LETTERA ENCICLICA
CARITAS IN VERITATE
DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XVI
AI VESCOVI AI PRESBITERI E AI DIACONI
ALLE PERSONE CONSACRATE AI FEDELI
LAICI
E A TUTTI GLI UOMINI DI BUONA VOLONTÀ
SULLO SVILUPPO UMANO INTEGRALE
NELLA CARITÀ E NELLA VERITÀ
CAPITOLO PRIMO | IL MESSAGGIO DELLA POPULORUM PROGRESSIO |
CAPITOLO SECONDO | LO SVILUPPO UMANO NEL NOSTRO TEMPO |
CAPITOLO TERZO |
FRATERNITÀ,
SVILUPPO ECONOMICO E SOCIETÀ CIVILE |
CAPITOLO QUARTO | SVILUPPO DEI POPOLI, DIRITTI E DOVERI, AMBIENTE |
CAPITOLO QUINTO | LA COLLABORAZIONE DELLA FAMIGLIA UMANA |
CAPITOLO SESTO |
LO
SVILUPPO DEI POPOLI E LA TECNICA |
.
CAPITOLO PRIMO
IL MESSAGGIO
DELLA POPULORUM PROGRESSIO
(Audio) 10.
La rilettura della Populorum
progressio, a oltre quarant'anni dalla pubblicazione, sollecita a
rimanere fedeli al suo messaggio di carità e di verità, considerandolo
nell'ambito dello specifico magistero di Paolo
VI e, più
(Audio) 11.
La pubblicazione della Populorum
progressio avvenne immediatamente dopo la conclusione del Concilio
Ecumenico Vaticano II.
(Audio) 12.
Il legame tra la Populorum
progressio e il Concilio
Vaticano II non rappresenta una cesura tra il Magistero sociale di Paolo
VI e quello dei Pontefici suoi predecessori, dato che il Concilio
costituisce un approfondimento di tale magistero nella continuità della vita
della Chiesa [19].
In questo senso, non contribuiscono a fare chiarezza certe astratte suddivisioni
della dottrina sociale della Chiesa che applicano all'insegnamento sociale
pontificio categorie ad esso estranee. Non ci sono due tipologie di dottrina
sociale, una preconciliare e una postconciliare, diverse tra loro, ma un
unico insegnamento, coerente e nello stesso tempo sempre nuovo [20].
È giusto rilevare le peculiarità dell'una o dell'altra Enciclica,
dell'insegnamento dell'uno o dell'altro Pontefice, mai però perdendo di vista
la coerenza dell'intero corpus dottrinale [21].
Coerenza non significa chiusura in un sistema, quanto piuttosto fedeltà
dinamica a una luce ricevuta. La dottrina sociale della Chiesa illumina con una
luce che non muta i problemi sempre nuovi che emergono [22].
Ciò salvaguarda il carattere sia permanente che storico di questo « patrimonio
» dottrinale [23]
che, con le sue specifiche caratteristiche, fa parte della Tradizione sempre
vitale della Chiesa [24].
La dottrina sociale è costruita sopra il fondamento trasmesso dagli Apostoli ai
Padri della Chiesa e poi accolto e approfondito dai grandi Dottori cristiani.
Tale dottrina si rifà in definitiva all'Uomo nuovo, all'« ultimo Adamo che
divenne spirito datore di vita » (1 Cor 15,45) e che è principio
della carità che « non avrà mai fine » (1 Cor 13,8). È testimoniata
dai Santi e da quanti hanno dato la vita per Cristo Salvatore nel campo della
giustizia e della pace. In essa si esprime il compito profetico dei Sommi
Pontefici di guidare apostolicamente la Chiesa di Cristo e di discernere le
nuove esigenze dell'evangelizzazione. Per queste ragioni, la Populorum
progressio, inserita nella grande corrente della Tradizione, è in grado
di parlare ancora a noi, oggi.
(Audio) 13.
Oltre al suo importante legame con l'intera dottrina sociale della Chiesa, la
Populorum
progressio è strettamente connessa con il magistero complessivo di Paolo
VI e, in particolare, con il suo magistero sociale. Il suo fu certo un
insegnamento sociale di grande rilevanza: egli ribadì l'imprescindibile
importanza del Vangelo per la costruzione della società secondo libertà e
giustizia, nella prospettiva ideale e storica di una civiltà animata
dall'amore. Paolo
VI comprese chiaramente come la questione sociale fosse diventata mondiale [25]
e colse il richiamo reciproco tra la spinta all'unificazione dell'umanità e
l'ideale cristiano di un'unica famiglia dei popoli, solidale nella comune
fraternità. Indicò nello sviluppo, umanamente e cristianamente inteso, il
cuore del messaggio sociale cristiano e propose la carità cristiana come
principale forza a servizio dello sviluppo. Mosso dal desiderio di rendere
l'amore di Cristo pienamente visibile all'uomo contemporaneo, Paolo
VI affrontò con fermezza importanti questioni etiche, senza cedere alle
debolezze culturali del suo tempo.
