Chi
«mangia e beve Cristo» ha già ora la vita eterna
Dal
Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla: 51«Io sono il pane vivo,
disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io
darò è la mia carne per la vita del mondo». 52Allora i Giudei
si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne
da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi
dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue,
non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il
mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché
la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e
io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io
vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo
è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e
morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Un Vangelo di soli otto versetti, nei quali Gesù per otto volte
ribadisce il tema di fondo: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno. Il brano
può, ad un primo ascolto, risultare ripetitivo e monotono, ma è come una divina
monotonia pacificante e vitale, nello stile tipico di Giovanni: egli formula un
contenuto forte, in termini concisi, poi nei versetti successivi lo riprende,
allargandolo a cerchi concentrici, come quando si getta un sasso nell'acqua
ferma.
Al tema portante del brano, «mangiare la mia carne, bere il mio sangue» Gesù
connette, per otto volte, lo scopo del gesto: «perché viviate», semplicemente
per vivere, per non morire.
È l'incalzante certezza da parte di Gesù di possedere qualcosa che capovolge
l'esistenza, quella che a noi pare scivolare inesorabilmente verso la morte e
che invece scorre verso l'alto, a dilatarsi in Dio, a vivere di Dio.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. "Ha" la vita
eterna, adesso, non "avrà", un giorno. La vita eterna non è una specie di Tfr,
Trattamento di fine rapporto, la liquidazione finale che accumulo con il mio
buon comportamento. La vita eterna è già cominciata, è una vita diversa, vera,
giusta, piena di cose che meritano di non morire. Una vita come quella di Gesù,
buona bella e beata. Il cui nome è libertà, gioia e pienezza.
Il salmo tra le letture ci sorprende, nella Liturgia di domenica, con una
domanda: Vi è qualcuno che desidera la vita, che vuole gustare la vita? Sì, io
voglio vivere! Voglio gustare la vita. C'è qualcuno che vuole lunghi giorni
felici? Sì, io voglio lunghi giorni e che siano felici. Li voglio per me e per i
miei fratelli, anche i più disperati; li voglio per tutti i naufraghi della
vita.
La risposta a questo potente desiderio Gesù la fornisce offrendo la sua carne e
sangue, che indicano e contengono la sua vita intera, la sua vicenda umana, le
sue mani di carpentiere, la sua compassione, i capelli intrisi di nardo, il foro
dei chiodi, le cose che amava e quelle per cui tremava. Gesù non fornisce regole
e divieti da osservare, ma il segreto, la chiave per far fiorire la vita in
tutte le sue forme, e gustarla appieno: vivere come lui ha vissuto.
È questa la sorpresa! Gesù non dice: bevete la mia sapienza, mangiate la mia
santità, il sublime che è in me. Ma: prendete la mia umanità, come lievito della
vostra; prendete i miei occhi, e guardate ogni cosa con la mia combattiva
tenerezza; prendete le mie mani e imparate a rialzare e accarezzare.
Allora mangiare e bere Cristo è un gesto che non si esaurisce nella Messa, ma
inizia con il primo respiro del giorno, continua con il Vangelo che mi abita
pensieri e parole e che mi rende spazioso il cuore.