Noi tralci, Lui la vite: siamo della stessa pianta di Cristo
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 1«Io sono la vite
vera e il Padre mio è l’agricoltore.
2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni
tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho
annunciato.
4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare
frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete
in me.
5Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete
far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il
tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete
quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il
Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Io sono la vite,
quella vera. Cristo vite, io tralcio: io e lui la stessa cosa! Stessa pianta,
stessa vita, unica radice, una sola linfa. Lui in me e io in lui, come figlio
nella madre.
E il mio padre è il vignaiolo: Dio raccontato con le parole semplici della vita
e del lavoro. Un Dio che mi lavora, si dà da fare attorno a me, non impugna lo
scettro ma le cesoie, non siede sul trono ma sul muretto della mia vigna. Per
farmi portare sempre più frutto.
E poi una novità assoluta: mentre nei profeti e nei salmi del Primo Testamento,
Dio era descritto come il padrone della vigna, contadino operoso, vendemmiatore
attento, tutt'altra cosa rispetto alle viti, ora Gesù afferma qualcosa di
rivoluzionario: Io sono la vite, voi siete i tralci. Facciamo parte della stessa
pianta, come le scintille nel fuoco, come una goccia nell'acqua, come il respiro
nell'aria.
Con l'Incarnazione di Gesù, Dio che si innesta nell'umanità e in me, è accaduta
una cosa straordinaria: il vignaiolo si è fatto vite, il seminatore seme, il
vasaio si è fatto argilla, il Creatore creatura.
La vite-Gesù spinge la linfa in tutti i miei tralci e fa circolare forza divina
per ogni mia fibra. Succhio da lui vita dolcissima e forte.
Dio che mi sei intimo, che mi scorri dentro, tu mi vuoi sempre più vivo e più
fecondo di gesti d'amore... Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta?
Perché mai vorrebbe desiderare la morte?
Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. Potare la vite
non significa amputare, inviare mali o sofferenze, bensì dare forza, qualsiasi
contadino lo sa: la potatura è un dono per la pianta. Questo vuole per me il Dio
vignaiolo: «Portare frutto è simbolo del possedere la vita divina» (Brown). Dio
opera per l'incremento, per l'intensificazione di tutto ciò che di più bello e
promettente abita in noi.
Tra il ceppo e i tralci della vite, la comunione è data dalla linfa che sale e
si diffonde fino all'ultima gemma. Noi portiamo un tesoro nei nostri vasi
d'argilla, un tesoro divino: c'è un amore che sale lungo i ceppi di tutte le
vigne, di tutte le esistenze, un amore che sale in me e irrora ogni fibra. E
l'ho percepito tante volte nelle stagioni del mio inverno, nei giorni del mio
scontento; l'ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire
famiglie che sembravano distrutte. E perfino le mie spine ha fatto rifiorire.
Se noi sapessimo quale energia c'è nella creatura umana! Abbiamo dentro una vita
che viene da prima di noi e va oltre noi. Viene da Dio, radice del vivere, che
ripete a ogni piccolo tralcio: Ho bisogno di te per grappoli profumati e dolci;
di te per una vendemmia di sole e di miele.