La benedizione «infinita» di Gesù
(Audio)
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo
patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati
a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da
Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui
che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate
rivestiti di potenza dall'alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li
benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si
prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e
stavano sempre nel tempio lodando Dio.
«E, alzate le mani, li benediceva». L’ultima
immagine di Gesù sono le sue mani alzate a benedire. «E, mentre li benediceva,
veniva portato su, in cielo».
Quella benedizione è la sua parola definitiva, raggiunge ciascuno di noi, non
è più terminata, non è mai finita.
Una infinita benedizione che rimane tra cielo e terra, si stende come una nube
di primavera sulla storia intera, su ogni persona, è tracciata sul nostro male
di vivere, sull’uomo caduto e sulla vittima, ad assicurare che la vita è più
forte delle sue ferite.
Nella Bibbia la benedizione indica sempre una forza vitale, una energia che
scende dall’alto, entra in te e produce vita. Come la prima di tutte le
benedizioni: Dio li benedisse dicendo «crescete e moltiplicatevi». Vita che
cresce, in noi e attorno a noi. La benedizione è questa forza più grande di
noi che ci avvolge, ci incalza; un flusso che non viene mai meno, a cui possiamo
sempre attingere, anche nel tempo delle malattie e delle delusioni.
Una benedizione ha lasciato il Signore, non un giudizio; non una condanna o un
lamento, ma una parola bella sul mondo, di stima, di enorme speranza in me, in
te, di fiducia nel mondo: c’è del bene in te; c’è molto bene in ogni uomo,
su tutta la terra. Di questo voi sarete testimoni: il Cristo doveva patire e
risuscitare; nel suo nome annunciate a tutti la conversione e il perdono. Sono
le ultime parole di Gesù, con le tre cose essenziali: – ricordare la croce e
la Pasqua. L’abbraccio del crocifisso che non può più annullarsi, ci
raggiunge tutti e ci trascina in alto con lui. E la Pasqua: i massi rotolati via
dall’imboccatura del cuore, come da quella del sepolcro. E nel giardino è
primavera.
– la conversione. Non è un comando, ma una offerta; non un dovere ma una
opportunità: nascere di nuovo. Seguendo Gesù, vedrai, la vita è più bella,
il sole più luminoso, le persone più buone e felici.
– il perdono. Non quello di uno smemorato, che dimentica il male, ma quello di
un creatore: che ti fa ripartire ad ogni alba verso terre intatte; che apre
futuro, fa salpare la tua vita come una nave prima arenata.
Nella sua ascensione, Gesù non è salito verso l’alto, è andato oltre e nel
profondo. Non al di là delle nubi, ma al di là delle forme. Siede alla destra
di ciascuno di noi, è nel profondo del creato, nel rigore della pietra, nella
musica delle costellazioni, nella luce dell’alba, «nell’abbraccio degli
amanti, in ogni rinuncia per un più grande amore» (G. Vannucci).