IL DRAMMA ASIATICO
La gente di Pechino
ora «scopre» la generosità
Il terremoto
ha segnato una "svolta":
nessuna crisi è stata mai "coperta" dai mezzi di informazione
con la stessa intensità.
Da Pechino,
Antonio Talia
("Avvenire",
18/5/’08)
I corrieri caricano i pacchi
sul camioncino e partono: destinazione Chengdu.
Alex è una massiccia signora scozzese che gestisce il "Bookworm", una
"libreria-ristorante-bar" che a Pechino
è un’istituzione: «È bastato spargere la voce tra i clienti abituali e in
due giorni abbiamo raccolto più di 400 pacchi di vestiti, coperte e medicinali.
Adesso verranno inviati alla "Croce Rossa" cinese a Chengdu e ad altri
gruppi di volontari che provvederanno alla distribuzione».
A Pechino è in corso una grande "mobilitazione", dopo il terremoto
che ha colpito il Sichuan
e altre province della Cina sud-occidentale lunedì scorso: oltre al "Bookworm",
molti "bar" e locali stanno organizzando iniziative simili e una
"Ong" chiamata "Heart to heart", composta da medici, ha
stilato una lista delle medicine necessarie per soccorrere i feriti e lanciato
una "campagna" di raccolta fondi. «La nostra raccolta non ha
coinvolto solo i clienti – dice Alex – : abbiamo ricevuto materiale da parte
di tutti: cinesi e stranieri, privati e associazioni. Adesso si tratta di vedere
come verrà "allocato"».
Raccolte simili si segnalano un po’ in tutta la Cina
e la risposta massiccia da parte della popolazione sembra dovuta soprattutto all’enorme
massa di informazioni, immagini, dettagli e continui aggiornamenti che circolano
sul disastro. Il terremoto del Sichuan ha segnato una "svolta" nella
comunicazione in Cina: nessuna crisi era stata mai così "coperta" dai
"media" cinesi con questa libertà d’informazione, e i
"reporter" stranieri sono quasi rimasti stupiti dalla facilità di
accesso alla maggior parte delle zone colpite. A Yang Hua, per esempio, una
cittadina completamente rasa al suolo, i militari impegnati nei soccorsi si sono
lasciati fotografare senza alcun problema. «Ho visto un’azione da parte del
governo che sarebbe stata inconcepibile cinque anni fa, durante il periodo della
"Sars"», scrive Leung Man Tao, sul giornale di Hong Kong "Ming
Pao", abitualmente molto critico nei confronti del governo di Pechino. «A
parte le voci che circolavano sulle possibilità di prevedere il terremoto, il
governo ha aperto tutti i "canali" e ha lasciato che i
"media" diffondessero notizie senza proibire nessuna zona e nessun
argomento. L’"Esercito di Liberazione Popolare" ha persino fornito
del personale, in "carica" di trattare con i "media". Questa
maniera aperta e trasparente di gestire le informazioni non ha causato quell’instabilità
sociale che sembrava essere la principale preoccupazione del governo cinese, ma
ha invece fatto in modo che tutta la nazione si mobilitasse per contribuire per
rispondere a questa tragedia».
Naturalmente, l’atteggiamento non è completamente da un giorno all’altro: a
Yang Hua, Du Jiang Yuan e altri centri colpiti dal terremoto, i militari
fotografavano i "reporter" presenti sulla scena in maniera discreta ma
continua; una pratica che in altre occasioni pareva inquietante e che in questo
caso, invece, sembrava quasi normale. Negli stessi luoghi erano presenti
personaggi in "borghese" che parlavano perfettamente inglese ed erano
disponibilissimi a fornire informazioni. Ma le voci su argomenti relativi al
terremoto bandite su "Internet", ad esempio, non sono completamente
vere: domande come "Perché continuare con il passaggio della ‘torcia
olimpica’ sulle zone della catastrofe?", o "Il denaro stanziato dal
governo è poco?", circolano sulla "rete" quasi liberamente, a
seconda del tono col quale si pongono. Il disastro naturale che ha colpito la
Cina è stato tremendo. Il governo sta riuscendo ad evitare la catastrofe "mediatica".