Dal
Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù [nel tempio] 38diceva alla folla nel suo
insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti,
ricevere saluti nelle piazze, 39avere i primi seggi nelle
sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40Divorano le case
delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna
più severa».
41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi
gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta
una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In
verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di
tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro
superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva,
tutto quanto aveva per vivere».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Il Vangelo mette a confronto
due magisteri: quello degli scribi, teologi e giuristi importanti, e quello di
una vedova povera e sola; ci porta alla scuola di una donna senza più difese e
la fa maestra di vita.
Gli scribi sono identificati per tre comportamenti: per come appaiono
(passeggiano in lunghe vesti) per la ricerca dei primi posti nella vita sociale,
per l'avidità con cui acquisiscono beni: divorano le case delle vedove,
insaziabili e spietati. Tre azioni descritte con i verbi che Gesù rifiuta:
apparire, salire e comandare, avere. Sintomi di una malattia devastante,
inguaribile, quella del narcisismo. Sono di fatto gli inconvertibili: Narciso è
più lontano da Dio di Caino.
Gesù contrappone un Vangelo di verbi alternativi: essere, discendere, servire e
donare. Lo fa portandoci in un luogo che è quanto di più estraneo al suo
messaggio si possa immaginare: in faccia al tesoro del tempio; e lì, seduto come
un maestro, osserva come la gente getta denaro nel tesoro: “come” non “quanto”.
Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.
I ricchi gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due
monetine. Due spiccioli, un niente, ma pieno di cuore. Gesù se n'è accorto,
unico; chiama a sé i discepoli, li convoca, erano con la testa altrove, e offre
la sua lettura spiazzante e liberante: questa vedova ha gettato nel tesoro più
di tutti gli altri.
Gesù non bada alla quantità di denaro. Anzi afferma che l'evidenza della
quantità è solo illusione. Conta quanto peso di vita c'è dentro, quanto cuore,
quanto di lacrime, di speranza, di fede è dentro due spiccioli.
L'uomo per star bene deve dare. È la legge della vita, siamo progettati così.
Questa capacità di dare, e dare come un povero non come un ricco, ha in sé
qualcosa di divino! Tutto ciò che è fatto con tutto il cuore ci avvicina
all'assoluto di Dio.
Il verbo salvifico che Gesù propone in contrapposizione al “divorare” degli
scribi, è “gettare”, ripetuto sette volte nel brano, un dare generoso e senza
ritorno.
Lo sa bene la vedova, l'emblema della mancanza. La sua mano getta, dona con
gesto largo, sicuro, generoso, convinto, anche se ciò che ha da donare è
pochissimo. Ma non è la quantità che conta, conta sempre il cuore, conta
l'investimento di vita. La fede della vedova è viva e la fa vivere. Non le dà
privilegi né le riempie la borsa, ma le allarga il cuore e le dà la gioia di
sentirsi figlia di Dio, così sicura dell'amore del Padre da donare tutto il poco
che ha.
Questa donna, che convive col vuoto e ne conosce l'angoscia, è fiduciosa come
gli uccelli del cielo, come i gigli del campo. E il Vangelo torna a trasmettere
il suo respiro di liberazione.