II Domenica Tempo
Ordinario - Anno A
Dio sacrifica se stesso per
l’uomo
(Audio)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, 29Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui,
disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli
è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me,
perché era prima di me". 31Io non lo conoscevo, ma sono
venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». 32Giovanni
testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal
cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio
colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: "Colui sul
quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito
Santo". 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è
il Figlio di Dio».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Ecco l’agnello,
ecco il piccolo animale sacrificato, il sangue sparso, la vittima innocente. Ma
di che cosa è vittima Gesù?
Forse dell’ira di Dio per i nostri peccati, che si placa solo con il sangue
dei sacrifici? Della giustizia di Dio che come risarcimento esige la morte dell’unico
innocente? No, Dio aveva già detto per bocca di Isaia: sono stanco dei tuoi
sacrifici senza numero. Io non bevo il sangue dei tuoi agnelli, io non mangio la
loro carne (cf. Isaia 1, 11).
Appare invece il capovolgimento totale portato da Gesù: in tutte le religioni l’uomo
sacrifica qualcosa per Dio, ora è Dio che sacrifica se stesso per l’uomo. Dio
non esige la vita del peccatore, dà la sua vita anche a coloro che gliela
tolgono. E dal suo costato aperto sulla croce non esce vendetta o rabbia, ma
sangue e acqua, sangue d’amore, acqua di vita, la capacità di amare sempre e
comunque.
Di che cosa è vittima allora l’Agnello di Dio?
Gesù è vittima d’amore. Scrive Origene: «Dio prima ha sofferto, poi
si è incarnato. Ha sofferto perché caritas est passio», la sofferenza di
Dio è figlia della sua passione d’amore; ha sofferto vedendo il male che l’uomo
ha e fa, sentendolo far piaga nel suo cuore; ha sofferto per amore.
Gesù è vittima della violenza.
Ha sfidato e smascherato la violenza, padrona e signora della terra, con l’amore.
E la violenza non ha potuto sopportare l’unico uomo che ne era totalmente
libero. E ha convocato i suoi adepti e ha ucciso l’agnello, il mite, l’uomo
della tenerezza. Gesù è l’ultima vittima della violenza, perché non ci
siano più vittime. Doveva essere l’ultimo ucciso, perché nessuno fosse più
ucciso. Giovanni diceva parole folgoranti: «Ecco la morte di Dio perché non ci
sia più morte», e la nostra mente può solo affacciarsi ai bordi di questo
abisso.
Ecco colui che toglie il peccato; non un verbo al futuro, nell’attesa; non
al passato, come un fatto concluso, ma al presente: ecco colui che
instancabilmente continua a togliere, a raschiare via il mio peccato di adesso.
E come? Con il castigo? No, con il bene. Per vincere la notte incomincia a
soffiare la luce del giorno, per vincere la steppa sterile semina milioni di
semi, per disarmare la vendetta porge l’altra guancia, per vincere la zizzania
del campo si prende cura del buon grano.
Noi siamo inviati per essere breccia di questo amore, braccia aperte donate da
Dio al mondo, piccolo segno che ogni creatura sotto il sole è amata teneramente
dal nostro Dio, agnello mite e forte che dona se stesso.