Il riposo, quel sano gesto di umiltà
(Audio)
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, 30gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e
gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato.
31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo
deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e
venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora
andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti
però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li
precedettero. 34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla,
ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si
mise a insegnare loro molte cose.
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
C'era tanta gente che non avevano neanche il tempo di mangiare. Gesù
mostra una tenerezza come di madre nei confronti dei suoi discepoli: Andiamo
via, e riposatevi un po'. Lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza,
gli smarrimenti, la fatica dei suoi. Per lui prima di tutto viene la persona;
non i risultati ottenuti ma l'armonia, la salute profonda del cuore.
E quando, sceso dalla barca vede la grande folla il suo primo sguardo si
posa, come sempre nel Vangelo, sulla povertà degli uomini e non sulle loro
azioni o sul loro peccato. Più di ciò che fai a lui interessa ciò che sei: non
chiede ai dodici di andare a pregare, di preparare nuove missioni, solo di
prendersi un po' di tempo tutto per loro, del tempo per vivere. È un gesto
d'amore, di uno che vuole loro bene e li vuole felici. Scrive sant'Ambrogio: «Si
vis omnia bene facere, aliquando ne feceris, se vuoi fare bene tutte le tue
cose, ogni tanto smetti di farle», cioè riposati. Un sano atto di umiltà, nella
consapevolezza che non siamo noi a salvare il mondo, che le nostre vite sono
delicate e fragili, le energie limitate.
Gesù insegna una duplice strategia: fare le cose come se tutto dipendesse da
noi, con impegno e dedizione; e poi farle come se tutto dipendesse da Dio, con
leggerezza e fiducia. Fare tutto ciò che sta in te, e poi lasciar fare tutto a
Dio.
Un particolare: venite in disparte, con me. Stare con
Gesù, per imparare da lui il cuore di Dio. Ritornare poi nella folla, portando
con sé un santuario di bellezza che solo Dio può accendere.
Ma qualcosa cambia i programmi: sceso dalla barca vide una
grande folla ed ebbe compassione di loro. Prendiamo questa parola, bella
come un miracolo, come filo conduttore: la compassione. Gesù cambia i
suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al
loro. E ciò che offre alla gente è per prima cosa la compassione, il provare
dolore per il dolore dell'altro; il moto del cuore che muove la mano a fare.
Stai con Gesù, lo guardi agire, e lui ti offre il primo insegnamento: «come
guardare», prima ancora di come parlare; uno sguardo che abbia commozione e
tenerezza, le parole e i gesti seguiranno. Quando impari il sentimento divino
della compassione, il mondo si innesta nella tua anima. Se ancora c'è chi si
commuove per l'ultimo uomo, questo uomo avrà un futuro.
Gesù sa che non è il dolore che annulla in noi la speranza, non è il morire, ma
l'essere senza conforto. Facciamo in modo di non privare il mondo della nostra
compassione, consapevoli che «ciò che possiamo fare è solo una goccia
nell'oceano, ma è questa goccia che può dare significato a tutta la nostra vita»
(Teresa di Calcutta).