Tutte le Chiese per tutto il
mondo
Il Bangladesh
ieri era la «tomba dei missionari», oggi invia suore e preti nel mondo.
Una lezione per le Chiese occidentali, che rallentano il loro impegno
apostolico.
P.
Gabriel Amal Costa*
("Mondo
e Missione", Ottobre 2007)
In Bangladesh
oltre il 90 per cento degli abitanti sono musulmani: i cristiani appena lo 0,3.
Perché allora un missionario di quel Paese decide di partire, per operare
altrove? È una domanda che mi hanno fatto in tanti: negli anni scorsi, in Costa
d’Avorio, dove ho lavorato in una missione, ed ora a
Monza, dove ho l’incarico
di rettore del "Seminario teologico internazionale" del Pime.
La mia risposta è che la Chiesa bengalese, pur piccola, è molto vivace.
Sensibile al mandato di Cristo, sente la necessità e l’urgenza di preparare
missionari da mandare fuori dai confini del Paese, per svolgere il loro servizio
apostolico altrove. Anche in terre di antica evangelizzazione.
In Bangladesh, il numero di fedeli è esiguo e, di conseguenza, la
disponibilità di clero e di religiose è scarsa. Ciononostante, da tempo,
diverse suore bengalesi operano in varie parti del mondo; ed ora anche un prete
missionario, chi scrive. Questa nostra partenza è segno della maturità e
apertura della nostra Chiesa locale, che sa anche donare i suoi figli per
condividere la responsabilità missionaria della Chiesa universale. Come dice la
"Redemptoris Missio", la Chiesa bengalese è convinta che «la fede si
rafforza donandola».
È quanto richiama il messaggio di Benedetto
XVI per la "Giornata
mondiale missionaria"
di quest’anno: «Tutte le Chiese per tutto il mondo». L’esempio del
Bangladesh mi pare, in qualche modo, paradigmatico. Anni fa, il nostro Paese era
considerato la «tomba dei missionari»: molti di loro hanno contribuito a
fondare la Chiesa locale, a prezzo di grandi fatiche, talora con l’offerta
stessa della vita. Ancora oggi tanti missionari stranieri di diverse
congregazioni e istituti operano in Bangladesh. Ma, a sua volta, la nostra
Chiesa locale è diventata missionaria, oltre i confini.
Abbiamo bisogno di questo scambio di doni evocato dal Papa. La tensione
missionaria rischia di calare nelle Chiese di antica evangelizzazione. «Dinanzi
all’avanzata della cultura secolarizzata, considerando la crisi della
famiglia, la diminuzione delle vocazioni e il progressivo invecchiamento del
clero - si legge nel messaggio - , queste Chiese corrono il rischio di
rinchiudersi in se stesse, di guardare con ridotta speranza al futuro e di
rallentare il loro sforzo missionario». Ebbene: io, missionario del Bangladesh,
ho visto il volto triste e quasi senza vita di alcune Chiese di antica
tradizione. Che mistero! Solo pochi anni fa da alcuni Paesi partivano tanti
missionari per il mondo: adesso, in quelle stesse terre, le parrocchie chiudono
per mancanza dei preti.
Il Papa ci provoca: «Resta ancora molto da fare per rispondere all’appello
missionario che il Signore non si stanca di rivolgere ad ogni battezzato». È
un fatto: più della metà della popolazione mondiale non ha ancora sentito
parlare di Gesù e del suo messaggio di salvezza. Oggi il Signore chiede a ogni
comunità cristiana e a ciascuno il massimo impegno nell’annuncio del Vangelo.
Non dobbiamo ripiegarci su noi stessi, ma aprire la mente e il cuore agli
infiniti orizzonti della missione. Questa apertura ci farà crescere, come
persone e come comunità.
Lo dico per esperienza personale. La mia vicenda missionaria è stata una grande
ricchezza per me stesso, per la mia famiglia e per la comunità bengalese. Non
nego di avere incontrato difficoltà in questi anni di missione. Ho dovuto
imparare diverse lingue e culture e ogni volta è stato come ritornare bambino.
Ho sperimentato sulla mia pelle incomprensioni, oltre a malattie e rischi. Ma ho
cercato di amare la gente in mezzo a cui sono stato inviato e sono diventato per
loro un padre, un fratello e un amico. Posso quindi dire che la vita missionaria
non è facile, e tuttavia dà grande gioia e soddisfazione. Più vado avanti,
più sono convinto che questa è la mia vita.
*
rettore del Seminario teologico internazionale Pime