Un regno che libera, un re che si fa servitore
Dal
Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, 33bPilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei
Giudei?».
34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno
parlato di me?».
35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei
sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio
regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non
fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù:
«Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel
mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la
mia voce».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Due re, uno di fronte
all'altro. Pilato, la massima autorità civile e militare in Israele, il cui
potere supremo è di infliggere la morte; Gesù che invece ha il potere, materno e
creatore, di dare la vita in pienezza.
Chi dei due è più libero, chi è più uomo? Pilato, circondato dalle sue legioni,
prigioniero delle sue paure, oppure Gesù, un re disarmato che la verità ha fatto
libero; che non ha paura, non fa paura, libera dalla paura, che insegna a
dipendere solo da ciò che ami?
Mi commuove ogni volta il coraggio di Gesù, la sua statura interiore, non lo
vedi mai servile o impaurito, neppure davanti a Pilato, è se stesso fino in
fondo, libero perché vero.
Dunque tu sei re? Pilato cerca di capire chi ha davanti, quel Galileo che parla
e agisce in modo da non lasciare indifferente nessuno. La riposta: Sì, ma il mio
regno non è di questo mondo. Forse riguarda un domani, un al di là? Ma allora
perché pregare "venga il tuo regno", venga nelle case e nelle strade, venga
presto?
I regni della terra, si combattono, il potere di quaggiù ha l'anima della
guerra, si nutre di violenza. Gesù invece non ha mai assoldato mercenari, non ha
mai arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da
prigioniero. «Metti via la spada» ha detto a Pietro, altrimenti la ragione sarà
sempre del più forte, del più violento, del più crudele, del più armato. Il suo
regno è differente non perché si disinteressa della storia, ma perché entra
nella storia perché la storia diventi tutt'altra da quello che è.
I servi dei re combattono per loro. Nel suo regno accade l'inverso, il re si fa
servitore: non sono venuto per essere servito, ma per servire. Non spezza
nessuno, spezza se stesso; non versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue;
non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso per i suoi servi.
«Il suo regno non è di questo mondo, ed è per questo che può essere in questo
mondo, e può riprenderne le minime cose senza sciuparle, può riprendere ciò che
è rotto e farne un canale» (Fabrice Hadjadj).
Pilato non può capire, prende l'affermazione di Gesù: io sono re, e ne fa il
titolo della condanna, l'iscrizione derisoria da inchiodare sulla croce: questo
è il re dei giudei. Voleva deriderlo e invece è stato profeta: il re è visibile
là, sulla croce, con le braccia aperte, dove dona tutto di sé e non prende
niente. Dove muore ostinatamente amando. E Dio lo farà risorgere, perché quel
corpo spezzato diventi canale per noi, e niente di quell'amore vada perduto.
Pilato poi si affaccia con Gesù al balcone della piazza, al balcone
dell'universo, lo presenta all'umanità: ecco l'uomo! E intende dire: ecco
il volto alto e puro dell'uomo.