Commento di Ermes Ronchi
Non si può uccidere la
profezia
(Audio)
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si
è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». 22Tutti
gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che
uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo
proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao,
fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In
verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi,
in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando
il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto
il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una
vedova a Sarèpta di Sidòne. 27C’erano molti lebbrosi in
Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non
Naamàn, il Siro». 28All’udire queste cose, tutti nella
sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città
e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città,
per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise
in cammino.
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Gesù ha presentato il suo programma per un mondo senza più
disperati, poveri, ciechi, oppressi, la sua strada per la pienezza dell'umano, e
tutti nella sinagoga di Nazaret capiscono di aver ascoltato parole nuove, che
fanno bene, parole di grazia! Ma l'entusiasmo passa in fretta, i
compaesani hanno già catalogato Gesù, non è costui il figlio di Giuseppe?
L'hanno chiuso nelle loro categorie, e non si aprono alla sorpresa.
Ma la vita si spegne quando muoiono le attese. È ciò che accade nelle famiglie,
tra gli sposi, tra genitori e figli, tra amici. L'abitudine spegne il mistero e
la sorpresa, e l'altro invece di essere una finestra di cielo, una benedizione
che cammina, è solo il figlio di Giuseppe, o il falegname, l'idraulico,
il postino, la maestra... Dico di conoscerlo, ma cosa so del mistero di quella
persona? Per che cosa batte il suo cuore, cosa lo fa soffrire, cosa lo fa
felice, per quali persone spera e trema?...
E poi, ancora più importante, so lasciarmi sfiorare almeno dal pensiero enorme
che quella persona che conosco così bene ha in se un pezzetto di Dio, una
profezia? C'è profezia nel quotidiano, profezia di casa mia, che come gli
abitanti di Nazaret non riusciamo a vedere: «Quanto abbiamo udito che accadde a
Cafàrnao, fallo anche qui!». Non ci bastano belle parole. E Gesù risponde
raccontando un Dio che protegge la vedova straniera di Sarepta, che guarisce il
lebbroso di Siria, un generale nemico. Che non ha patria se non il mondo, che
non ha casa se non il dolore dell'uomo.
Dice ai suoi compaesani: voi non cercate Dio, ma solo i suoi vantaggi.
Adorano un Dio sbagliato e la loro fede sbagliata genera il più sbagliato degli
istinti: un istinto di morte. Vogliono uccidere Gesù, ma lui passa in mezzo a
loro e si mette in cammino. Un finale a sorpresa. Anche nelle situazioni
senza uscita, sul ciglio del monte con una folla che urla, accade qualcosa di
incongruo, come sempre negli interventi di Dio, un punto bianco, un improvviso
vuoto, un "ma": ma egli passando in mezzo a loro si mise in cammino. Non
fugge, non si nasconde, non si arrende, ma passa in mezzo a loro, a portata di
quella furia, attraversa la violenza e si rimette in cammino dietro al suo
ideale. Per una Nazaret che si chiude cento altri villaggi gli apriranno le
porte.
Perché si può ostacolare la profezia, ma non ucciderla. La sua vitalità è
incontenibile perché viene da Dio.
Anche la nostra Chiesa e il nostro Paese oggi traboccano di mistici, profeti,
sognatori, coraggiosi. Quello che manca sono gli ascoltatori. Manchiamo noi che
non sappiamo vedere l'infinito all'angolo della strada, il mistero rannicchiato
sulla soglia della nostra casa.