LETTERA ENCICLICA
CARITAS IN VERITATE
DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XVI
AI VESCOVI AI PRESBITERI E AI DIACONI
ALLE PERSONE CONSACRATE AI FEDELI
LAICI
E A TUTTI GLI UOMINI DI BUONA VOLONTÀ
SULLO SVILUPPO UMANO INTEGRALE
NELLA CARITÀ E NELLA VERITÀ
CAPITOLO PRIMO | IL MESSAGGIO DELLA POPULORUM PROGRESSIO |
CAPITOLO SECONDO | LO SVILUPPO UMANO NEL NOSTRO TEMPO |
CAPITOLO TERZO |
FRATERNITÀ,
SVILUPPO ECONOMICO E SOCIETÀ CIVILE |
CAPITOLO QUARTO | SVILUPPO DEI POPOLI, DIRITTI E DOVERI, AMBIENTE |
CAPITOLO QUINTO | LA COLLABORAZIONE DELLA FAMIGLIA UMANA |
CAPITOLO SESTO |
LO
SVILUPPO DEI POPOLI E LA TECNICA |
.
CAPITOLO QUARTO
SVILUPPO DEI POPOLI, DIRITTI E DOVERI, AMBIENTE
(Audio) 43.
« La solidarietà universale, che è un fatto e per noi un beneficio, è altresì
un dovere » [105].
Molte persone, oggi, tendono a coltivare la pretesa di non dover niente a
nessuno, tranne che a se stesse. Ritengono di essere titolari solo di diritti e
incontrano spesso forti ostacoli a maturare una responsabilità per il proprio e
l'altrui sviluppo integrale. Per questo è importante sollecitare una nuova
riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si
trasformano in arbitrio [106].
Si assiste oggi a una pesante contraddizione. Mentre, per un verso, si
rivendicano presunti diritti, di carattere arbitrario e voluttuario, con la
pretesa di vederli riconosciuti e promossi dalle strutture pubbliche, per
l'altro verso, vi sono diritti elementari e fondamentali disconosciuti e violati
nei confronti di tanta parte dell'umanità [107].
Si è spesso notata una relazione tra la rivendicazione del diritto al superfluo
o addirittura alla trasgressione e al vizio, nelle società opulente, e la
mancanza di cibo, di acqua potabile, di istruzione di base o di cure sanitarie
elementari in certe regioni del mondo del sottosviluppo e anche nelle periferie
di grandi metropoli. La relazione sta nel fatto che i diritti individuali,
svincolati da un quadro di doveri che conferisca loro un senso compiuto,
impazziscono e alimentano una spirale di richieste praticamente illimitata e
priva di criteri. L'esasperazione dei diritti sfocia nella dimenticanza dei
doveri. I doveri delimitano i diritti perché rimandano al quadro antropologico
ed etico entro la cui verità anche questi ultimi si inseriscono e così non
diventano arbitrio. Per questo motivo i doveri rafforzano i diritti e propongono
la loro difesa e promozione come un impegno da assumere a servizio del bene. Se,
invece, i diritti dell'uomo trovano il proprio fondamento solo nelle
deliberazioni di un'assemblea di cittadini, essi possono essere cambiati in ogni
momento e, quindi, il dovere di rispettarli e perseguirli si allenta nella
coscienza comune. I Governi e gli Organismi internazionali possono allora
dimenticare l'oggettività e l'« indisponibilità » dei diritti. Quando ciò
avviene, il vero sviluppo dei popoli è messo in pericolo [108].
Comportamenti simili compromettono l'autorevolezza degli Organismi
internazionali, soprattutto agli occhi dei Paesi maggiormente bisognosi di
sviluppo. Questi, infatti, richiedono che la comunità internazionale assuma
come un dovere l'aiutarli a essere « artefici del loro destino » [109],
ossia ad assumersi a loro volta dei doveri. La condivisione dei doveri
reciproci mobilita assai più della sola rivendicazione di diritti.
(Audio) 44.
La concezione dei diritti e dei doveri nello sviluppo deve tener conto anche
delle problematiche connesse con la crescita demografica. Si tratta di un
aspetto molto importante del vero sviluppo, perché concerne i valori
irrinunciabili della vita e della famiglia [110].
