Il
primo sacerdote indigeno di Mal
Diocesi di Jalpaiguri
6 e 7 dicembre 1958: date degne di essere scritte a caratteri d’oro nella storia non solo di Mal, ma della diocesi di Jalpaiguri. Ma questo centro missionario sconosciuto alla quasi totalità dei lettori, posta a pochi chilometri dalle prime catene dell’Himalaya, è sede del missionario da una ventina d’anni ed è una cittadina che si allarga ogni giorno più sia per l’importante centro ferroviario e sia anche per il continuo afflusso di rifugiati dal Pakistan. Si rende famosa ogni giorno più anche come centro di malviventi e ladri e come centro dei rossi della zona. La missione situata dietro alla stazione ferroviaria a sud della cittadina, vive la sua vita quotidiana con la scuola maschile molto fiorente e con tutti gli altri annessi e connessi. Fanno capo a Mal come centro di missione più di 40 piantagioni di tè e villaggi dove risiedono più di 7.000 cattolici visitati regolarmente dal prete ogni due o tre mesi. In questo centro di missione dove risiedono P. ALESSANDRO PERICO e P. Paul Minj, un nativo, da alcuni mesi vi era un’attività insolita. Si stavano preparando grandi feste, si trattava di avere tutto pronto per l’ordinazione sacerdotale e la prima Messa solenne del padre Giovanni Dungdung, nativo di un villaggio a pochi chilometri da Mal. La vera data dell’ordinazione avrebbe dovuto essere l’otto dicembre, festa dell’Immacolata, ma ricorrendo quest’anno tale data in lunedì e prevedendo che il concorso di gente sarebbe stato molto limitato essendo giorno di lavoro, P. Perico propose a Mons. Vescovo di avere l’ordinazione il sabato 6 dicembre nel pomeriggio e la prima S. Messa la domenica 7. I lavoratori delle piantagioni di tè in questi mesi al sabato lavorano solo fino al mezzogiorno e poi sono liberi fino al lunedì mattina. Ponderate tutte le cose, mons. Vescovo aderiva alla proposta e anche il neo ordinando accettava più che volentieri di anticipare la sua ordinazione. L’idea di avere l’ordinazione a Mal sebbene la residenza temporanea del Vescovo sia Damanpur, fu espressa dal neo ordinando nelle vacanze che passò a Mal il dicembre scorso e le ragioni che portava erano che qui era molto conosciuto e che gli sarebbe stato più facile radunare i parenti ancora quasi tutti pagani. I sacerdoti del luogo furono entusiasti e appoggiarono l’idea presso il Vescovo che accondiscese volentieri e così Mal dalla metà di agosto in qua fu avvolto da un fervore febbrile di preparazioni. Si trattava di preparare l’ambiente materiale e raccogliere parecchie migliaia di persone e almeno una ventina di sacerdoti. E poi si trattava di preparare moralmente i cattolici alla grande occasione. Domenica dopo domenica si radunavano al centro: catechisti, sodalisti, persone prominenti e si spiegava loro il valore della solennità. Gradualmente l’entusiasmo di formò e oltre al resto anche offerte anche dai più poveri cominciarono ad affluire per l’acquisto di un conveniente regalo al neo sacerdote, a nome di tutta la popolazione cattolica. Per metà novembre tali offerte avevano raggiunto la somma sufficiente per comprare un set di pianete, un messale e tutto l’occorrente per la S. Messa. Fissata la data dell’ordinazione, si decise di cominciare alle quattro pomeridiane per dare agio anche a quelli più lontani di giungere in tempo. La chiesa di Mal è grande come un magazzino con una capienza di circa 800 persone, ma dato che se ne attendevano molte di più, si decise di avere tutte le funzioni all’aperto. Parecchi giorni prima di preparò un grande rialzo davanti alla chiesa con terra e mattoni e il cortile antistante fu pulito e livellato. Parecchi dei direttori delle piantagioni di tè, sebbene non cattolici, avuto sentore di ciò che stava per avvenire a Mal, vollero concorrere a far sì che la festa riuscisse davvero solenne. Alcuni offrirono in prestito grandi teloni, altri bambus, uno offrì una dinamo e un trattore per la produzione di energia elettrica per l’illuminazione e altri inviarono i loro uomini a piazzare tutto sotto la direzione di P. Perico, mentre P. Minj organizzava i ragazzi della scuola nei tempi liberi dalle lezioni, a dare il loro contributo nei vari