Domenica delle
Palme Anno A (Letture: Isaia 50,4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11; Matteo 26,
14-27,66).
Commento di Ermes Ronchi
Cristo muore per amore dell’uomo
Dal Vangelo secondo Matteo
- Quanto volete darmi perché
io ve lo consegni?
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi
dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E
quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione
propizia per consegnare Gesù.
- Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli
dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la
Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: "Il
Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei
discepoli" » (...)
In questa settimana per due volte la Chiesa
si raccoglie nella lettura della Passione di Cristo, del patire di un Dio
appassionato. La lettura più bella e regale che si possa fare, dove tutto ruota
attorno alle due cose che toccano il nervo di ogni vita: l’amore e il dolore,
la lingua universale dell’uomo. Lo ha capito per primo, sul Calvario, non un
discepolo, ma un estraneo. Alla morte di Gesù, infatti il primo atto di fede è
quello di un lontano, un centurione pagano: davvero costui era figlio di Dio.
Non da un sepolcro che si apre, non dallo sfolgorio di luce, di giorni nuovi, di
un sole mai visto, no, ma davanti e dentro la tenebra del venerdì, vedendolo
sulla croce, sul patibolo, sul trono dell’infamia, un verme nel vento, questo
soldato esperto di morte dice:
era figlio di Dio. Morire così è rivelazione. Morire d’amore è
cosa da Dio. Il nostro Dio è differente. Perché è salito sulla croce? Per
essere con me e come me. Perché io possa essere con lui e come lui.
Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all’uomo che è in croce.
L’amore conosce molti doveri, ma il primo di questi doveri è di essere
insieme con l’amato, come una mamma quando il figlio sta male... e vorrebbe
prendere su di sé il male del suo bambino, ammalarsi lei per guarire suo
figlio. Dio entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Per trascinarlo
fuori, in alto, con sé. La croce è l’abisso dove Dio diviene l’amante. È
qualcosa che mi stordisce: un Dio che mi ha lavato i piedi e non gli è bastato,
che ha dato il suo corpo da mangiare e non gli è bastato. Lo vedo pendere nudo
e disonorato, e devo distogliere lo sguardo. Poi giro ancora la testa e riguardo
la croce e vedo uno a braccia spalancate che mi grida: ti amo. Proprio me?
Sanguina e grida, o forse lo sussurra, per non essere invadente: ti amo.
C’erano là molte donne che stavano ad osservare da lontano.
Piccolo gregge sgomento e coraggioso: la chiesa nasce dalla contemplazione
del volto del Dio crocifisso (C.M.Martini), la chiesa nasce in quelle donne,
che hanno verso Gesù lo stesso sguardo di amore e di dolore che Dio ha sul
mondo. Le prime «pietre viventi» sono donne. Per diventare chiesa, dobbiamo
anche noi sostare con queste donne accanto alle infinite croci del mondo dove
Cristo è ancora oggi crocifisso nei suoi fratelli, disprezzato, umiliato,
ricacciato indietro, naufragato. Con santa Maria e le donne sentiamo nostra la
passione di ogni figlio dell’uomo: il mondo è tutto una collina di croci.
Restiamo accanto, a portare conforto, speranza, pane, umanità, vita. Solo così
sentiremo a Pasqua che «rotola armoniosamente la nostra vita nella mano di
Dio» ( Etty Hillesum).