Considerare l'aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo è
scorretto, anche dal punto di vista economico: basti pensare, da una parte,
all'importante diminuzione della mortalità infantile e il prolungamento della
vita media che si registrano nei Paesi economicamente sviluppati; dall'altra, ai
segni di crisi rilevabili nelle società in cui si registra un preoccupante calo
della natalità. Resta ovviamente doveroso prestare la debita attenzione ad una
procreazione responsabile, che costituisce, tra l'altro, un fattivo contributo
allo sviluppo umano integrale. La Chiesa, che ha a cuore il vero sviluppo
dell'uomo, gli raccomanda il pieno rispetto dei valori umani anche
nell'esercizio della sessualità: non la si può ridurre a mero fatto edonistico
e ludico, così come l'educazione sessuale non si può ridurre a un'istruzione
tecnica, con l'unica preoccupazione di difendere gli interessati da eventuali
contagi o dal « rischio » procreativo. Ciò equivarrebbe ad impoverire e
disattendere il significato profondo della sessualità, che deve invece essere
riconosciuto ed assunto con responsabilità tanto dalla persona quanto dalla
comunità. La responsabilità vieta infatti sia di considerare la sessualità
una semplice fonte di piacere, sia di regolarla con politiche di forzata
pianificazione delle nascite. In ambedue i casi si è in presenza di concezioni
e di politiche materialistiche, nelle quali le persone finiscono per subire
varie forme di violenza. A tutto ciò si deve opporre la competenza primaria
delle famiglie in questo campo [111],
rispetto allo Stato e alle sue politiche restrittive, nonché un'appropriata
educazione dei genitori.
L'apertura
moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica.
Grandi Nazioni hanno potuto uscire dalla miseria anche grazie al grande numero e
alle capacità dei loro abitanti. Al contrario, Nazioni un tempo floride
conoscono ora una fase di incertezza e in qualche caso di declino proprio a
causa della denatalità, problema cruciale per le società di avanzato
benessere. La diminuzione delle nascite, talvolta al di sotto del cosiddetto «
indice di sostituzione », mette in crisi anche i sistemi di assistenza sociale,
ne aumenta i costi, contrae l'accantonamento di risparmio e di conseguenza le
risorse finanziarie necessarie agli investimenti, riduce la disponibilità di
lavoratori qualificati, restringe il bacino dei « cervelli » a cui attingere
per le necessità della Nazione. Inoltre, le famiglie di piccola, e talvolta
piccolissima, dimensione corrono il rischio di impoverire le relazioni sociali,
e di non garantire forme efficaci di solidarietà. Sono situazioni che
presentano sintomi di scarsa fiducia nel futuro come pure di stanchezza morale.
Diventa così una necessità sociale, e perfino economica, proporre ancora alle
nuove generazioni la bellezza della famiglia e del matrimonio, la rispondenza di
tali istituzioni alle esigenze più profonde del cuore e della dignità della
persona. In questa prospettiva, gli Stati sono chiamati a varare politiche
che promuovano la centralità e l'integrità della famiglia, fondata sul
matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società, [112]
facendosi carico anche dei suoi problemi economici e fiscali, nel rispetto della
sua natura relazionale.
(Audio) 45.
Rispondere alle esigenze morali più profonde della persona ha anche importanti
e benefiche ricadute sul piano economico. L'economia infatti ha bisogno
dell'etica per il suo corretto funzionamento; non di un'etica qualsiasi,
bensì di un'etica amica della persona. Oggi si parla molto di etica in campo
economico, finanziario, aziendale. Nascono Centri di studio e percorsi formativi
di business ethics; si diffonde nel mondo sviluppato il sistema delle
certificazioni etiche, sulla scia del movimento di idee nato intorno alla
responsabilità sociale dell'impresa. Le banche propongono conti e fondi di
investimento cosiddetti « etici ». Si sviluppa una « finanza etica »,
soprattutto mediante il microcredito e, più
Molto,
infatti, dipende dal sistema morale di riferimento. Su questo argomento la
dottrina sociale della Chiesa ha un suo specifico apporto da dare, che si fonda
sulla creazione dell'uomo “ad immagine di Dio” (Gn 1,27), un dato da
cui discende l'inviolabile dignità della persona umana, come anche il
trascendente valore delle norme morali naturali. Un'etica economica che
prescindesse da questi due pilastri rischierebbe inevitabilmente di perdere la
propria connotazione e di prestarsi a strumentalizzazioni; più precisamente
essa rischierebbe di diventare funzionale ai sistemi economico-finanziari
esistenti, anziché correttiva delle loro disfunzioni. Tra l'altro, finirebbe
anche per giustificare il finanziamento di progetti che etici non sono. Bisogna,
poi, non ricorrere alla parola « etica » in modo ideologicamente
discriminatorio, lasciando intendere che non sarebbero etiche le iniziative che
non si fregiassero formalmente di questa qualifica. Occorre adoperarsi —
l'osservazione è qui essenziale! — non solamente perché nascano settori o
segmenti « etici » dell'economia o della finanza, ma perché l'intera economia
e l'intera finanza siano etiche e lo siano non per un'etichettatura
dall'esterno, ma per il rispetto di esigenze intrinseche alla loro stessa
natura. Parla con chiarezza, a questo riguardo, la dottrina sociale della
Chiesa, che ricorda come l'economia, con tutte le sue branche, è un settore
dell'attività umana [113].
