Gesù, pastore che seduce col suo esempio
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: 1«In verità, in verità io vi dico:
chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra
parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla
porta, è pastore delle pecore.
3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli
chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori.
4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti
a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.
5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da
lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di
che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi
dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono
venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.
9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà
salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e
distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Il buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Io sono un chiamato,
con il mio nome unico pronunciato da lui come nessun altro sa fare, con il mio
nome al sicuro nella sua bocca, tutta la mia persona al sicuro con lui. E le
conduce fuori. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma degli spazi aperti,
di liberi pascoli
E cammina davanti ad esse. Non un pastore di retroguardie, ma una guida che apre
cammini e inventa strade, è davanti e non alle spalle. Non pastore che
rimprovera e ammonisce per farsi seguire, ma uno che precede e seduce con il suo
andare, che affascina con il suo esempio: pastore di futuro.
E troveranno pascolo: Gesù promette a chi va con lui un di più di vita, un
centuplo di fratelli e case e campi. Promette di far fiorire la vita.
Io sono la porta. Cristo è soglia spalancata che immette nella terra dell'amore
leale, più forte della morte (chi entra attraverso di me si troverà in salvo);
più forte di tutte le prigioni (potrà entrare e uscire).
Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. Per me, una delle
frasi più solari del Vangelo; è la frase della mia fede, quella che mi rigenera
ogni volta che l'ascolto: sono venuto perché abbiate la vita piena, abbondante,
gioiosa. Non solo la vita necessaria, non solo quel minimo senza il quale la
vita non è vita, ma la vita esuberante, magnifica, eccessiva; vita che rompe gli
argini e tracima e feconda, uno scialo di vita, che profuma di amore, di libertà
e di coraggio.
Così è Dio: manna non per un giorno ma per quarant'anni nel deserto, pane per
cinquemila persone, pelle di primavera per dieci lebbrosi, pietra rotolata via
per Lazzaro, cento fratelli per chi ha lasciato la casa, perdono per settanta
volte sette, vaso di nardo per 300 denari.
In una sola piccola parola è sintetizzato ciò che oppone Gesù a tutti gli altri,
ciò che rende incompatibili il pastore e il ladro. La parola immensa e breve è
«vita». Parola che pulsa sotto tutte le parole sacre, cuore del Vangelo, parola
indimenticabile. Cristo non è venuto a pretendere ma ad offrire, non chiede
niente, dona tutto. Vocazione di Gesù, e di ogni uomo, è di essere nella vita
datore di vita.
«Gesù non è venuto a portare una teoria religiosa, un sistema di pensiero. Ci ha
comunicato vita ed ha creato in noi l'anelito verso più grande vita» (G.
Vannucci).
Allora urge cambiare il riferimento di fondo della nostra fede: non è il peccato
dell'uomo il movente della storia di Dio con noi, ma l'offerta di più vita.
L'asse attorno al quale ruota, danza il Vangelo è la pienezza di vita, da parte
di un Dio che un verso bellissimo di Centore canta così: «Tu sei per me ciò ch'è
la primavera per i fiori!».