sono persone "secolarizzate", esperienze spirituali profonde, "dogmatismi", confusioni, differenze, aperture, timori, sia nell'uno sia nell'altro gruppo. Il "dialogo" c'è stato, ma non tanto fra 40 cristiani e 40 musulmani, quanto fra 80 persone che si sono capite o non capite a proposito di molte diverse "sfaccettature" della loro vita e della loro fede.

Dialogare dunque?

Sì, lasciando da parte gli "stereotipi".