Il soffio dello Spirito rende «unici»
(Audio)
Dal Vangelo secondo
Giovanni
19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre
erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei
Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto
questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il
Signore.
21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha
mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e
disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui
perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non
saranno perdonati».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
La casa fu piena di vento, e apparvero loro come lingue di fuoco che si
dividevano e si posarono su ciascuno. E ognuna accende un cuore, sposa una
libertà, consacra una diversità. Lo Spirito dà a ogni creatura una genialità
propria, una santità che è unica. Tu non devi diventare l’opposto di te
stesso per incontrare il Signore, per essere santo.
In Gesù, Dio ha riunificato l’umanità in un popolo di fratelli. Nello
Spirito fa della mia unicità e diversità una ricchezza.
La Chiesa come Corpo di Cristo è comunione; la Chiesa come Pentecoste continua
è invenzione, poesia creatrice, ricerca.
Come due tempi di un solo movimento. Nel Cristo siamo uno, nel soffio dello
Spirito siamo unici. Il libro degli Atti narra che gli apostoli quella mattina
parevano « come ubriachi »: ebbri, eccessivi, fuori misura. Bisogna
essere così per parlare di Cristo, un po’ fuori misura, un po’ incoscienti,
un po’ «presi », altrimenti non riscaldi il cuore di nessuno. Ubriachi, ma
di speranza, di fiducia, di generosità, di gioia.
Mentre erano chiuse le porte del luogo venne Gesù, alitò su di loro e disse:
Ricevete lo Spirito Santo. Negli Apostoli respira ora il respiro di Cristo,
quel principio vitale e luminoso che lo faceva diverso, quella intensità che
faceva unico il suo modo di amare, che spingeva Gesù a fare dei poveri i
principi del suo Regno, che ha reso forte il suo volto, scrive Luca, come quello
di un eroe, e tenero come quello di un innamorato.
Ciò che è accaduto a Gerusalemme, 50 giorni dopo la Risurrezione, avviene
sempre, avviene per ciascuno: siamo perennemente immersi in Dio come nell’aria
che respiriamo.
A noi che cosa compete? Accogliere questo straordinario respiro di Dio che
riporta al cuore Cristo e le sue parole e ci trasforma; accoglierlo, perché il
mio piccolo io deve dilatarsi nell’infinito io divino. E poi la missione: a
coloro cui perdonerete i peccati saranno perdonati, a coloro cui non perdonerete
non saranno perdonati.
Il perdono dei peccati è l’impegno di tutti coloro che hanno ricevuto lo
Spirito, donne e uomini, grandi e bambini.
Perdonate, che vuol dire: piantate attorno a voi oasi di riconciliazione,
piccole oasi di pace in tutti i deserti della violenza; tutto intorno a voi
create strade di avvicinamenti, aprite porte, riaccendete il calore, riannodate
fiducia. Moltiplichiamo piccole oasi e queste conquisteranno il deserto.
«Perdonare significa de-creare il male» (Panikkar).
Allora venga lo Spirito, riporti l’innocenza e la fiducia nella vita, soffi
via le ceneri delle paure, «consolidi in ciascuno di noi la certezza più umana
che abbiamo e che tutti ci compone in unità: l’aspirazione alla pace, alla
gioia, alla vita, all’amore» (G. Vannucci).