IL CORAGGIO DI AFFRONTARE UNA SOFFERENZA PIÙ PROFONDA |
(Tratto da: Jean Vanier, Il corpo spezzato, Jaka Book, pp89-92) |
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Nella bellezza e nella fragilità di questa esperienza di comunione, c'è anche una sofferenza. Perché con la nostra capacità di amare sono risvegliate anche la nostra vulnerabilità e sensibilità più profonda. La scomparsa delle barriere e dei nostri sistemi di difesa e di controllo, lasciano emergere alla nostra coscienza non soltanto le acque vive dell'amore ma anche le potenze delle tenebre: il nostro bisogno di possedere, il nostro desiderio di attaccarci agli altri, a volte cercando una fusione, per riempire il nostroi vuoto, gli accessi di gelosia e, insieme, la capacità di odiare, le pulsioni sessuali che disturbano la coscienza. |
L'amore è dolce e bello ma può essere accompagnato da una terribile paura: la paura dell'avvenire e del rischio di andare troppo oltre, la paura che il tutto conduca soltanto alla morte della nostra cosidetta libertà, la paura di essere feriti, perché amare significa diventare vulnerabili. Amare è sempre un rischio. |
Quando ci avviciniamo a persone spezzate, possono risalire alla superficie del nostro essere sofferenze nuove, magari quando siamo stanchi o depressi, o quando abbiamo perso il contatto con il centro del nostro essere o quando la persona ferita ci provoca. In questo caso, la persona ci chiede qualcosa che noi siamo incapaci di dare, sia perché il nostro pozzo è secco e ci sentiamo vuoti, sia perché la persona che ci sta di fronte chiede troppo. |
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La grazia tranquilla della comunione è scomparsa. - Era solo illusione? - Al suo posto c'è solo un terribile disordine interiore. |
È la scoperta delle nostre spaccature, nascoste dietro la capacità di "fare" e di conoscere, nascoste dietro la noncuranza, la sicurezza, il buonumore, nascoste anche dietro le opere di pietà e i momenti di preghiera. Quando tocchiamo le nostre tenebre - così profonde, così terribili - ci vergognamo talmente da voler fuggire. |
Allora troviamo ogni sorta di scuse per lasciare gli altri alla loro sofferenza e poterci sottrarre totalmente alla relazione con loro. E non osiamo parlare a nessuno di questa penosa espoerienza, cerchiamo di dimenticarla e ci sentiamo colpevoli. |
Oppure possiamo accettare di guardare ciò che abbiamo dentro e scoprire chi siamo, in verità. Sotto quest'apparenza di gioiosa generosità, sotto quest'immagine di bontà che amiamo dare agli altri, e che forse abbiamo curato, non siamo nient'altro che una persona spezzata che ha bisogno di guarigione. |
Può essere questo il momento della nostra salvezza, un passaggio di crescita verso l'unità interiore, una traversata spirituale che ci farà rinascere in verità, se l'accogliamo umilmente. Ma non è facile. È grande la tentazione di fuggire la realtà ferita del nostro essere, di non guardarla, di non ammetterla. |
Abbiamo bisogno di una guida che possa aiutarci a interpretare questa sofferenza e a capire quello che succede. È un'esperienza terribile e umiliante, ma è anche un'esperienza di verità. Meglio sapere chi siamo realmente, conoscere le tenebre che ci abitano, accettarle e affrontarle, piuttosto che pretendere che non esistano e organizzare la vita in modo tale che le tenebre restino nascoste. In questo modo non faranno altro che aggravarsi e governeranno la nostra vita a livello inconscio fino a quando, forse, riappariranno sotto un'altra forma. |