XXII Domenica Tempo
Ordinario - Anno C
L’amore senza calcoli,
motore di vita Dal vangelo secondo Luca
(Audio)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per
pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti:
«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché
non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui
venga a dirti: "Cèdigli il posto!". Allora dovrai con vergogna
occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo
posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: "Amico, vieni
più avanti!". Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché
chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena,
non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi
vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il
contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi,
zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti
la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
C’è un incrociarsi di sguardi in quella sala che è la metafora della vita:
conquistare i primi posti, competere, illusi che vivere sia vincere, prevalere,
ottenere il proprio appagamento. Gesù propone un’altra logica: Tu vai a
metterti all’ultimo posto. L’ultimo posto non è un castigo, è il posto di
Dio, il posto di Gesù, venuto non per essere servito, ma per servire; è il
posto di chi ama di più, di chi fa spazio agli altri.
Amico, vieni più su, dirà allora l’ospite. A colui che ha scelto di
stare in fondo alla sala è riservato questo nome intenso e dolce: amico. Amico
di Dio e degli altri. L’ha dimostrato con quel gesto che sembra dire ad ognuno
dei commensali: «Tu sei più importante di me, prima vieni tu». E così si fa
amico di Dio, che eternamente altro non fa che considerare ogni uomo più
importante di se stesso. Lo garantisce la Croce di Cristo. Quando offri una cena
non invitare né amici, né fratelli, né parenti, né vicini ricchi: belli
questi quattro gradini del cuore in festa, quattro segmenti del cerchio caldo
degli affetti; non invitarli, perché poi anche loro ti inviteranno e il cerchio
si chiude nell’eterna illusione del pareggio contabile tra dare e avere.
Quando offri una cena invita poveri, storpi, zoppi, ciechi
Ecco di nuovo quattro gradini che ti portano oltre il cerchio della famiglia e
degli affetti, oltre la gratificazione della reciprocità, che aprono finestre
su di un mondo nuovo: dare in perdita, dare per primo, dare senza contraccambio.
Nel Vangelo il verbo «amare» si traduce sempre con il verbo «dare».
E sarai beato perché non hanno da ricambiarti.
In questa piccola frase è contenuto il doppio segreto della felicità: essa ha
sempre a che fare con il dono, non può mai essere solitaria. Doni un po’ di
felicità a qualcuno e subito la riattingi, moltiplicata, dal volto dell’altro.
E sarai beato perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere, come molti,
come forse tutti abbiamo sperimentato.
E sarai beato perché agisci come agisce Dio, come chi impara l’amore senza
calcolo che solo fa ripartire il motore della vita.
Invita i più poveri dei poveri e assicurati che non possano restituirti niente.
Vangelo stravolgente e contromano, che convoca un altro modo di essere uomini,
il coraggio di volare alto, nel cielo di Dio, «il totalmente Altro che viene
affinché la storia diventi totalmente altra da quello che è» (Barth),
affinché la forza giovane del Vangelo sia sempre come una breccia di luce.