piccoli lavori. Per la vigilia della festa tutto era pronto: il cortile antistante il rialzo era coperto con teloni sostenuti da bambus e l’impianto elettrico per l’illuminazione funzionava a meraviglia. Tanta luce non si era mai vista a Mal! I ragazzi della scuola avevano preparato strisce e bandierine di carta colorata che servirono ad ornare il grande tendone a mo’ di festoni o sandaline che dir si voglia. Strisce di tela colorata servirono ad ornare la parte che copriva il terrapieno e su questo si stesero tappeti da renderlo il più possibile somigliante al presbiterio di una cattedrale. L’altare sul terrapieno fu preparato da P. Perico e così pure il trono del Vescovo con tutti i seggi e scranni necessari. Il complesso dava l’idea di una vasta cattedrale decorata a fantasmagoria. Una grande croce greca di cartone intagliata con i simboli del sacerdozio coperti di carta colorata e illuminati dall’interno fu issata sopra l’altare alto sulla facciata della chiesa. Il pallio dell’altare era pure di cartone intagliato con i simboli della chiesa cattolica e dei sette Sacramenti, e anche questo era illuminato internamente a luce elettrica. Anche un microfono con altoparlanti era stato installato, con batterie, per dar modo alla folla di seguire con comprensione la cerimonia. All’avvicinarsi della data parecchi sacerdoti affluirono per la festa a Mal: cinque Salesiani da Sonada, tre Gesuiti da Kurseong, parecchi preti e chierici da Ranchi, Mons. Adamo Grossi Prefetto Apostolico di Malda con P.Manfredotti, e sacerdoti dei diversi distretti missionari della diocesi. Si era provveduto in anticipo, appunto prevedendo l’afflusso di tanto clero, a procurarsi letti dagli ospedali delle piantagioni di tè, così che tutti ebbero un letto comodo per dormire anche se in una stanza dovevano stare in sei o sette. Per le tre pomeridiane del 6 dicembre già più di 5.000 persone, cristiani e pagani, erano presenti, parecchi venuti anche da altri distretti da 80, 100 e più chilometri di distanza con ogni mezzo di trasporto. Il Vescovo Mons. Ambrogio Galbiati e l’ordinando erano giunti la sera prima per treno da Damanpur. Alle quattro in punto si snodava il corteo dalla casa dei padri al grande altare eretto davanti alla chiesa. L’ordinando precedeva il vescovo vestito pontificalmente attorniato dal clero. Cerimoniere ufficiale e inappellabile era mons. A. Grossi Pref. Apost. di Malda anche lui vestito cogli abiti della sua dignità. Una banda locale di pifferi e tamburi e spari di mortaretti accompagnavano il corteo. Giunto questo all’ingresso del vasto tendone-cattedrale, il coro proruppe nell’ "Ecce sacerdos Magnus" a due voci di autore ignoto alla fine del quale aveva inizio la messa dell’Ordinazione. Un sacerdote indigeno venuto da Ranhindi e la gente seguiva con attenzione tutti i movimenti che avvenivano lassù sull’alto presbiterio. Sembravano trasognati, mai avevano visto tanta solennità di cerimonie e pensavano come a quel giovane che fino a poco prima era come uno di loro, ora veniva innalzato con la maestosità del Pontificale Romano alla dignità sacerdotale. Quel giovane che fino a pochi anni fa aveva lavorato con loro nelle piantagioni di tè, ora veniva consacrato loro padre e guida. I pagani stupefatti commentavano sottovoce: quanto impegno e quanta solennità in questa religione nel formare i suoi ministri! Ad assistere alla cerimonia erano stati invitati anche i direttori delle piantagioni di tè e parecchi erano presenti con le loro signore: indiani, scozzesi, inglesi, ecc., nessuno cattolico tra di loro, pure seguivano con attenzione e ammirazione ogni piccola cerimonia aiutati da un opuscolo in inglese che spiegava tutto il rito dell’Ordinazione. Non avevano mai visto una cosa simile, quanti pregiudizi e idee storte riguardo alla chiesa e il clero cattolico si dissipavano nelle loro menti! Vedevano qui la potestà episcopale innalzare al sacerdozio un figlio di questa terra. A cerimonia finita meravigliati si dicevano entusiasti di avere assistito e ammirato il rito cattolico per l’occasione. La S. Messa e Cerimonie dell’ordinazione procedevano tra l’attenzione generale e tutti erano commossi e un po’ spaventati