Giovani per portare
l'Annuncio
Per aiutare le Chiese locali a crescere è importante
andare incontro ai giovani
che scelgono di diventare sacerdoti.
E i missionari del Pime lo fanno,
sostenendo, in Paesi come il Nord Camerun e la Guinea Bissau, i seminari
diocesani.
Isabella
Mastroleo
("Missionari del Pime", Ottobre 2007)
Portare l’annuncio di Gesù a
chi non lo conosce non è tutto. Bisogna fare in modo che quell’annuncio
attecchisca, cresca e dia frutto. Come una pianta, da curare e nutrire finché
è piccola e tenera, magari da rafforzare con un sostegno finché il fusto non
diventa abbastanza forte da reggersi da solo…
Così il Pime, nei diversi paesi di missione in cui è presente, si è sempre
impegnato per far crescere la Chiesa locale. Per accogliere, sostenere e formare
quei giovani che, dopo aver incontrato Gesù proprio grazie ai missionari, si
sentono chiamati a dedicare a Lui tutta la propria vita e a essere un giorno
protagonisti dell’annuncio. I seminari fondati dal Pime, una volta diventati
autonomi e capaci di reggersi da soli – proprio come una pianta cresciuta e
divenuta adulta – vengono affidati al clero locale. Ma il Pime continua
ugualmente a seguirli e a sostenerli in modo che sempre più giovani locali
possano diventare sacerdoti per la propria gente. In entrambe le nazioni ci sono
tante difficoltà: molti giovani che vogliono farsi sacerdoti sono di famiglie
non cristiane o povere, e quindi non hanno nessun aiuto morale ed economico
dalla famiglia.
«Trent’anni fa – racconta padre
Giovanni Malvestio,
missionario in Camerun e rettore del seminario regionale di Maroua – i vescovi
delle quattro diocesi del nord Camerun si misero d’accordo per creare un
seminario maggiore interdiocesano a Maroua. All’inizio il seminario, per poter
avere un numero consistente di seminaristi, ospitava giovani che provenivano
dalle Chiese del sud e del nord del Camerun, dal Ciad e dalla Repubblica
Centrafricana. Oggi, invece, i seminaristi provengono solamente dalle quattro
diocesi del nord Camerun, anche perché sono sorti nuovi seminari negli altri
Paesi africani».
Ma qual è la situazione di questi giovani che scelgono di lasciare le proprie
famiglie per diventare sacerdoti? «La gente del nord Camerun – continua padre
Malvestio – è povera e coltiva la terra: è da questa realtà che provengono
i seminaristi, che quindi sono, ovviamente, poveri. È una cosa bella, perché
la povertà aiuta il giovane a entrare in seminario proprio per donarsi a Dio e
alla comunità. Molti seminaristi si ingegnano in mille modi per raggranellare
un po’ di soldi, sia per pagarsi la scuola, sia per le proprie necessità
personali. Durante le vacanze lavorano il terreno dove coltivano il mais o le
arachidi, che poi venderanno nel periodo dell’anno in cui i prezzi sono più
alti. Oppure comprano montoni a basso costo, li ingrassano rivedendoli in
occasione delle feste musulmane». Ci sono seminaristi che, a volte, non hanno
neanche il sapone per lavarsi i vestiti. Eppure, nonostante la miseria, non
perdono mai la dignità. Magari non hanno da mangiare, ma non perdono la
serenità e il sorriso.
Padre Giovanni Malvestio chiede dunque un aiuto per i suoi seminaristi, perché
quando diventeranno preti «saranno una ricchezza per le loro popolazioni e
portatori di una speranza sostenuta dall’amore che tutto vince».
In Guinea Bissau, la giovane diocesi di Bafatá ha la gioia di avere, in comune
con la diocesi di Bissau, il seminario minore e quello maggiore. «Siamo
coscienti della ricchezza che è il seminario per una diocesi – scrive monsignor
Pedro Zilli, vescovo di
Bafatá – . Quindi cerchiamo di fare di tutto per sostenere, animare e
alimentare questa comunità di giovani che si stanno interrogando sulla loro
vocazione e si stanno preparando al ministero sacerdotale per le comunità
cristiane della nostra diocesi. Come si può immaginare, è difficile chiedere
ai giovani di contribuire ai loro studi con il pagamento di rette o simili. Le
loro famiglie sono tutte impossibilitate a sostenere tali spese e quindi non
avremmo la possibilità di avere clero locale per il futuro della nostra
Chiesa». È necessario quindi provvedere dall’esterno con la creazione di
borse di studio e offerte per il sostentamento di questi giovani che si
preparano al sacerdozio. «Anche una piccola somma è per noi significativa e
sostanziosa. Rimane comunque il segno di un fratello e di una sorella che
camminano con noi sulle strade della missione nell’annuncio del Regno di Dio,
condividendo le gioie e le fatiche».