Chiamati a lasciarci amare da Dio
(Audio)
Dal Vangelo
secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: 23«Se uno mi
ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva
le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha
mandato. 25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso
di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre
manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io
vi ho detto. 27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come
la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia
timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da
voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più
grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché,
quando avverrà, voi crediate».
Parola del
Signore
Lode a te o Cristo.
Se uno mi ama,
osserverà la mia parola. Affermazione così importante da essere ribadita
subito al negativo: chi non mi ama non osserva le mie parole, non riesce,
non ce la può fare, non da solo.
Una limpida constatazione: solo se ami il Signore, allora e solo allora la sua
Parola, il tuo desiderio e la tua volontà cominciano a coincidere. Come si fa ad
amare il Signore Gesù? L'amore verso di lui è un'emozione, un gesto,
molti gesti di carità, molte preghiere o sacrifici? No. Amare comincia con una
resa, con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si accoglie.
Io sono un campo dove circola vento, cade pioggia di vita, scoccano dardi di
sole. «Capisco che non posso fare affidamento sui pochi centesimi di amore che
soli mi appartengono, non bastano per quasi nulla. Nei momenti difficili, se non
ci fossi tu, Padre saldo, Figlio tenero, Spirito vitale, cosa potrei comprare
con le mie monetine?» (M. Marcolini).
Proprio come continua il Vangelo oggi: e noi verremo a lui e prenderemo
dimora presso di lui. Noi siamo il cielo di Dio, abitati da Dio intero,
Padre Figlio e Spirito Santo. Un cielo trinitario è dentro di noi. Ci hanno
spesso insegnato che l'incontro con il Signore era il premio per le nostre buone
azioni. Il Vangelo però dice altro: se, come Zaccheo, ti lasci incontrare dal
Signore, allora sarà lui a trasformarti in tutte le tue azioni.
Simone Weil usa questa delicata metafora: Le amiche della sposa non conoscono i
segreti della camera nuziale, ma quando vedono l'amica diversa, gloriosa di vita
nuova, con il grembo che s'inarca come una vela, allora capiscono che a
trasformarla è stato l'incontro d'amore. Ci è rivolta qui una delle parole più
liberanti di Gesù: il centro della fede non è ciò che io faccio per Dio, ma ciò
che Dio fa per me. Al centro non stanno le mie azioni, buone o cattive, ma
quelle di Dio, il Totalmente Altro che viene e mi rende altro.
Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, alla relazione
affettuosa con Dio, allo stringersi a Lui come un bambino si stringe al petto
della madre e non la vuol lasciare, perché per lui è vita.
Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto.
Una affermazione colma di bellissimi significati profetici. Due verbi:
Insegnare e Ricordare. Sono i due poli entro cui soffia lo Spirito: la
memoria cordiale dei grandi gesti di Gesù e l'apprendimento di nuove sillabe
divine; le parole dette «in quei giorni» e le nuove conquiste della mente e
dell'anima che lo Spirito induce. Colui che in principio covava le grandi acque
e si librava sugli abissi, continua ancora a covare le menti e a librarsi,
creatore, sugli abissi del cuore.