Dio si dona come cibo per vivere
(Audio)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla: 51«Io sono il pane
vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane
che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro:
«Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se
non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non
avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio
sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché
la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e
io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io
vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo
è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e
morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Il senso della festa del Corpo e Sangue del Signore è riassunto nel brano del
Vangelo da un termine continuamente ribadito: «vivere », ogni volta
intrecciato ad un secondo termine: mangiare.
Per ben sette volte Gesù ripete che mangiare la sua carne fa vivere.
È l’incalzante convinzione, da parte sua, di offrire qualcosa che non avevamo
e di cui non possiamo fare a meno, che inverte il senso della vita orientandola
non più alla morte ma all’eternità. La grande sorpresa è che Gesù non
dice:
«Prendete e mangiate la mia sapienza, la mia santità, la mia divinità»,
bensì: «Mangiate la mia carne, bevete il mio sangue!». Carne e sangue
indicano non la fisiologia del suo corpo, ma la totalità della sua umanità:
«Prendete come alimento, energia e luce, l’amore, il coraggio, la bellezza e
la libertà che ho mostrato con la mia vita!». Ricchi siamo della sua umanità.
Per essa è il mio Dio, il Dio-per-l’uomo, che incanta e solleva
la nostra umanità. Se la accolgo, tutta la mia vita diventa sacra. Mangio e
sento che compio un atto sacro, di comunione con Dio e con gli uomini e con il
creato; sacro è il lavoro, sacri i gesti della cura e dell’amore. Se faccio
mio il segreto della vita di Cristo, trovo il segreto della mia vita, una cosa
enorme: Dio in me. Il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e
diventiamo una cosa sola.
Dio va fino all’estremo della sua incarnazione, fino alla materia, diventando
nell’Eucaristia pane, pezzo di terra germinata. Quando mi avvio alla
Comunione, non io mi incammino verso il Pane, è il Pane del cielo incamminato
verso di me, è il Sangue del cielo che cerca nuove vene. Prima che io dica:
«ho fame», Dio ha detto: «Prendete e mangiate» , mi ha cercato,
desiderato e si dona. Un Dio che si fa cellula del mio corpo, respiro, gesto,
pensiero, si trasforma in me e mi trasforma in sé.
Sull’altare c’è solo un piccolo pane bianco lieve come un’ala, che non ha
sapore, che è silenzio, profondissimo silenzio. Cosa mi può dare questo po’
di pane povero come un boccone così piccolo da non saziare neppure il più
piccolo bambino? Ad ogni Comunione andiamo distratti verso l’altare; ad ogni
Comunione, però, almeno per un istante, mi affaccio sull’enormità di ciò
che mi sta accadendo: Dio che mi cerca, Dio in cammino verso di me, Dio che
è arrivato, che entra in questa mia casa di carne.
Entrato in chiesa come mendicante ne uscirò come donatore. Dopo avere
sperimentato un Dio che fa vivere e nutre, un Dio materno, che dà se
stesso come cibo per vivere, possa anch’io, lungo i miei giorni, essere
annoverato fra i giusti, fra coloro che fanno vivere, che nutrono. Con
piccoli gesti ma con grandi orizzonti.