Il buon pastore ci chiama per nome
(Audio)
Il buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome.
Non l’anonimato del gregge, ma nella sua bocca il mio nome proprio, il nome
dell’affetto, dell’unicità, dell’intimità, pronunciato come nessun altro sa
fare. Sa che il mio nome è « creatura che ha bisogno ». Ad esso lui sa e
vuole rispondere.
E le conduce fuori. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma
degli spazi aperti, pastore di libertà e di fiducia. E cammina davanti ad
esse. Non un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini e
inventa strade, è davanti e non alle spalle. Non un pastore che pungola,
incalza, rimprovera per farsi seguire ma uno che precede, e seduce con il suo
andare, affascina con il suo esempio: pastore di futuro.
Io sono la porta, Cristo è passaggio, apertura, porta spalancata che si
apre sulla terra dell’amore leale, più forte della morte ( chi entra
attraverso di me si troverà in salvo); più forte di tutte le prigioni (
potrà entrare e uscire), dove si placa tutta la fame e la sete della storia
( troverà pascolo).
E poi la conclusione: Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza .
Non solo la vita necessaria, non solo la vita indispensabile, non solo
quel respiro, quel minimo senza il quale la vita non è vita, ma la vita
esuberante, magnifica, eccessiva, vita che dirompe gli argini e sconfina, uno
scialo di vita. Così è nella Bibbia: manna non per un giorno ma per quarant’anni
nel deserto, pane per cinquemila persone, carezza per i bambini, pelle di
primavera per dieci lebbrosi, pietra rotolata via per Lazzaro, cento fratelli
per chi ha lasciato la casa, perdono per settanta volte sette, vaso di nardo per
300 denari sui piedi di Gesù In una piccola parola è sintetizzato ciò che oppone
Gesù, il pastore vero, a tutti gli altri, ciò che rende incompatibili il pastore
e il ladro. La parola immensa e breve è «vita». Cuore del Vangelo. Parola
indimenticabile. Vocazione di Dio e vocazione dell’uomo.
« Non ci interessa un divino che non faccia anche fiorire l’umano. Un
Dio cui non corrisponda il rigoglio dell’umano non merita che ad esso ci
dedichiamo » (Bonhoeffer).
Pienezza dell’umano è il divino in noi, diventare figli di Dio: i
quali non da sangue, non da carne, ma da Dio sono nati (cfr. Gv 1,
13). Diventare consapevoli di ciò che già siamo, figli, e non c’è parola che
abbia più vita dentro; realizzarlo in pienezza.
E questo significa diventare anch’io pastore di vita per il piccolo, per
il pur minimo gregge (la mia famiglia, la mia comunità, gli amici, cento persone
con nome e volto) che Lui ha affidato alle mie cure. Vocazione di Cristo e
dell’uomo è di essere nella vita datori di vita.