II Domenica Tempo
Ordinario - Anno C
Nella festa di nozze il principe dei segni, il capostipite
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre
di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E
Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».
Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei,
contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro:
«Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di
nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi
gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto
– il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano
preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il
vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu
invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli
manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
L'intero Israele risuonava del lamento di schiavi
e lebbrosi, e Gesù sembra ignorarli e inizia il suo ministero ma da una festa di
nozze. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino.
Sembra indifferenza davanti al dolore dei poveri, la scelta di qualcosa di
secondario di fronte al dramma del mondo, eppure il vangelo chiama questo il
"principe dei segni", il capostipite di tutti.
Gesù vuole trasmettere a Cana il principio decisivo della relazione che unisce
Dio e l'umanità. Tra uomo e Dio corre un rapporto nuziale, con tutta la sua
tavolozza di emozioni forti e buone: amore, festa, dono, eccesso, gioia. Un
legame sponsale, non un rapporto giudiziario o penitenziale, lega Dio e noi, un
vino di festa.
A Cana Gesù partecipando a una festa di nozze proclama il suo atto di fede
nell'amore umano. Lui crede nell'amore, lo benedice, lo rilancia con il suo
primo prodigio, lo collega a Dio. Perché l'amore è il primo segnale indicatore
da seguire sulle strade del mondo, un evento sempre decretato dal cielo.
Gesù prende l'amore umano e lo fa simbolo e messaggio del nostro rapporto con
Dio. Anche credere in Dio è una festa, anche l'incontro con Dio genera vita,
porta fioriture di coraggio, una primavera ripetuta.
A lungo abbiamo pensato che Dio fosse amico del sacrificio e della gravità, e
così abbiamo ricoperto il vangelo con un velo di tristezza. Invece no, a Cana ci
sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura.
«Dobbiamo amare e trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci
dà. Trovarlo e ringraziarlo nella nostra felicità terrena» (Bonhoeffer).
Ma ecco che «viene a mancare il vino». Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo
dell'amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minacciato.
Non hanno più vino, esperienza che tutti abbiamo fatto, quando stanchezza e
ripetizione prendono il sopravvento. Quando ci assalgono mille dubbi, quando gli
amori sono senza gioia, le case senza festa, la fede senza passione.
Ma c'è il punto di svolta del racconto. Maria, la donna attenta a ciò che accade
nel suo spazio vitale, sapiente della sapienza del Magnificat (sa che Dio ha
sazia gli affamati di vita) indica la strada: «Qualunque cosa vi dica, fatela».
Fate ciò che dice, fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne.
E si riempiranno le anfore vuote del cuore.
Fate il vangelo, e si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice.
Più vangelo è uguale a più vita. Più Dio equivale a più io. Viene come un di più
sorprendente, come vino immeritato e senza misura, un seme di luce. Ho tanta
fiducia in Lui, perché non dei miei meriti tiene conto, ma solo del mio bisogno.