(Audio) 46.
Considerando le tematiche relative al rapporto tra impresa ed etica,
nonché l'evoluzione che il sistema produttivo sta compiendo, sembra che la
distinzione finora invalsa tra imprese finalizzate al profitto (profit) e
organizzazioni non finalizzate al profitto (non profit) non sia più in
grado di dar conto completo della realtà, né di orientare efficacemente il
futuro. In questi ultimi decenni è andata emergendo un'ampia area intermedia
tra le due tipologie di imprese. Essa è costituita da imprese tradizionali, che
però sottoscrivono dei patti di aiuto ai Paesi arretrati; da fondazioni che
sono espressione di singole imprese; da gruppi di imprese aventi scopi di utilità
sociale; dal variegato mondo dei soggetti della cosiddetta economia civile e di
comunione. Non si tratta solo di un « terzo settore », ma di una nuova ampia
realtà composita, che coinvolge il privato e il pubblico e che non esclude il
profitto, ma lo considera strumento per realizzare finalità umane e sociali. Il
fatto che queste imprese distribuiscano o meno gli utili oppure che assumano
l'una o l'altra delle configurazioni previste dalle norme giuridiche diventa
secondario rispetto alla loro disponibilità a concepire il profitto come uno
strumento per raggiungere finalità di umanizzazione del mercato e della società.
È auspicabile che queste nuove forme di impresa trovino in tutti i Paesi anche
adeguata configurazione giuridica e fiscale. Esse, senza nulla togliere
all'importanza e all'utilità economica e sociale delle forme tradizionali di
impresa, fanno evolvere il sistema verso una più chiara e compiuta assunzione
dei doveri da parte dei soggetti economici. Non solo. È la stessa pluralità
delle forme istituzionali di impresa a generare un mercato più civile e al
tempo stesso più competitivo.
(Audio) 47.
Il potenziamento delle diverse tipologie di imprese e, in particolare, di quelle
capaci di concepire il profitto come uno strumento per raggiungere finalità di
umanizzazione del mercato e delle società, deve essere perseguito anche nei
Paesi che soffrono di esclusione o di emarginazione dai circuiti dell'economia
globale, dove è molto importante procedere con progetti di sussidiarietà
opportunamente concepita e gestita che tendano a potenziare i diritti,
prevedendo però sempre anche l'assunzione di corrispettive responsabilità.
Negli interventi per lo sviluppo va fatto salvo il principio della
centralità della persona umana, la quale è il soggetto che deve assumersi
primariamente il dovere dello sviluppo. L'interesse principale è il
miglioramento delle situazioni di vita delle persone concrete di una certa
regione, affinché possano assolvere a quei doveri che attualmente l'indigenza
non consente loro di onorare. La sollecitudine non può mai essere un
atteggiamento astratto. I programmi di sviluppo, per poter essere adattati alle
singole situazioni, devono avere caratteristiche di flessibilità; e le persone
beneficiarie dovrebbero essere coinvolte direttamente nella loro progettazione e
rese protagoniste della loro attuazione. È anche necessario applicare i criteri
della progressione e dell'accompagnamento — compreso il monitoraggio dei
risultati –, perché non ci sono ricette universalmente valide. Molto dipende
dalla concreta gestione degli interventi. « Artefici del loro proprio sviluppo,
i popoli ne sono i primi responsabili. Ma non potranno realizzarlo
nell'isolamento » [114].
Oggi, con il consolidamento del processo di progressiva integrazione del
pianeta, questo ammonimento di Paolo
VI è ancor più valido. Le dinamiche di inclusione non hanno nulla di
meccanico. Le soluzioni vanno calibrate sulla vita dei popoli e delle persone
concrete, sulla base di una valutazione prudenziale di ogni situazione. Accanto
ai macroprogetti servono i microprogetti e, soprattutto, serve la mobilitazione
fattiva di tutti i soggetti della società civile, tanto delle persone
giuridiche quanto delle persone fisiche.
