AUDIO FILES   I Domenica di Avvento Anno A
( Letture: Isaia 2,1-5; Salmo 121; Romani 13,11-14a; Matteo 24 ,37-44 )
Commento di Ermes Ronchi

È Avvento, il tempo dell’ascolto
(Audio)


Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».


Avvento è il tempo magnifico che sta tra il gemito delle creature e la venuta del Signore, lunga ora tra le doglie e il parto. Tempo per guardare in alto e più lontano, per essere attenti a ciò che sta accadendo. Noi siamo così distratti, che non riusciamo a gustare i giorni e i mille doni. Per questo non siamo felici, perché siamo distratti.

I giorni di Noè: mangiavano e bevevano gli uomini in quei giorni, prendevano moglie e marito.
Ma che facevano di male? Niente, erano solo impegnati a vivere. Ma a vivere senza mistero, in una quotidianità opaca: e non si accorsero di nulla. È possibile vivere così, senza sapere perché, senza accorgersi neppure di chi ti sfiora nella tua casa, di chi ti rivolge la parola; senza accorgersi di cento naufraghi a Lampedusa, di questo pianeta depredato, dei germogli che nascono. Non ci accorgiamo che questa affannosa ricerca di sempre più benessere sta generando un rischio di morte per l’intero pianeta. Un altro diluvio.

Il tempo dell’Avvento è un tempo per svegliarci, per accorgerci .

Il tempo dell’attenzione. Attenzione è rendere profondo ogni momento.

Due uomini saranno nel campo, uno verrà portato via e uno lasciato .
Non è dell’angelo della morte che parla il Vangelo, ma di due modi diversi di vivere nel campo della vita: uno vive in modo adulto, uno infantile; uno vive affacciandosi sull’infinito, uno è chiuso solo dentro la sua pelle; uno è chino solo sul suo piatto, uno è generoso con gli altri di pane e di amore. Tra questi due uno è pronto all’incontro con il Signore, quello che vive attento, l’altro non si accorge di nulla.

Se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro...


Mi ha sempre inquietato l’immagine del Signore che viene di soppiatto come un ladro nella notte. Cerco di capire: Dio non è un ladro di vita, e infatti non è la morte che viene adombrata in questa piccola parabola, ma l’incontro. Il Signore è un ladro ben strano, non ruba niente, dona tutto, viene con le mani piene. Ma l’incontro con Lui è rapinoso, ti obbliga a fare il vuoto in te di cento cose inutili, altrimenti ciò che porta non ci sta. Mette a soqquadro la tua casa, ti cambia la vita, la fa ricca di volti, di luce, di orizzonti.

Io ho qualcosa di prezioso che attira il Signore, come la ricchezza attira il ladro: è la mia persona, il fiume della mia vita che mescola insieme fango e pagliuzze d’oro, questo nulla fragile e glorioso cui però Lui stesso ha donato un cuore.

Vieni pure come un ladro, Signore, prendi quello che è prezioso per te, questo povero cuore. Prendilo, e ridonamelo poi, armato di luce.

 

SOLENNITA' DI CRISTO RE
XXXIV Domenica Tempo Ordinario - Anno C
(Letture: 2 Samuele 5,1-3; Salmo 121; Colossesi 1,12-20; Luca 23 , 35 -43 ).
Commento di Ermes Ronchi

Un Dio che si sacrifica per l’uomo
(
Audio)

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto».

Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».

E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Cristo re dell’universo, proclama la liturgia. Ma dov’è il suo regno, dov’è mai la terra come Lui la sogna, la nuova architettura del mondo e dei rapporti umani? Lui, venuto come se non fosse venuto...Il Vangelo di oggi ci aiuta a delineare alcuni tratti del Regno. Il primo è rivelato dalle parole dei capi del popolo: ha salvato gli altri, salvi se stesso. Riconoscono in Gesù una storia di uomini e donne salvati, guariti, rimessi in piedi, trasfigurati. Riconoscono che Gesù salva altri e non pensa a salvare se stesso. Qui è posta l’immagine nuova di Dio, l’assoluta novità cristiana: un Dio che non chiede sacrifici all’uomo, ma che si sacrifica lui per l’uomo. Che al centro dell’universo non pone se stesso, ma l’uomo salvato e guarito; che come obiettivo della storia non mette la propria gloria o l’adorazione, ma la vita piena dell’uomo.

Regale è davvero questo amore che si inabissa, dimenticandosi, nell’amato.

Il secondo tratto del volto del re è rivelato dalle parole del malfattore appeso alla croce: egli invece non ha fatto nulla di male. Una frase sola, di semplicità sublime: non ha fatto nulla di male. In queste parole è racchiuso il segreto della regalità vera: niente di male, in quell’uomo; innocenza mai vista ancora, nessun seme di odio, il solo che non ha nulla a che fare con la violenza e con l’inganno.

Questo è bastato ad aprirgli il cuore: il ladro intravede in quell’uomo non solo buono, ma esclusivamente buono, un possibile futuro diverso, l’inizio di una umanità nuova. Intuisce che quel cuore pulito è il primo passo di una storia diversa, l’annuncio di un regno di bontà e di perdono, di giustizia e di pace. Ed è in questo regno che domanda di entrare.

Ricordati di me
- prega il ladro morente. Sarai con me risponde l’Amore. Sintesi ultima di tutte le possibili preghiere.

Ricordati
- prega la paura. Ti terrò con me - risponde l’Amore. Solo ricordati e mi basta - prega l’ultimo respiro di vita. Sarai con me, risponde l’immortale. Non solo nel ricordo, ma in un abbraccio forte.

Ecco il nostro Re: uno che ha la forza regale e divina di dimenticare se stesso dentro la paura e la speranza dell’altro; il cuore di chi rivolge le sue ultime parole per gli uomini a un assassino e, in lui, a tutti noi che nascondiamo in fondo all’anima la tentazione o la capacità di una cultura di morte. È lì, nel ladro ucciso, la consacrazione suprema della dignità dell’uomo: nel suo limite più basso l’uomo è sempre e ancora amabile per Dio, basta solo la sincerità del cuore. Non c’è nulla e nessuno di definitivamente perduto, nessuno che non possa sperare, per oggi e per domani.