Dal
Vangelo secondo Luca
In quel tempo 1si presentarono alcuni a riferire a Gesù il
fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a
quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse
loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per
aver subito tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi
convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle
diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che
fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No,
io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
6Diceva
anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua
vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora
disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su
quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il
terreno?”.
8Ma
quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò
zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà
frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Parola
del Signore
Lode a
te o Cristo
Che colpa avevano
quei diciotto uccisi dalla della torre di Siloe? E i tremila delle Torri
gemelle? E i siriani, le vittime e i malati, sono forse più peccatori degli
altri? La risposta di Gesù è netta: smettila di immaginare l'esistenza come
un'aula di tribunale. Non c'è rapporto alcuno tra colpa e disgrazia, tra peccato
e malattia. La mano di Dio non semina morte, non spreca la sua potenza in
castighi.
Ma se non vi convertirete, perirete tutti. È tutta una società che si deve
salvare. Non serve fare la conta dei buoni e dei cattivi, bisogna riconoscere
che è tutto un mondo che non va, se la convivenza non si edifica su altre
fondamenta, e non la disonestà eretta a sistema, la violenza del più forte, la
prepotenza del più ricco.
Mai come oggi capiamo che tutto nel mondo è in stretta connessione: se ci sono
milioni di poveri senza dignità né istruzione, sarà tutto il mondo ad essere
privato del loro contributo, della loro intelligenza; se la natura è sofferente,
soffre e muore anche l'uomo.
Su tutti scende l'appello accorato e totale di Gesù: Amatevi, altrimenti vi
distruggerete. Il Vangelo è tutto qui. Senza questo non ci sarà futuro. Alla
serietà di queste parole fa da contrappunto la fiducia nel futuro nella parabola
del fico: da tre anni il padrone attende invano dei frutti, e allora farà
tagliare l'albero. Invece il contadino sapiente, che è un “futuro di cuore”,
dice: «Ancora un anno di lavoro e gusteremo il frutto». Dio è così: ancora un
anno, ancora un giorno, ancora sole pioggia cure perché quest'albero è buono;
quest'albero, che sono io, darà frutto.
Dio contadino, chino su di me, su questo mio piccolo campo, in cui ha seminato
così tanto per tirar su così poco. Eppure lascia un altro anno ai miei tre anni
di inutilità; e invia germi vitali, sole, pioggia, fiducia. Per lui il frutto
possibile domani conta più della mia inutilità di oggi.
«Vedremo, forse l'anno prossimo porterà frutto». In questo forse c'è il miracolo
della fede di Dio in noi. Lui crede in me prima ancora che io dica sì. Il tempo
di Dio è l'anticipo, il suo è amore preveniente, la sua misericordia anticipa il
pentimento, la pecora perduta è trovata e raccolta mentre è ancora lontana e non
sta tornando, il padre abbraccia il figlio prodigo e lo perdona prima ancora che
apra bocca.
Dio ama per primo, ama in perdita, ama senza condizioni. Amore che conforta e
incalza: «Ti ama davvero chi ti obbliga a diventare il meglio di ciò che puoi
diventare» (R. M. Rilke). La sua fiducia verso di me è come una vela che mi
sospinge in avanti, verso la profezia di un'estate felice di frutti: se ritarda
attendila, perché ciò che tarda di certo verrà (Ab. 2,3).