La
cooperazione internazionale ha bisogno di persone che condividano il
processo di sviluppo economico e umano, mediante la solidarietà della presenza,
dell'accompagnamento, della formazione e del rispetto. Da questo punto di vista,
gli stessi Organismi internazionali dovrebbero interrogarsi sulla reale
efficacia dei loro apparati burocratici e amministrativi, spesso troppo costosi.
Capita talvolta che chi è destinatario degli aiuti diventi funzionale a chi lo
aiuta e che i poveri servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni
burocratiche che riservano per la propria conservazione percentuali troppo
elevate di quelle risorse che invece dovrebbero essere destinate allo sviluppo.
In questa prospettiva, sarebbe auspicabile che tutti gli Organismi
internazionali e le Organizzazioni non governative si impegnassero ad una piena
trasparenza, informando i donatori e l'opinione pubblica circa la percentuale
dei fondi ricevuti destinata ai programmi di cooperazione, circa il vero
contenuto di tali programmi, e infine circa la composizione delle spese
dell'istituzione stessa.
(Audio) 48.
Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono
dal rapporto dell'uomo con l'ambiente naturale. Questo è stato donato da
Dio a tutti, e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i
poveri, le generazioni future e l'umanità intera. Se la natura, e per primo
l'essere umano, vengono considerati come frutto del caso o del determinismo
evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze.
Nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultato dell'intervento
creativo di Dio, che l'uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i
suoi legittimi bisogni — materiali e immateriali — nel rispetto degli
intrinseci equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l'uomo
finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per
abusarne. Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana
della natura, frutto della creazione di Dio.
La
natura è espressione di un disegno di amore e di verità. Essa ci precede e
ci è donata da Dio come ambiente di vita. Ci parla del Creatore (cfr Rm
1, 20) e del suo amore per l'umanità. È destinata ad essere « ricapitolata »
in Cristo alla fine dei tempi (cfr Ef 1, 9-10; Col 1, 19-20).
Anch'essa, quindi, è una « vocazione » [115].
La natura è a nostra disposizione non come « un mucchio di rifiuti sparsi a
caso » [116],
bensì come un dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci,
affinché l'uomo ne tragga gli orientamenti doverosi per “custodirla e
coltivarla” (Gn 2,15). Ma bisogna anche sottolineare che è contrario
al vero sviluppo considerare la natura più importante della stessa persona
umana. Questa posizione induce ad atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo:
dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, non può derivare la
salvezza per l'uomo. Peraltro, bisogna anche rifiutare la posizione contraria,
che mira alla sua completa tecnicizzazione, perché l'ambiente naturale non è
solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma opera mirabile del
Creatore, recante in sé una “grammatica” che indica finalità e criteri per
un utilizzo sapiente, non strumentale e arbitrario. Oggi molti danni allo
sviluppo provengono proprio da queste concezioni distorte. Ridurre completamente
la natura ad un insieme di semplici dati di fatto finisce per essere fonte di
violenza nei confronti dell'ambiente e addirittura per motivare azioni
irrispettose verso la stessa natura dell'uomo. Questa, in quanto costituita non
solo di materia ma anche di spirito e, come tale, essendo ricca di significati e
di fini trascendenti da raggiungere, ha un carattere normativo anche per
(Audio) 49.
Le questioni legate alla cura e alla salvaguardia dell'ambiente devono oggi
tenere in debita considerazione le problematiche energetiche.
L'accaparramento delle risorse energetiche non rinnovabili da parte di alcuni
Stati, gruppi di potere e imprese costituisce, infatti, un grave impedimento per
lo sviluppo dei Paesi poveri. Questi non hanno i mezzi economici né per
accedere alle esistenti fonti energetiche non rinnovabili né per finanziare la
ricerca di fonti nuove e alternative. L'incetta delle risorse naturali, che in
molti casi si trovano proprio nei Paesi poveri, genera sfruttamento e frequenti
conflitti tra le Nazioni e al loro interno. Tali conflitti si combattono spesso
proprio sul suolo di quei Paesi, con pesanti bilanci in termini di morte,
distruzione e ulteriore degrado. La comunità internazionale ha il compito
imprescindibile di trovare le strade istituzionali per disciplinare lo
sfruttamento delle risorse non rinnovabili, con la partecipazione anche dei
Paesi poveri, in modo da pianificare insieme il futuro.
Anche
su questo fronte vi è l'urgente necessità morale di una rinnovata
solidarietà, specialmente nei rapporti tra i Paesi in via di sviluppo e i
Paesi altamente industrializzati [118].
