La mano di Dio tra le tempeste
(Audio)
Dal Vangelo secondo Matteo
I discepoli si sentono abbandonati nel momento del pericolo, lasciati soli a
lottare contro le onde per una lunga notte. Come loro anche noi ci siamo sentiti
alle volte abbandonati, e Dio era lontano, assente, era muto.
Eppure un credente non può mai dire: «Io da solo, io con le mie sole forze»,
perché non siamo mai soli, perché intrecciato al nostro respiro c’è sempre il
respiro di Dio, annodata alla nostra forza è la forza di Dio. Infatti Dio è sul
lago: è nelle braccia di chi rema, è negli occhi che cercano l’approdo. E la
barca, simbolo della nostra vita fragile, intanto avanza nella notte e nel vento
non perché cessa la tempesta, ma per il miracolo umile dei rematori che non si
arrendono, e ciascuno sostiene il coraggio dell’altro. Dio non agisce al posto
nostro, non devia le tempeste, ma ci sostiene dentro le burrasche della vita.
Non ci evita i problemi, ci dà forza dentro i problemi.
Poi Pietro vede Gesù camminare sul mare: «Signore, se sei tu, comanda che io
venga da te sulle acque». Pietro domanda due cose:
una giusta e una sbagliata. Chiede di andare verso il Signore. Domanda
bellissima, perfetta: che io venga da te. Ma chiede di andarci camminando sulle
acque, e questo non serve. Non è sul mare dei miracoli che incontrerai il
Signore, ma nei gesti quotidiani; nella polvere delle strade come il buon
samaritano e non nel luccichio di acque miracolose.
Come Pietro, fissare lo sguardo su Gesù che ti viene incontro quando intorno è
buio, quando è tempesta, e sentire cosa ha da dire a te, solo a te: vieni!
Con me tutto è possibile.
«E venne da Gesù» dice il Vangelo. Pietro guarda a lui, non ha occhi che per
quel volto, ha fede in lui, e la sua fede lo rende capace di ciò che sembrava
impossibile. Poi la svolta: ma vedendo che il vento era forte, si impaurì e
cominciò ad affondare. In pochi passi, dalla fede che è saldezza, alla paura
che è palude dove sprofondi. Cosa è accaduto? Pietro ha cambiato la direzione
del suo sguardo, la sua attenzione non va più a Gesù ma al vento, non fissa più
il Volto ma la notte e le onde.
Quante volte anch’io, come Pietro, se guardo al Signore e alla sua forza posso
affrontare qualsiasi tempesta; se guardo invece alle difficoltà, o ai miei
limiti, mi paralizzo. Tuttavia dalla paura nasce un grido: Signore salvami!
Un grido nel buio, nel vento, nel gorgo che risucchia. E dentro il grido c’è
già un abbraccio: ho poca fede, credo e dubito, ma tu aiutami!
Ed è proprio là che il Signore Gesù ci raggiunge, al centro della nostra
debole fede. Ci raggiunge e non punta il dito per accusarci, ma tende la mano
per afferrare la nostra, e tramutare la paura in abbraccio.