(Audio) 14.
Con la Lettera apostolica Octogesima
adveniens del 1971, Paolo
VI trattò poi il tema del senso della politica e del pericolo costituito
da visioni utopistiche e ideologiche che ne pregiudicavano la qualità etica
e umana. Sono argomenti strettamente collegati con lo sviluppo. Purtroppo le
ideologie negative fioriscono in continuazione. Dall'ideologia tecnocratica,
particolarmente radicata oggi, Paolo
VI aveva già messo in guardia [26],
consapevole del grande pericolo di affidare l'intero processo dello sviluppo
alla sola tecnica, perché in tal modo rimarrebbe senza orientamento. La
tecnica, presa in se stessa, è ambivalente. Se da un lato, oggi, vi è chi
propende ad affidarle interamente detto processo di sviluppo, dall'altro si
assiste all'insorgenza di ideologie che negano in toto l'utilità stessa
dello sviluppo, ritenuto radicalmente anti-umano e portatore solo di
degradazione. Così, si finisce per condannare non solo il modo distorto e
ingiusto con cui gli uomini talvolta orientano il progresso, ma le stesse
scoperte scientifiche, che, se ben usate, costituiscono invece un'opportunità
di crescita per tutti. L'idea di un mondo senza sviluppo esprime sfiducia
nell'uomo e in Dio. È, quindi, un grave errore disprezzare le capacità umane
di controllare le distorsioni dello sviluppo o addirittura ignorare che l'uomo
è costitutivamente proteso verso l'« essere di più ». Assolutizzare
ideologicamente il progresso tecnico oppure vagheggiare l'utopia di un'umanità
tornata all'originario stato di natura sono due modi opposti per separare il
progresso dalla sua valutazione morale e, quindi, dalla nostra responsabilità.
(Audio) 15.
Altri due documenti di Paolo VI non strettamente connessi con la dottrina sociale — l'Enciclica Humanae
vitae, del 25 luglio 1968, e l'Esortazione apostolica Evangelii
nuntiandi, dell'8 dicembre 1975 — sono molto importanti per delineare
il senso pienamente umano dello sviluppo proposto dalla Chiesa. È quindi
opportuno leggere anche questi testi in relazione con la Populorum
progressio.
L'Enciclica
Humanae
vitae sottolinea il significato insieme unitivo e procreativo della
sessualità, ponendo così a fondamento della società la coppia degli sposi,
uomo e donna, che si accolgono reciprocamente nella distinzione e nella
complementarità; una coppia, dunque, aperta alla vita [27].
Non si tratta di morale meramente individuale: la Humanae
vitae indica i forti legami esistenti tra etica della vita ed etica
sociale, inaugurando una tematica magisteriale che ha via via preso corpo in
vari documenti, da ultimo nell'Enciclica Evangelium
vitae di Giovanni
Paolo II [28].
La Chiesa propone con forza questo collegamento tra etica della vita e etica
sociale nella consapevolezza che non può “avere solide basi una società che
— mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la
pace — si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse
forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed
emarginata” [29].
L'Esortazione
apostolica Evangelii
nuntiandi, per parte sua, ha un rapporto molto intenso con lo sviluppo,
in quanto « l'evangelizzazione — scriveva Paolo
VI — non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello, che
si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale,
dell'uomo » [30].
« Tra evangelizzazione e promozione umana — sviluppo, liberazione — ci sono
infatti dei legami profondi » [31]:
partendo da questa consapevolezza, Paolo
VI poneva in modo chiaro il rapporto tra l'annuncio di Cristo e la
promozione della persona nella società. La testimonianza della carità di
Cristo attraverso opere di giustizia, pace e sviluppo fa parte della
evangelizzazione, perché a Gesù Cristo, che ci ama, sta a cuore tutto
l'uomo. Su questi importanti insegnamenti si fonda l'aspetto missionario [32]
della dottrina sociale della Chiesa come elemento essenziale di evangelizzazione
[33].
La dottrina sociale della Chiesa è annuncio e testimonianza di fede. È
strumento e luogo imprescindibile di educazione ad essa.
(Audio) 16.
Nella Populorum
progressio, Paolo
VI ha voluto dirci, prima di tutto, che il progresso è, nella sua
scaturigine e nella sua essenza, una vocazione: « Nel disegno di Dio,
ogni uomo è chiamato a uno sviluppo, perché ogni vita è vocazione » [34].