Le società tecnologicamente avanzate possono e devono diminuire il proprio
fabbisogno energetico sia perché le attività manifatturiere evolvono, sia
perché tra i loro cittadini si diffonde una sensibilità ecologica maggiore. Si
deve inoltre aggiungere che oggi è realizzabile un miglioramento
dell'efficienza energetica ed è al tempo stesso possibile far avanzare la
ricerca di energie alternative. È però anche necessaria una ridistribuzione
planetaria delle risorse energetiche, in modo che anche i Paesi che ne sono
privi possano accedervi. Il loro destino non può essere lasciato nelle mani del
primo arrivato o alla logica del più forte. Si tratta di problemi rilevanti
che, per essere affrontati in modo adeguato, richiedono da parte di tutti la
responsabile presa di coscienza delle conseguenze che si riverseranno sulle
nuove generazioni, soprattutto sui moltissimi giovani presenti nei popoli
poveri, i quali « reclamano la parte attiva che loro spetta nella costruzione
d'un mondo migliore » [119].
(Audio) 50.
Questa responsabilità è globale, perché non concerne solo l'energia, ma tutto
il creato, che non dobbiamo lasciare alle nuove generazioni depauperato delle
sue risorse. All'uomo è lecito esercitare un governo responsabile sulla
natura per custodirla, metterla a profitto e coltivarla anche in forme nuove
e con tecnologie avanzate in modo che essa possa degnamente accogliere e nutrire
la popolazione che
(Audio) 51.
Le modalità con cui l'uomo tratta l'ambiente influiscono sulle modalità con
cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a
rivedere seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è
incline all'edonismo e al consumismo, restando indifferente ai danni che ne
derivano [122].
È necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare
nuovi stili di vita, “nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono
e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi
che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” [123].
Ogni lesione della solidarietà e dell'amicizia civica provoca danni ambientali,
così come il degrado ambientale, a sua volta, provoca insoddisfazione nelle
relazioni sociali. La natura, specialmente nella nostra epoca, è talmente
integrata nelle dinamiche sociali e culturali da non costituire quasi più una
variabile indipendente. La desertificazione e l'impoverimento produttivo di
alcune aree agricole sono anche frutto dell'impoverimento delle popolazioni che
le abitano e della loro arretratezza. Incentivando lo sviluppo economico e
culturale di quelle popolazioni, si tutela anche
La
Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa
responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra,
l'acqua e l'aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere
soprattutto l'uomo contro la distruzione di se stesso. È necessario che ci sia
qualcosa come un'ecologia dell'uomo, intesa in senso giusto. Il degrado della
natura è infatti strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza
umana: quando l'« ecologia umana » [124]
è rispettata dentro la società, anche l'ecologia ambientale ne trae
beneficio. Come le virtù umane sono tra loro comunicanti, tanto che
l'indebolimento di una espone a rischio anche le altre, così il sistema
ecologico si regge sul rispetto di un progetto che riguarda sia la sana
convivenza in società sia il buon rapporto con la natura.
Per
salvaguardare la natura non è sufficiente intervenire con incentivi o
disincentivi economici e nemmeno basta un'istruzione adeguata. Sono, questi,
strumenti importanti, ma il problema decisivo è la complessiva tenuta morale
della società. Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte
naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita
dell'uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune
finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di
ecologia ambientale. È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il
rispetto dell'ambiente naturale, quando l'educazione e le leggi non le aiutano a
rispettare se stesse. Il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante
dell'ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio,
della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano
integrale. I doveri che abbiamo verso l'ambiente si collegano con i doveri che
abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri.
Non si possono esigere gli uni e conculcare gli altri. Questa è una grave
antinomia della mentalità e della prassi odierna, che avvilisce la persona,
sconvolge l'ambiente e danneggia la società.
(Audio) 52.
La verità e l'amore che essa dischiude non si possono produrre, si possono solo
accogliere. La loro fonte ultima non è, né può essere, l'uomo, ma Dio, ossia
Colui che è Verità e Amore. Questo principio è assai importante per la società
e per lo sviluppo, in quanto né l'una né l'altro possono essere solo prodotti
umani; la stessa vocazione allo sviluppo delle persone e dei popoli non si fonda
su una semplice deliberazione umana, ma è inscritta in un piano che ci precede
e che costituisce per tutti noi un dovere che deve essere liberamente accolto.
Ciò che ci precede e che ci costituisce — l'Amore e la Verità sussistenti
— ci indica che cosa sia il bene e in che cosa consista la nostra felicità.
Ci indica quindi la strada verso il vero sviluppo.