Il «primato» della benedizione. E del ringraziamento
Dal
Vangelo secondo Luca
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la
regione montuosa, in una città di Giuda.
40Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta.
41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò
nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed
esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo
grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga
da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi,
il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata
colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Un Vangelo di gioia e di donne. Santa Maria,
gravida di Dio, incinta di luce, va in fretta, pesante di vita nuova e leggera
di libertà, sui monti di Giuda.
Origene di Alessandria (III sec.) afferma che l'immagine più vivida e bella del
cristiano è quella di una donna incinta, che porta in sé una nuova vita. E non
occorre che parli, è evidente a tutti ciò che accade: è viva di due vite,
battono in lei due cuori. E non li puoi separare.
Il cristiano passa nel mondo gravido di Dio, "ferens Verbum" (Origene) portando
un'altra vita dentro la sua vita, imparando a respirare con il respiro di Dio, a
sentire con i sentimenti di Cristo, come se avesse due cuori, il suo e uno dal
battito più forte, che non si spegnerà più. Ancora adesso Dio cerca madri, per
incarnarsi.
Nell'incontro di Maria con Elisabetta, Dio viene mediato da persone, convocato
dai loro abbracci e dai loro affetti, come se fosse, e lo è, un nostro
familiare. Non c'è infinito quaggiù lontano dalle relazioni umane.
In questa che è l'unica scena del Vangelo dove protagoniste sono solo donne, è
inscritta l'arte del dialogo.
Il primo passo: Maria, entrata nella casa, salutò Elisabetta. Entrare, varcare
soglie, fare passi per andare incontro alle persone. Non restarsene al di fuori,
ad aspettare che qualcosa accada ma diventare protagonisti, avvicinarsi,
bussare, ricucire gli strappi e gli allontanamenti. E salutare tutti per via,
subito, senza incertezze, per primi, facendo viaggiare parole di pace tra le
persone. Bella l'etimologia di "salutare": contiene, almeno in germe, una
promessa di salute per le relazioni, di salvezza negli incontri.
Il secondo passo: benedire. Elisabetta...esclamò: Benedetta tu fra le donne. Se
ogni prima parola tra noi fosse come il saluto di chi arriva da lontano, pesante
di vita, nostalgia, speranze; e la seconda fosse come quella di Elisabetta, che
porta il "primato della benedizione". Dire a qualcuno "sei benedetto" significa
portare una benedizione dal cielo, salutare Dio in lui, vederlo all'opera,
vedere il bene, la luce, il grano che germoglia, con uno sguardo di stupore,
senza rivalità, senza invidia. Se non impariamo a benedire, a dire bene, non
saremo mai felici.
Il terzo passo allarga orizzonti: allora Maria disse: l'anima mia magnifica il
Signore. Il dialogo con il cielo si apre con il "primato del ringraziamento".
Per prima cosa Maria ringrazia: è grata perché amata. L'amore quando accade ha
sempre il senso del miracolo: ha sentito Dio venire come un fremito nel grembo,
come un abbraccio con l'anziana, come la danza di gioia di un bimbo di sei mesi,
e canta.
A Natale, anche noi come lei, grati perché amati, perché visitati dal miracolo.