L'insegnamento di Gesù:
chi vuol essere primo sia servo di tutti
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli 30attraversavano la
Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava
infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato
nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni
risorgerà». 32Essi però non capivano queste parole e avevano
timore di interrogarlo.
33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che
cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano.
Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi,
chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di
tutti e il servitore di tutti».
36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e,
abbracciandolo, disse loro: 37«Chi accoglie uno solo di questi
bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui
che mi ha mandato».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Il Vangelo ci sorprende con
parole inusuali, ci consegna tre nomi di Gesù che vanno controcorrente: ultimo,
servitore, bambino, così lontani dall'idea di un Dio Onnipotente e Onnisciente
quale l'abbiamo ereditata.
Il contesto. Gesù sta parlando di cose assolute, di vita e di morte, sta
raccontando ai suoi migliori amici che tra poco sarà ucciso, è insieme con il
gruppo dei più fidati, ed ecco che loro non lo ascoltano neppure, si
disinteressano della tragedia che incombe sul loro maestro e amico, tutti presi
soltanto dalla loro competizione, piccoli uomini in carriera: chi è il più
grande tra noi?
Penso alla ferita che deve essersi aperta il lui, alla delusione di Gesù. C'è di
che scoraggiarsi. Tra noi, tra amici, un'indifferenza così sarebbe un'offesa
imperdonabile.
Invece il Maestro del cuore, ed è qualcosa che ci conforta nelle nostre
fragilità, non rimprovera gli apostoli, non li ripudia, non li allontana, e
tanto meno si deprime.
Li mette invece sotto il giudizio di quel limpidissimo e stravolgente pensiero:
chi vuol essere il primo sia l'ultimo e il servo di tutti. Il primato,
l'autorità secondo il Vangelo discende solo dal servizio.
Prese un bambino, lo pose in mezzo, lo abbracciò e disse: chi accoglie uno di
questi bambini accoglie me. È il modo magistrale di Gesù di gestire le
relazioni: non si perde in critiche o giudizi, ma cerca un primo passo
possibile, cerca gesti e parole che sappiano educare ancora. E inventa qualcosa
di inedito: un abbraccio e un bambino.
Tutto il vangelo in un abbraccio, un gesto che profuma d'amore e che apre
un'intera rivelazione: Dio è così.
Al centro della fede un abbraccio. Tenero, caloroso. Al punto da far dire ad un
grande uomo spirituale: Dio è un bacio (Benedetto Calati).
E papa Francesco, a più riprese: «Gesù è il racconto della tenerezza di Dio», un
Dio che mette al centro della scena non se stesso e i suoi diritti, ma la carne
dei piccoli, quelli che non ce la possono fare da soli.
Poi Gesù va oltre, si identifica con loro: chi accoglie un bambino accoglie me.
Accogliere, verbo che genera il mondo come Dio lo sogna.
Il nostro mondo avrà un futuro buono quando l'accoglienza, tema bruciante oggi
su tutti i confini d'Europa, sarà il nome nuovo della civiltà; quando accogliere
o respingere i disperati, che sia alle frontiere o alla porta di casa mia, sarà
considerato accogliere o respingere Dio stesso.
Quando il servizio sarà il nome nuovo della civiltà (il primo si faccia servo di
tutti).
Quando diremo a uno, a uno almeno dei piccoli e dei disperati: ti abbraccio, ti
prendo dentro la mia vita. Allora, stringendolo a te, sentirai che stai
stringendo fra le tue braccia il tuo Signore.