MISSIONE
SPERANZA
LA CULLA VUOTA
Racconto di Natale di Sandra
Cervone
No! Non andrò...
All'Angelo luminoso, che annuncia la lieta novella, ho già detto
ripetutamente di no. Come posso, io, pastorello “diverso”, recarmi alla
capanna del Re dei Re? Non faccio che nascondermi dietro le montagne di carta
e le casette di cartone da quando mi hanno sistemato qui, lungo il pendio
scosceso del Presepe di una Chiesa. Siamo solo in due ad avere la pelle scura:
uno dei Magi ed io. Ma io non ho vestiti, regali, sono scalzo, infreddolito, e
non ho ricchi doni da portare al Bambino. Sono più povero di Lui. E,
soprattutto, sono “diverso”! La mia pelle ha il colore dell'Africa, i
miei occhi la nostalgia di paesaggi lontani, la mia voce una cantilena
incomprensibile. E allora sto sempre zitto, non unisco la mia voce ai cori
degli Angeli, cerco di non attirare l'attenzione, né di espormi alla luce
flebile delle lampadine intermittenti... “È nato
il Salvatore
!”. Ma non certo per me. Com'è possibile che quel Bambino indifeso porti la
Salvezza anche a me, o al martoriato mio Popolo? Cos'è questa “pace”, di
cui tutti parlano? Ho conosciuto solo guerre e discordie e insicurezze. Poi,
su un barcone malfermo e stracarico di gente, sono arrivato qui, in una Terra
non mia dove nessuno perde occasione per ricordarmi che sono “diverso”.
“Extracomunitario”, è il mio nome nuovo. Ma ce ne sono tanti altri:
“Negro”, ad esempio. Oppure, “Di Colore”. Qui, nel Presepe di questa
Chiesa, nessuno mi guarda. Ma è meglio così. Sono stanco degli sguardi di
diffidenza, delle parole di rimprovero, dei commenti di sufficienza.
“Tornatene al tuo Paese!”... Anche qui, su questo villaggio di
sughero e muschio, nessuno ha simpatia per me. Respiro soltanto ostilità. La
lavandaia mi gira le spalle, il fabbro ha uno sguardo severo e perfino il
pastore che sorveglia le sue pecore brandisce minaccioso il suo bastone
al mio passaggio. E il cane abbaia, l'oca del laghetto starnazza, il maiale
grugnisce... Non c'è posto per me! Nemmeno in un Presepe! Sono sempre e
soltanto un “diverso”. Se provo a sorridere mi deridono, se piango mi
scansano, se sto zitto mi additano... Sempre e solo colpevole. Ma di
cosa? Di essere come sono. Diverso! Ecco perché non andrò alla capanna.
Chi vorrebbe la mia presenza nella propria casa? Chi si sentirebbe sicuro,
scorgendomi? Chi vorrebbe condividere con me la sua gioia, o il suo dolore? E
allora me ne sto qui, dietro un ciuffetto di morbido muschio, al riparo da
tutto e da tutti. Al suono degli zampognari mi rilasso, e al coro degli
Angeli mi addormento. Me ne torno col pensiero alla mia Terra, laggiù, nel
cuore dell'Africa, dove ho lasciato la mia casa ed i miei cari. Intorno a me,
sono tutti “diversi”, ed io finalmente mi sento “uguale”... Gli sguardi
non sono di rimprovero, le parole non sono di offesa... ma c'è la guerra, e troppi
fratelli sono morti di fame, troppe madri hanno pianto per questa
grande miseria... Desidero un po’ di pace, solo questo! Essere me
stesso, vivere. Il mio viso è ricoperto di lacrime amare, e il mio cuore
sussulta di dolore. Non riesco a rompere le barriere dell'indifferenza, non
riesco a colmare queste enormi distanze, non riesco a sentirmi “fratello”
di nessuno. Straniero! Sono straniero ovunque. Diverso e da emarginare. Nella
vita, come in questo Presepe. Sto tremando di freddo e solitudine. Di
fame e di tristezza. Di nostalgia e di indifferenza... Il mio cuore trama
vendette, non sopporto la pietà di nessuno, vorrei tanto vendicarmi,
dimostrare cosa son capace di fare... Incendiare la carta di queste montagne, la
paglia di queste stalle... Se sono davvero un “diverso”, non avrò
rimpianti o pentimenti... Basta con questi cori d'Angeli, basta con le parole
zuccherose di queste nenie... Se un Salvatore è nato per voi, per
me non c'è mai stata e mai ci sarà salvezza... Sto piangendo, ma non ho
più freddo! Un confortante tepore ricopre il mio corpo. Qualcuno ha
posato la sua mano sulla mia spalla e mi sta sorridendo. Non ha paura di me e
mi guarda negli occhi. “Aspettavo anche te – dice – , ma non t'ho
visto arrivare!”. E mi tende
la mano... E
sistema, sul mio povero corpo stanco, una coperta di soffici stelle. La commozione
mi impedisce di parlare. “Sono un diverso!”, vorrei gridare... “Non
esiste diversità nel vero amore!”, è
la risposta. Una
pace vera trabocca nel mio cuore. Nel Presepe, la culla è vuota. Ma il
Bambino è con me: sorride e mi parla col cuore. “Non era Natale senza
te – mi sussurra teneramente – e son venuto a cercarti!”. Incredibile...
“Ma come faranno tutti gli altri pastori? Se non ti trovano nella capanna,
avranno fatto un viaggio inutile...”. “Capiranno, finalmente, d'aver
sbagliato strada!”.
SANDRA
CERVONE