Nel lungo
testo si citano Vangelo e Corano.
Ma si sostiene anche che coloro che trovano
«gusto nel conflitto e nella distruzione
e li considerano i mezzi per la vittoria»
devono sapere che «sono in gioco le anime immortali,
se si fallisce nello sforzo di vivere insieme in armonia».
Lettera di 138 esponenti islamici al Papa e ai "leader" cristiani…
Camille
Eid
("Avvenire",
12/10/’07)
È un accorato appello a fare
"fronte comune" in nome della comune fede nell’"Unico Dio"
quello rivolto ieri (ma è datato 13 ottobre) da 138 esponenti religiosi
musulmani al Papa. Lo esprime lo stesso titolo scelto per la lettera aperta:
«Una parola comune tra noi e voi», che evoca un celeberrimo versetto coranico
(«O gente del Libro, addivenite ad una parola comune tra noi e voi: che non
adoreremo altri che Dio, senza nulla associargli, e che non prenderemo alcuni di
noi come signori all’infuori di Dio»). La lunga missiva, che viene resa
pubblica in occasione della fine del "Ramadan" ed è stata anticipata
dai "media" britannici e dal sito della "Bbc" che ha
riportato le 29 cartelle del testo, è stata inviata – rispettando
puntualmente la "gerarchia" – anche ai diversi patriarchi ortodossi,
ai patriarchi delle chiese orientali, all’arcivescovo di Canterbury e ai capi
delle chiese luterane, metodiste e battiste.
Nell’appello, sottoscritto da membri delle diverse confessioni e scuole
giuridiche islamiche ("sciiti" e "sunniti" affiancati), si
afferma che la pace nel mondo dipende anche dal miglioramento delle relazioni
tra musulmani e cristiani, «che insieme rappresentano oltre il 55 per cento
della popolazione mondiale», per invocare un maggiore impegno in questa
direzione. Gli "ayatollah" e "ulema" individuano nel
monoteismo e nell’amore del prossimo la base comune tra le due religioni. «Se
i musulmani e i cristiani non sono in pace, si legge nel documento, il mondo non
può essere in pace. Con la terribile capacità distruttiva che hanno le armi
del mondo moderno; con i musulmani e i cristiani "intrecciati" ovunque
come mai prima, nessuna parte può vincere un conflitto che coinvolge più di
metà degli abitanti del pianeta».
«Come musulmani, continua la lettera, diciamo ai cristiani che né noi né l’islam
sono contro di loro, almeno fino a quando non decidano di muovere guerra ai
musulmani, opprimerli e cacciarli dalle loro case a causa della loro
religione», come viene richiamato in un altro versetto coranico.
Abituati a vedere citato il Corano per evocare qualsiasi citazione o fatto
relativo a Cristo, non sfugge nella lettera la straordinaria novità
rappresentata dall’esclusivo riferimento ai Vangeli in questo caso. «Come
musulmani, si legge, invitiamo i cristiani a ricordare le parole di Cristo nel
Vangelo», citando ora Marco, ora Matteo o Luca. Commentando «Chi non è con me
è contro di me», la lettera sottolinea che i musulmani sono «con» Cristo
perché lo riconoscono, anche se non allo stesso modo dei cristiani. Il
documento "boccia" implicitamente "al-Qaeda" e i fautori del
"jihad" affermando che «coloro i quali trovano gusto nel conflitto e
nella distruzione e li considerano i mezzi per raggiungere la vittoria» devono
sapere che «sono in gioco le anime immortali se si fallisce nello sforzo di
raggiungere la pace e di vivere insieme in armonia». «Non lasciamo quindi,
conclude la lettera, che le differenze possano provocare odio e lotta tra di
noi. Rispettiamoci a vicenda per vivere in pace sincera e armonia. "Assalamu
’alaykum". "Pax vobiscum"». La lista dei firmatari include il
"mufti" Mustafa Cagrici che ha accompagnato il Papa nella visita alla
"Moschea blu" di Istanbul, il gran "mufti" d’Egitto e il
segretario generale dell’"Organizzazione della Conferenza islamica".