Dalla
«prossimità» coltivata nel quotidiano,
alla valorizzazione dei «talenti» spirituali delle diverse
"tradizioni":
nella scia di "precursori" come Padre Carzedda, ucciso nel 1992.
Cristiani e "Islam" nelle
Filippine:
«Il "dialogo", sfida educativa»
In una terra
tormentata dalla "violenza", c’è chi promuove da 25 anni
il cammino della pace e dell’amicizia: è il "Movimento"
«Silsilah»,
avviato nel 1984 dal Missionario del "Pime" Sebastiano D’Ambra.
Una vicenda "esemplare".
Da
Zamboanga, Gerolamo Fazzini
("Avvenire",
21/6/’09)
Mettere in piedi un
"Movimento" per il dialogo "islamo-cristiano" a Zamboanga,
nell’estremo Sud delle Filippine,
è una sfida esigente. Di frontiera. Se nomi come Mindanao
o Jolo
sono divenuti famigliari anche da noi, a causa del rapimento di Padre
Giancarlo Bossi e di
Eugenio
Vagni della "Croce
Rossa", è
perché a queste latitudini, complice il «lavoro sporco» degli
"estremisti", il rapporto fra cristiani e musulmani è tutt’altro
che sereno. Eppure, anche qui, c’è chi da tempo non rinuncia a promuovere il
dialogo e la pace. Nella convinzione che i destini di musulmani e cristiani, a
Mindanao come dappertutto, sono intrecciati e che entrambe le comunità, in
qualche modo, «incatenate» l’una all’altra. "Silsilah",
ovvero «catena», è il nome arabo del "Movimento" che recentemente
ha festeggiato i suoi primi 25 anni di attività. L’ha fatto in un momento
nient’affatto tranquillo: nelle vicine Isole di Basilan e Jolo si susseguono i
rapimenti e la tensione si taglia col coltello, mentre in tutta Mindanao il
clima politico è rovente perché le trattative tra il Governo e il "Milf"
("Fronte Islamico di Liberazione Moro") si sono incagliate.
Fondatore e anima del "Silsilah" – da un anno in mano a una
"laica" locale – è Padre
Sebastiano D’Ambra,
Missionario del "Pime".
Siciliano d’origine, ha passato trenta dei suoi 67 anni nelle Filippine. La
sua avventura con l’"Islam" iniziò negli "Anni ’70"
quando, giovane Prete, decise di varcare un fiume («il mio Rubicone») che
separava la sua Parrocchia, in prevalenza cristiana, per insediarsi in una zona
a larga maggioranza musulmana. Da quell’esperienza di inserimento discreto, a
contatto con le famiglie, nel segno del «dialogo della vita» quotidiano, è
nato il progetto del "Movimento", che prenderà ufficialmente il via
nel Maggio 1984. Fin da subito Padre Sebastiano ha dovuto fare i conti con i
nemici della pace: nel 1981, in un agguato teso a lui e al confratello Padre
Salvatore Carzedda,
viene ucciso un giovane collaboratore filippino. A sua volta, Padre Salvatore
verrà ucciso, all’età di 49 anni, il 20 Maggio 1992, pochi minuti dopo aver
concluso un corso del "Silsilah".
«Sorto ai tempi della "legge marziale" del Presidente Marcos, il
nostro "Movimento" si è sviluppato lungo le varie fasi del conflitto
in Mindanao, portando avanti in modo "pionieristico" – non c’era
nulla di analogo, allora – lo spirito del dialogo e della pace » – commenta
Padre Sebastiano – . «In questi anni migliaia di cristiani e musulmani sono
passati per i Centri del "Silsilah": molti di coloro che si sono
formati da noi oggi operano a diversi livelli nel Governo e all’interno di
"Ong"». Il "Movimento" ha contribuito a far crescere la
sensibilità per il dialogo "inter-religioso" anche all’interno
della Chiesa filippina – Padre D’Ambra per anni ha ricoperto l’incarico di
Segretario della "Commissione Episcopale" competente. Per questa
ragione, ai festeggiamenti del "Silsilah" hanno preso parte alcuni
"presuli", tra i quali l’Arcivescovo di Davao, Fernando Capalla,
Presidente del "Buc", un organismo misto dei "leader"
religiosi cristiani e musulmani. Non meno significativa la presenza del
Presidente del "Salam Peace Movement", un gruppo islamico
"pro-dialogo".
I frutti di un impegno che dura da un quarto di secolo non mancano, insomma.
Anche se, a prima vista, il bilancio potrebbe apparire, a giudicare dal clima
politico e sociale, deludente. Alih Aiyb, docente musulmano alla "Western
Mindanao State University" di Zamboanga e Direttore dell’"Institute
of Dialogue" del "Movimento", sottolinea: «Il
"Silsilah" educa le persone di entrambe le comunità a vivere in una
società "pluralistica", "multi-culturale" e ad accogliere
le differenze come una risorsa. Lentamente, ma posso dire che alcuni cambiamenti
si stanno verificando».
Il risultato forse più significativo del cammino del "Silsilah"
– diffusosi in varie zone di Mindanao e non solo – è di natura spirituale:
la "Comunità
Emmaus", un piccolo gruppo di "laiche
consacrate", riconosciuto dalla Diocesi nel 1997, con un
"carisma" specifico (e raro): il dialogo con l’"Islam".
Sotto il profilo delle strutture, la più importante realizzazione del
"Silsilah" è l’"Harmony Village", un’"oasi"
di 14 ettari a pochi chilometri da Zamboanga, dove sono ospitate una serie di
costruzioni: la sede della "Comunità Emmaus", l’"Istituto per il Dialogo", con annessa biblioteca specialistica e
docenti di entrambe le tradizioni religiose; l’"House of Peace", che
accoglie gruppi di persone ("religiose", Preti e "laici")
che cercano momenti di silenzio e quiete. Gli ospiti vengono da tutta Mindanao,
ma anche da altre zone delle Filippine e da Paesi vicini come Malaysia e
Indonesia. I "critici" sostengono che "Silsilah" prediliga
il dialogo "accademico", teorico. Padre D’Ambra replica: «Il nostro
impegno per il dialogo vuol essere a 360 gradi. Da qualche tempo abbiamo avviato
un progetto di "dialogo con la creazione" e preso a cuore la tematica
"ecologica", in un contesto dove temi come la "sovranità
alimentare", la difesa della terra, la lotta contro un’attività
"estrattiva" aggressiva sono caldissimi». Ossequio alla moda
«verde» imperante? No: «Il dialogo attraversa tutte le questioni dell’umanità.
Certo, è faticoso e spesso l’impressione è di girare a vuoto», ammette
Padre D’Ambra. Che, però, non s’arrende: «Abbiamo scelto come
"motto" del Venticinquesimo "Padayon", che significa
"andiamo avanti". Un auspicio, ma anche un impegno per il futuro».