I Domenica di Avvento - Anno B
Avvento, tempo di attesa e attenzione:
Dio si fa più vicino
Dal
Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 33«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il
momento.
34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la
propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha
ordinato al portiere di vegliare.
35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa
ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino;
36fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi
addormentati.
37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Se tu
squarciassi i cieli e discendessi! (Is 63,19). Il profeta apre l'Avvento come un
maestro del desiderio e dell'attesa; Gesù riempie l'attesa di attenzione.
Attesa e attenzione, i due nomi dell'Avvento, hanno al medesima radice: tendere
a, rivolgere mente e cuore verso qualcosa, che manca e che si fa vicino e
cresce. Sono le madri quelle che conoscono a fondo l'attesa, che la imparano nei
nove mesi che il loro ventre lievita di vita nuova. Attendere è l'infinito del
verbo amare.
Avvento è un tempo di incamminati: tutto si fa più vicino, Dio a noi, noi agli
altri, io a me stesso. In cui si abbreviano distanze: tra cielo e terra, tra
uomo e uomo, e si avviano percorsi.
Nel Vangelo di oggi il padrone se ne va e lascia tutto in mano ai suoi servi, a
ciascuno il suo compito (Marco 13,34). Una costante di molte parabole, dove Gesù
racconta il volto di un Dio che mette il mondo nelle nostre mani, che affida le
sue creature all'intelligenza fedele e alla tenerezza combattiva dell'uomo.
Ma un doppio rischio preme su di noi. Il primo, dice Isaia, è quello del cuore
duro: perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te? (Is 63,17). La
durezza del cuore è la malattia che Gesù teme di più, la "sclerocardìa" che
combatte nei farisei, che intende con tutto se stesso curare e guarire.
Che san Massimo il Confessore converte così «chi ha il cuore dolce sarà
perdonato».
Il secondo rischio è vivere una vita addormentata: che non giunga l'atteso
all'improvviso trovandovi addormentati (Marco 13,36). Il Vangelo ci consegna una
vocazione al risveglio, perché «senza risveglio, non si può sognare» (R.
Benigni).
Rischio quotidiano è una vita dormiente, incapace di cogliere arrivi ed inizi,
albe e sorgenti; di vedere l'esistenza come una madre in attesa, gravida di
luce; una vita distratta e senza attenzione.
Vivere attenti. Ma a che cosa? Attenti alle persone, alle loro parole, ai loro
silenzi, alle domande mute, ad ogni offerta di tenerezza, alla bellezza del loro
essere vite incinte di Dio.
Attenti al mondo, nostro pianeta barbaro e magnifico, alle sue creature più
piccole e indispensabili: l'acqua, l'aria, le piante.
Attenti a ciò che accade nel cuore e nel piccolo spazio di realtà in cui mi
muovo.
Noi siamo argilla nelle tue mani. Tu sei colui che ci dà forma (Isaia 64,7). Il
profeta invita a percepire il calore, il vigore, la carezza delle mani di Dio
che ogni giorno, in una creazione instancabile, ci plasma e ci dà forma; che non
ci butta mai via, se il nostro vaso riesce male, ma ci rimette di nuovo sul
tornio del vasaio. Con una fiducia che io tante volte ho tradito, che Lui ogni
volta ha rilanciato in avanti.