V Domenica di Quaresima Anno C
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si
recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si
mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la
posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in
flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne
come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per
avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché
insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza
peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo,
scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando
dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le
disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose:
«Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora
in poi non peccare più».
Una donna trascinata lì a forza, nell’angoscia di morire, e
Gesù ne prende subito le difese, senza neppure chiedere se è pentita. Sta
rischiando la morte, e tanto basta, perché legge suprema di Dio è che l’uomo
viva. Scrive il grande teologo Johann Baptist Metz: « il primo sguardo di Gesù
non va mai sul peccato delle persone, ma sempre sulla sofferenza ».
Gesù scriveva, lo sguardo fisso a terra. Evita perfino di guardarci in
faccia quando ci lasciamo prendere dai nostri furori di accusare e di farci
giustizia; evita perfino di incrociare il nostro sguardo, se ha come intenzione
la morte.
Chi è senza peccato scagli per primo la pietra. Se ne andarono tutti,
cominciando dai più vecchi.
Gesù rimane solo con la donna, là in mezzo. È calato il silenzio. Loro
due soli, e Gesù si alza. Un gesto bellissimo: si alza davanti alla donna
peccatrice, come ci si alza davanti alla persona attesa e importante, con tutto
il rispetto che so dare. Poche scene del Vangelo ispirano tanta consolazione
come questa: Gesù si alza, si avvicina, le parla. Nessuno le aveva parlato. Lui
la chiama donna, con il nome che ha usato per sua madre a Cana, che userà sul
calvario. Non è più la peccatrice, è donna di nuovo.
Dove sono? Quelli che sanno solo lapidare e seppellire di pietre, dove
sono? Non qui devono stare. Quelli che sanno solo vedere peccati intorno a sé,
e non dentro di sé, dove sono? Gesù vuole che scompaiano gli accusatori, come
dal suo campo visivo, così devono scomparire dal cerchio dei suoi amici, dai
cortili dei templi, dalle navate delle chiese.
Va’ e d’ora in poi non peccare più. Risuonano le sei parole che nel
Vangelo bastano a cambiare una vita. Qualunque cosa quella donna abbia fatto,
non rimane più nulla, cancellato, azzerato: «Tu sei più grande dei tuoi
peccati, sei la tua capacità di amare ancora, di amare bene». Gesù le ridona
l’innocenza delle origini, la possibilità di essere fedele domani e
dopodomani.
Un perdono così facile e immediato non è rischioso? Gesù non è
rivolto al passato di una persona, ma al suo futuro; non solo è buono e
misericordioso e non tiene conto, ma c’è di più: ha fiducia in noi, vede noi
oltre noi. Mi perdona per un atto di fede in me: nel mio inverno vede primavere
che sbocciano. Perdona perché per lui il bene di domani conta più del male di
oggi.
Signore, concedimi la gioia di vederti mentre ti alzi e ti fai vicino, e
l’umiltà di lasciare cadere di mano tutti i sassi. E, ti prometto, non
lancerò mai più pietre. Contro nessuno.