III Domenica di Avvento - Anno B
E noi chi siamo? Solo voce di un Dio innamorato
Dal Vangelo secondo Giovanni
6Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui. 8Non era lui la
luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 19Questa è la
testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme
sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli
confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora
gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il
profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei?
Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici
di te stesso?». 23Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel
deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi
lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il
Cristo, né Elia, né il profeta?».
26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a
voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di
me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove
Giovanni stava battezzando.
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Venne
Giovanni mandato da Dio, venne come testimone, per rendere testimonianza alla
luce. Non al dominio, alla giustizia, al trionfo di Dio, il profeta rende
testimonianza all'umiltà e alla pazienza della luce.
Ognuno di noi è «uomo mandato da Dio», piccolo profeta inviato nella sua casa,
ciascuno pur con il suo cuore d'ombra è in grado di lasciarsi irradiare, di
accumulare, di stivare dentro di sé la luce, per poi vedere la realtà «in altra
luce» (M. Zambrano). Ognuno testimone non tanto dei comandi, o dei castighi, o
del giudizio di Dio, ma della luce del Dio liberatore, che fascia le piaghe dei
cuori feriti, che va in cerca di tutti i prigionieri per tirarli fuori dalle
loro carceri e rimetterli nel sole.
Giovanni è testimone non tanto della verità, quanto della luce della verità:
perché se il vero e il buono non sono anche belli e non emanano fascino e
calore, non muovono il cuore e non lo seducono.
Infatti il Precursore prepara la strada a Uno che «è venuto e ha fatto
risplendere la vita» (2 Timoteo 1,10), è venuto ed ha immesso splendore e
bellezza nell'esistenza. Come un sole tanto a lungo atteso, è venuto un Dio
luminoso e innamorato in mezzo a noi, guaritore del freddo, ha lavato via gli
angoli oscuri del cuore. Dopo di lui è più bello vivere.
Ed è la positività del Vangelo che fiorisce e invade gli occhi del cuore. E «mi
copre col suo manto», dice Isaia, e farà germogliare una primavera di giustizia,
una primavera che credevamo impossibile. Mi abbandono, allora, nelle sue mani,
come il profeta, come cuore ferito, ma anche come diadema; mi abbandono nelle
sue mani come vaso spezzato che egli sanerà, e come gioiello; come schiavo e
come corona, testimone di una religione solare e felice.
Giovanni afferma che il mondo si regge su un principio di luce e non sulla
prevalenza del male, che vale molto di più accendere la nostra lampada nella
notte che imprecare e denunciare il buio.
Per tre volte gli domandano: Tu, chi sei? Domanda decisiva anche per me. Io non
sono l'uomo prestigioso che vorrei essere né l'insignificante che temo di
essere; non sono ciò che gli altri credono di me, né santo, né solo peccatore;
non sono il mio ruolo, non sono ciò che appaio.
Io sono voce. Abitata e attraversata da parole più alte di me, strumento di
qualcosa che viene da prima di me, che sarà dopo di me. Io sono voce. Solo Dio è
la Parola. Il mio segreto è in sorgenti d'acqua viva che non mi appartengono,
che non verranno mai meno, alle quali potrò sempre attingere. Io sono voce
quando sono profeta, quando trasmetto parole lucenti e parlo del sole, gridando
nel deserto di queste città, come Giovanni, o sussurrando al cuore ferito, come
Isaia.