Dio non chiede sacrifici ma sacrifica se stesso
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo 35Giovanni stava con due dei suoi discepoli
36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco
l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo
parlare così, seguirono Gesù.
38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano,
disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto,
significa maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e
vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con
lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo
avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli
incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia»
– che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo
sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai
chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Un Vangelo che profuma di
libertà, di spazi e cuori aperti. Due discepoli lasciano il vecchio maestro e si
mettono in cammino dietro a un giovane rabbi di cui ignorano tutto, tranne una
definizione folgorante: ecco l'agnello di Dio, ecco l'animale dei sacrifici,
immolato presso gli altari, l'ultimo ucciso perché nessuno sia più ucciso.
In tutte le religioni il sacrificio consiste nell'offrire qualcosa in cambio del
favore divino. Con Gesù questo baratto è capovolto: Dio non chiede più agnelli
in sacrificio, è Lui che si fa agnello, e sacrifica se stesso; non spezza
nessuno, spezza se stesso; non versa il sangue di nessuno, versa il proprio
sangue.
Ecco colui che toglie i peccati del mondo. Il peccato del mondo non è la
cattiveria: l'uomo è fragile, ma non è cattivo; si inganna facilmente, il
peccatore è un ingannato: alle strade che il vangelo propone ne preferisce altre
che crede più plausibili, più intelligenti, o più felici. Togliere il peccato
del mondo è guarire da quel deficit d'amore e di sapienza che fa povera
la vita.
Gesù si voltò e disse loro: che cosa cercate? Le prime parole lungo il fiume
sono del tutto simili alle prime parole del Risorto nel giardino: Donna, chi
cerchi? Due domande in cui troviamo la definizione stessa dell'uomo: un essere
di ricerca, con un punto di domanda piantato in fondo al cuore. Ed è attraverso
le domande del cuore che Dio ci educa alla fede: «trova la chiave del cuore.
Questa chiave, lo vedrai, apre anche la porta del Regno» (Giovanni Crisostomo).
Infatti la prima cosa che Gesù chiede ai primi discepoli non è obbedienza o
adesione, osservanza di regole o nuove formule di preghiera. Ciò che lui domanda
è un viaggio verso il luogo del cuore, rientrare al centro di se stessi,
incontrare il desiderio che abita le profondità della vita: che cosa cercate?
Gesù, maestro del desiderio, fa capire che a noi manca qualcosa, che una assenza
brucia: che cosa ti manca? Manca salute, gioia, denaro, tempo per vivere, amore,
senso della vita? Qualcosa manca, ed è per questo vuoto da colmare che ogni
figlio prodigo si rimette in cammino verso casa. L'assenza è diventata la nostra
energia vitale: «vi auguro la gioia impenitente di avere amato quelle assenze
che ci fanno vivere» (Rilke).
Il Maestro del desiderio insegna desideri più alti delle cose. Tutto intorno a
noi grida: accontentati. Invece il vangelo, sempre controcorrente, ripete: Beati
gli affamati, beati voi quando vi sentite insoddisfatti: diverrete cercatori di
tesori, mercanti di perle. Gesù conduce i suoi dal superfluo all'essenziale. E
le cose essenziali sono così poche, ad esse si arriva solo attraverso la chiave
del cuore.