È proprio questo fatto a legittimare l'intervento della Chiesa nelle
problematiche dello sviluppo. Se esso riguardasse solo aspetti tecnici della
vita dell'uomo, e non il senso del suo camminare nella storia assieme agli altri
suoi fratelli né l'individuazione della meta di tale cammino, la Chiesa non
avrebbe titolo per parlarne. Paolo
VI, come già Leone
XIII nella Rerum
novarum [35],
era consapevole di assolvere un dovere proprio del suo ufficio proiettando la
luce del Vangelo sulle questioni sociali del suo tempo [36].
Dire
che lo sviluppo è vocazione equivale a riconoscere, da una parte, che
esso nasce da un appello trascendente e, dall'altra, che è incapace di darsi da
sé il proprio significato ultimo. Non senza motivo la parola « vocazione »
ricorre anche in un altro passo dell'Enciclica, ove si afferma: « Non vi è
dunque umanesimo vero se non aperto verso l'Assoluto, nel riconoscimento d'una
vocazione, che offre l'idea vera della vita umana » [37].
Questa visione dello sviluppo è il cuore della Populorum
progressio e motiva tutte le riflessioni di Paolo
VI sulla libertà, sulla verità e sulla carità nello sviluppo. È anche la
ragione principale per cui quell'Enciclica è ancora attuale ai nostri giorni.
(Audio) 17.
La vocazione è un appello che richiede una risposta libera e responsabile. Lo
sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e
dei popoli: nessuna struttura può garantire tale sviluppo al di fuori e al di
sopra della responsabilità umana. I « messianismi carichi di promesse, ma
fabbricatori di illusioni » [38]
fondano sempre le proprie proposte sulla negazione della dimensione trascendente
dello sviluppo, nella sicurezza di averlo tutto a propria disposizione. Questa
falsa sicurezza si tramuta in debolezza, perché comporta l'asservimento
dell'uomo ridotto a mezzo per lo sviluppo, mentre l'umiltà di chi accoglie una
vocazione si trasforma in vera autonomia, perché rende libera la persona. Paolo
VI non ha dubbi che ostacoli e condizionamenti frenino lo sviluppo, ma è
anche certo che « ciascuno rimane, qualunque siano le influenze che si
esercitano su di lui, l'artefice della sua riuscita o del suo fallimento » [39].
Questa libertà riguarda lo sviluppo che abbiamo davanti a noi ma,
contemporaneamente, riguarda anche le situazioni di sottosviluppo, che non sono
frutto del caso o di una necessità storica, ma dipendono dalla responsabilità
umana. È per questo che « i popoli della fame interpellano oggi in maniera
drammatica i popoli dell'opulenza » [40].
Anche questo è vocazione, un appello rivolto da uomini liberi a uomini liberi
per una comune assunzione di responsabilità. Fu viva
(Audio) 18.
Oltre a richiedere la libertà, lo sviluppo umano integrale come vocazione
esige anche che se ne rispetti
(Audio) 19.
Infine, la visione dello sviluppo come vocazione comporta la centralità in
esso della carità. Paolo
VI nell'Enciclica Populorum
progressio osservava che le cause del sottosviluppo non sono
primariamente di ordine materiale. Egli ci invitava a ricercarle in altre
dimensioni dell'uomo. Nella volontà, prima di tutto, che spesso disattende i
doveri della solidarietà. Nel pensiero, in secondo luogo, che non sempre sa
orientare convenientemente il volere. Per questo, nel perseguimento dello
sviluppo, servono « uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati
alla ricerca d'un umanesimo nuovo, che permetta all'uomo moderno di ritrovare se
stesso » [51].
Ma non è tutto. Il sottosviluppo ha una causa ancora più importante della
carenza di pensiero: è « la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i
popoli » [52].
Questa fraternità, gli uomini potranno mai ottenerla da soli? La società
sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. La ragione,
da sola, è in grado di cogliere l'uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una
convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare
(Audio) 20. Queste prospettive, aperte dalla Populorum progressio, rimangono fondamentali per dare respiro e orientamento al nostro impegno per lo sviluppo dei popoli. La Populorum progressio, poi, sottolinea ripetutamente l'urgenza delle riforme [54] e chiede che davanti ai grandi problemi dell'ingiustizia nello sviluppo dei popoli si agisca con coraggio e senza indugio. Questa urgenza è dettata anche dalla carità nella verità. È la carità di Cristo che ci spinge: « caritas Christi urget nos » (2 Cor 5,14). L'urgenza è inscritta non solo nelle cose, non deriva soltanto dall'incalzare degli avvenimenti e dei problemi, ma anche dalla stessa posta in palio: la realizzazione di un'autentica fraternità. La rilevanza di questo obiettivo è tale da esigere la nostra apertura a capirlo fino in fondo e a mobilitarci in concreto con il « cuore », per far evolvere gli attuali processi economici e sociali verso esiti pienamente umani.