La vedova di Nain e il «miracolo» che ci chiede Gesù
Dal Vangelo
secondo Luca
In quel tempo, 11Gesù si recò in una città chiamata Nain, e
con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva
portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta
gente della città era con lei.
13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei
e le disse: «Non piangere!».
14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi
disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!».
15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a
sua madre.
16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo:
«Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo».
17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e
in tutta la regione circostante.
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
La donna di Nain aveva già
pianto la morte del suo uomo. Adesso è inghiottita dal dolore più atroce, quello
che non ha neppure un nome per essere detto: due vite, quella del figlio e la
sua, precipitate dentro un'unica bara.
Quante storie così anche oggi. Perché questo accanirsi, questa dismisura del
male su spalle fragili? Nella Bibbia cerchi invano una risposta al perché del
dolore. Il Vangelo però racconta la prima reazione di Gesù: egli prova dolore
per il dolore dell'uomo.
E lo esprime con tre verbi: provare compassione, fermarsi, toccare. Gesù vede il
pianto e si commuove, si lascia ferire dalle ferite di quel cuore. Il mondo è un
immenso pianto, un fiume di lacrime, ma invisibili a chi ha perduto lo sguardo
del cuore. Gesù sapeva guardare negli occhi di una persona (donna, non piangere)
e scoprire dietro un centimetro quadrato di iride vita e morte, dolore e
speranza.
C'è un solo modo per conoscere un uomo, Dio, un paese, un dolore: fermarsi,
inginocchiarsi e guardare da vicino. Guardare gli altri a millimetro di viso, di
occhi, di voce, come bambini o come innamorati. Quando ti fermi con qualcuno hai
già fatto molto per la storia del mondo. Nessun segnale ci dice che quella donna
fosse più religiosa di altri. Ciò che fa breccia nel cuore di Gesù è il suo
dolore.
Quella donna non prega Gesù, non lo chiama, non lo cerca, ma tutto in lei è una
supplica senza parole, e Dio ascolta l'eloquenza delle lacrime, risponde al
pianto silenzioso di chi neppure si rivolge a lui. E si fa vicino, vicino come
una madre al suo bambino. Gesù vede, si ferma e tocca. Ogni volta che Gesù si
commuove, tocca: il lebbroso, il cieco, la bara del ragazzo di Nain. Toccare è
parola dura, che ci mette alla prova, perché non è spontaneo toccare il
contagioso, l'infettivo, il mendicante, la bara. Non è un sentimento è una
decisione.
Si accosta, tocca, parla: Ragazzo dico a te, alzati. Levati, alzati, sorgi, il
verbo usato per la risurrezione.
E lo restituì alla madre, restituisce il ragazzo all'abbraccio, all'amore, agli
affetti che soli ci rendono vivi, alle relazioni d'amore nelle quali soltanto
troviamo la vita.
E tutti glorificavano Dio dicendo: è sorto un profeta grande!
Gesù è il profeta della compassione, di un Dio che cammina per tutte le Nain del
mondo, si avvicina a chi piange, piange insieme con noi quando il dolore sembra
sfondare il cuore.
E ci convoca a operare “miracoli”, non quello di trasformare una bara in una
culla, come a Nain, ma quello di sostare accanto a chi soffre, accanto alle
infinite croci del mondo, lasciandosi ferire da ogni ferita, portando il
conforto umanissimo e divino della compassione.
Fermarsi. Per vedere bene un prato bisogna inginocchiarsi e guardarlo da vicino
(Ermanno Olmi).
Il tatto è tra i cinque sensi quello che apre il Cantico, e lo riempie, è un
modo di amare, il modo più intimo, è il bacio. Apre una stagione nuova nelle
relazioni. Come la notte comincia dalla prima stella, così il mondo nuovo
comincia dal primo samaritano buono.
Una donna, una bara, un corteo. Sono gli ingredienti di base del racconto di
Nain che mette in scena la normalità della tragedia in cui si recita il dolore
più grande del mondo. Quel buco nero che inghiotte la vita di una madre, di un
padre privati di ciò che è più importante della loro stessa vita. Quel freddo
improvviso e spaventoso che ti stringe la gola e sai che d'ora in poi niente
sarà più come prima.
Gesù non sfiora il dolore, penetra dentro il suo abisso insieme a lei.
Entra in città da forestiero e si rivela prossimo: chi è il prossimo? gli
avevano chiesto. Chi si avvicina al dolore altrui, se lo carica sulle spalle,
cerca di consolarlo, alleviarlo, guarirlo se possibile.
Il Vangelo dice che Gesù fu preso da grande compassione per lei. La prima
risposta del Signore è di provare dolore per il dolore della donna.