La scuola della croce: amare non è emozione ma dare
VANGELO
(Gv 3,13-17)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: 13«Nessuno
è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio
dell’uomo.
14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna
che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la
vita eterna. 16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il
Figlio unigenito, 15perché chiunque crede in lui non vada
perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha
mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia
salvato per mezzo di lui».
Parola del Signore
Lode a Te o Cristo
Festa
dell'Esaltazione della Croce, in cui il cristiano tiene insieme le due facce
dell'unica evento: la Croce e la Pasqua, la croce del Risorto con tutte le sue
piaghe, la risurrezione del Crocifisso con tutta la sua luce. Parafrasando Kant:
«La croce senza la risurrezione è cieca; la risurrezione senza la croce è
vuota».
Dio ha tanto amato. È questo il cuore ardente del cristianesimo, la sintesi
della fede: «Dove sta la tua sintesi lì sta anche il tuo cuore» (Evangelii
Gaudium 143). «Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché
crediamo che Dio ci ama» (L. Xardel). La salvezza è che Lui mi ama, non che io
amo Lui. L'unica vera eresia cristiana è l'indifferenza, perfetto contrario
dell'amore. Ciò che sventa anche le trame più forti della storia di Dio è solo
l'indifferenza.
Invece «amare tanto» è cosa da Dio, e da veri figli di Dio. E penso che ogni
volta che una creatura ama tanto, in quel momento sta facendo una cosa divina,
in quel momento è generata figlia di Dio, incarnazione del suo progetto.
Ha tanto amato il mondo: parole da ripetere all'infinito, monotonia divina da
incidere sulla carne del cuore, da custodire come leit-motiv, ritornello che
contiene l'essenziale, ogni volta che un dubbio torna a stendere il suo velo sul
cuore. Ha tanto amato il mondo da dare: amare non è una emozione, comporta un
dare, generosamente, illogicamente, dissennatamente dare. E Dio non può dare
nulla di meno di se stesso (Meister Eckart). Dio non ha mandato il Figlio
per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Mondo salvato, non condannato. Ogni volta che temiamo condanne, per noi stessi
per le ombre che ci portiamo dietro, siamo pagani, non abbiamo capito niente
della croce. Ogni volta invece che siamo noi a lanciare condanne, ritorniamo
pagani, scivoliamo fuori, via dalla storia di Dio.
Mondo salvato, con tutto ciò che è vivo in esso. Salvare vuol dire conservare, e
niente andrà perduto: nessun gesto d'amore, nessun coraggio, nessuna forte
perseveranza, nessun volto. Neppure il più piccolo filo d'erba. Perché è tutta
la creazione che domanda, che geme nelle doglie della salvezza.
Perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Credere
a questo Dio, entrare in questa dinamica, lasciare che lui entri in noi, entrare
nello spazio divino «dell'amare tanto», dare fiducia, fidarsi dell'amore come
forma di Dio e forma del vivere, vuol dire avere la vita eterna, fare le cose
che Dio fa, cose che meritano di non morire, che appartengono alle fibre più
intime di Dio. Chi fa questo ha già ora, al presente, la vita eterna, una vita
piena, realizza pienamente la sua esistenza.