L’anno scorso la visita di una delegazione vaticana:
festa di popolo e inaugurazione di una nuova diocesi.
Si spera adesso in relazioni diplomatiche ufficiali tra il governo e la Santa
Sede.
Chiesa
del Vietnam: germogli di speranza
Dopo 117 martiri, i cattolici riconquistano visibilità.
Continua la repressione del movimento democratico clandestino «blocco 8406»,
guidato da padre Nguyen Van Ly, sacerdote sotto processo e già più volte
incarcerato.
È stata concessa la riapertura dei seminari,
però viene combattuta la minoranza cristiana dei "montagnard".
Ed è vietato avviare scuole e ospedali confessionali.
Dal nostro inviato ad Hanoi, Luca Geronico
("Avvenire", 30/11/’07)
Lo sciame ininterrotto di migliaia di "scooter" con la carrozzeria di plastica
si muove lento sul viale antistante il mausoleo di Ho Chi Min, fra i palazzi
ministeriali della vecchia Hanoi. Le bandiere rosse sventolano sulla spianata
verdeggiante che nei giorni di festa il regime riempie ancora di ginnasti in
camicia bianca. La corsa su due ruote ha preso il posto, nella capitale del Vietnam,
dei vecchi "risciò" a pedale, simbolo di un passato coloniale che resisteva
indenne negli anni della guerriglia dei "vietcong" come al successivo
ventennio di isolamento internazionale.
Sono loro, i ragazzi degli "scooter" – tutti nati dopo il ’75, quando la
guerra finì, e che costituiscono il 60 per cento degli 84 milioni di vietnamiti
– il simbolo del "Doi Moi". Alla lettera «cambio nuovo», vale a
dire il nuovo corso che i dirigenti del Partito comunista lanciarono nel 1986.
Una lunga marcia fino all’economia di mercato conclusasi lo scorso gennaio con
l’ingresso del Vietnam nella "World trade organization" ("Wto").
Un’apertura alla libertà di impresa che presto porterà il governo vietnamita
a completare la privatizzazione delle 5mila aziende di Stato mentre la crescita
del "Pil" si è attestata stabilmente all’8% annuo. Aspirante nuova
"tigre d’Asia", la patria dei "vietcong", pur affetta da
una endemica corruzione degli apparati controllata dal Partito unico, sta ormai
scacciando la povertà, se è vero che negli ultimi 5 anni la percentuale di chi
vive con meno di un dollaro al giorno è passata dal 50 all’8%. Tuttavia,
appena ratificato l’accordo sul commercio internazionale, secondo numerose
organizzazioni umanitarie, si sarebbero inasprite le restrizioni contro la
stampa, così come le repressioni del movimento democratico clandestino
"blocco 8406" guidato da padre Nguyen Van Ly, sacerdote cattolico
attualmente sotto processo, che a partire dagli anni ’70 ha già trascorso 15
anni in carcere per reati di opinione.
Una libertà per ora, quindi, soltanto economica, benché la dissidenza e la
sofferenza silenziosa non siano più la sola cifra della Chiesa vietnamita, sei
milioni di cattolici figli delle predicazioni di gesuiti e domenicani del XVII
secolo che hanno dato alla Chiesa ben 117 martiri. Il "Doi Moi" per la
forte minoranza cattolica in un Paese a prevalente tradizione buddhista, se non
riconosce il pieno diritto alla libertà religiosa, attua una "libertà
concessa", considerando la Chiesa una componente essenziale della società
vietnamita cui ricorrere per una collaborazione sempre più preziosa per il
Paese.
Tradizionalmente radicato nelle campagne, con sorpresa per gli occidentali, il
cattolicesimo vietnamita ha ora piena visibilità sia nell’ex Saigon sia nella
capitale Hanoi dove, di domenica, nella cattedrale si celebrano fino a sei Messe
e, spesso, durante le feste si devono montare dei "maxi-schermi" sul sagrato. Ma
è la partecipazione e il calore delle liturgie a testimoniare una vitalità che
i funzionari del Partito stentano a contenere: più dell’80% dei cattolici è
praticante e partecipa attivamente alle attività sociali ed educative delle
quasi 3mila parrocchie. Dopo le espropriazioni dei beni ecclesiali e la chiusura
di tutte le strutture educative, nel 1987 sono stati riaperti il seminario
interdiocesano di Hanoi e quello di Ho Chi Min City come è avvenuto, negli anni
seguenti, nelle altre diocesi maggiori. Le autorità permettevano l’entrata di
un numero stabilito di aspiranti sacerdoti ogni sei anni, ma ora l’ingresso è
consentito ogni due anni, anche se il governo ha mantenuto il numero chiuso.
Resta il divieto d’accesso nella regione centrale abitata dai "montagnard",
etnia cattolica oppositrice del regime, mentre nel resto del Paese i vescovi
assicurano di avere libertà di movimento. L’agenzia «Asia News», comunque,
denuncia periodicamente repressioni e violenze nelle zone più isolate del
Paese.
«Non siamo contrastati, abbiamo solo limitazioni», afferma un sacerdote
responsabile di un seminario. Espressioni certo molto diplomatiche, funzionali a
non compromettere le trattative per poter aprire scuole superiori: attualmente
la comunità cristiana può gestire solo asili. E anche, «grazie all’impegno
diretto dei laici» si spera di potere aprire ospedali.
Una presenza che attende il pieno riconoscimento del diritto di cittadinanza: lo
scorso anno la visita della delegazione vaticana guidata dal cardinale
Crescenzio Sepe è stata una vera festa di popolo e ha permesso l’apertura di
una nuova diocesi, la ventiseiesima. La visita a gennaio in Italia del
"premier" vietnamita Nguyen Tan Dung ha avuto pure una significativa
tappa in Vaticano. Tutti segnali che lasciano sperare in un’imminente
regolarizzazione dei rapporti fra il Vietnam e la Santa Sede. La speranza dei
cattolici è di poter vedere il Papa celebrare la Messa al santuario della
Madonna di La Vang.
Nel 1988 Giovanni Paolo II,
rispondendo a un invito dei vescovi locali, aveva espresso la sua
«disponibilità» a recarsi in pellegrinaggio al santuario nazionale. Il
governo rispose che «per il momento» non c’era l’intenzione. Giovanni
Paolo II si dovette accontentare di una benedizione mentre sorvolava la regione.
Il "Doi Moi" non era ancora maturo.