(Audio)
Dal Vangelo secondo Marco
(...) Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse
ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero.
La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui
crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che
passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che
distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo
dalla croce!» (...)
«Gli uomini vanno a
Dio nella loro tribolazione, piangono per aiuto, chiedono pane. Così fan tutti,
tutti. I cristiani invece stanno vicino a Dio nella sua sofferenza» (Bonhoffer),
in questa settimana santa, quando scorrono i giorni del nostro destino, e in
ogni settimana del tempo. Infatti se noi crediamo che Cristo è in ogni uomo, che
tutti insieme formiamo l'unico corpo di Cristo, allora riusciamo a sentire che
Cristo è in agonia fino alla fine dei tempi, è ancora crocifisso oggi in
infiniti fratelli, su tutta la terra. Contemporanea a me è la croce. Non
spettatore, allora, ma partecipe della eterna passione di Dio e dell'uomo,
voglio abitare la croce, le infinite croci del mondo.
«Salva te stesso, allora crederemo». Qualsiasi uomo, qualsiasi re, potendolo,
scenderebbe dalla croce. Gesù, no. Solo un Dio non scende dal legno, solo il
nostro Dio. Il nostro è il Dio differente: è il Dio che entra nella tragedia
umana, entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Sale sulla croce per
essere con me e come me, perché io possa essere con lui e come lui. Essere in
croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all'uomo che è in croce. Perché l'amore
conosce molti doveri, ma il primo di questi è di essere con l'amato.
Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. Solo la
croce toglie ogni dubbio, è lo svelamento supremo di Dio. La croce è l'abisso
dove Dio diviene l'amante. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una
goccia di fuoco, e divampa.
L'ha capito per primo un estraneo, un soldato esperto di morte. È un pagano ad
esprimere il primo atto di fede cristiano: costui era figlio di Dio. Che cosa ha
visto in quella morte? Non un miracolo, non la risurrezione. Ha visto il
capovolgimento del mondo, dove la vittoria era sempre del più forte, del più
armato, del più spietato. Ha visto il supremo potere di Dio, che è un disarmato
amore; che è quello di dare la vita anche a chi ti dà la morte; che è servire
non asservire; che è vincere la violenza prendendola su di sé. Ha visto che
questo mondo porta un altro mondo nel grembo.
E noi qui disorientati, dapprima, ma poi stupiti, perché, come le donne, come il
centurione, come i santi, sentiamo che nella Croce c'è attrazione, c'è seduzione
e bellezza. La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori
Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e
nudo, per morire d'amore. La nostra fede poggia sulla cosa più bella del mondo:
un atto d'amore perfetto.
La croce è l'immagine più pura, più alta, più bella che Dio ha dato di se
stesso. Da allora, «per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi
della Croce» (K. Rahner).