quando videro il Vescovo e tutto il clero con le destre alzate invocare lo Spirito Santo sul novello sacerdote che con la sua figura esile e sommessa dava l’idea di un angelo in mezzo a tanta luce. A Messa finita Mons. Vescovo teneva uno dei suoi alati discorsi in lingua hindi alla gente, si diceva felice di avere avuto questa occasione di ordinare un sacerdote che tra breve lavorerà in questa Vigna del Signore, si congratulava col novello sacerdote per il grande dono che il Signore gli aveva concesso e si congratulava con la gente perché uno di loro era stato assunto a tanta dignità. E poi si slanciava attraverso le scritture e citava i Padri e Dottori della Chiesa per dimostrare la grandezza della dignità sacerdotale testé conferita a P. Giovanni. Tutto finito, la folla, cristiani e pagani vollero baciare le mani testé consacrate del novello sacerdote che solo verso le otto poté ritirarsi per rifocillarsi e riposare. Dopo cena tutti i sacerdoti che sapevano la lingua si misero a disposizione della gente per le confessioni che durarono fino oltre la mezzanotte. Tutta la notte fu allietata (per chi si sente allietato) dal suono dei tamburi di diverso calibro e da spari di mortaretti. E la gente si divertiva al banco della pesca di beneficenza che P. Minj aveva organizzato. Alle cinque del 7 dicembre, domenica, Mons. Vescovo e tutti gli altri sacerdoti celebrarono le SS. Messe ai sette altari preparati in chiesa, mentre la gente si andava preparando sotto il vasto tendone-cattedrale in attesa che cominciasse la S. Messa Solenne. Alle sei e mezzo il corteo del Vescovo in abiti pontificali, del novello sacerdote vestito dei sacri paramenti e del clero, dalla casa si portava all’altare dove P. Giovanni dava inizio alla sua Prima Messa Solenne assistito oltre che dal diacono e suddiacono anche dal prete assistente, funzionante in tale capacità P. Artico che ieri aveva funzionato da arcidiacono della Cattedrale. Il Vescovo faceva assistenza dal trono. Le cerimonie, come la sera precedente, si svolgevano a puntino sotto la magistrale direzione di Mons. A. Grossi. Il coro dei Salesiani e Gesuiti cantavano le parti mobili della Messa del Corpus Domini e la folla a voce spiegata sotto la direzione di P. Perico cantava la "Missa de Angelis". Al Vangelo P. Perico prendendo lo spunto dal vangelo della seconda domenica di avvento, esaltava la missione del sacerdote che spiritualmente raddrizza gli storpi, illumina i ciechi, fa udire i sordi e risuscita i morti e diffonde il vangelo tra la gente semplice e di buona volontà. Il sacerdote cattolico non è la canna che si piega ad ogni brezza, ma la quercia ferma, sicura nelle sue radici in Cristo e la sua Chiesa, da cui parte la voce che invita ed incita ad appianare le vie del Signore. Il sacerdote deve condurre una vita tale da potersi un giorno meritare da Gesù l’elogio che Egli fece del Battista. Otto sacerdoti distribuivano le SS. Comunione per oltre mezz’ora e al termine della Messa si snodava per il vasto cortile della Missione la processione del Corpus Domini che in questi paesi caldi viene sempre celebrata nei mesi così detti invernali. P. Giovanni reggeva l’Ostia Santa sotto un baldacchino nuovo donato dal Vescovo e tutto l’ambiente risuonava di canti e preghiere. Chiuse le funzioni sacre con la Benedizione Solenne del SS. Sacramento, i sacerdoti si ritiravano per la colazione mentre la gente a gruppi si sedeva qua e là per la loro colazione al sacco in attesa che si desse inizio al "SWAGAT" o offerta di omaggi e doni al novello sacerdote. Questo "SWAGAT" cominciava alle dieci e a diversi gruppi la gente veniva ad offrire i loro omaggi e doni con canti, danze e tamburi, a P. Giovanni che attorniato dal Vescovo e dal clero, sedeva al posto d’onore con al fianco la sorella, l’unica parente stretta vivente e l’unica cattolica tra tutti i suoi parenti. Per le tre pomeridiane gli omaggi erano finiti, i Padri si ritiravano per il pranzo e la gente si sedeva sull’erba in gruppi a consumare la "BARA KHANA" (pranzo) offerto dalla Missione. Poi a poco a poco la folla si diradava e per la sera tutto era tornato tranquillo se si eccettuano i mortaretti che continuarono fino ad ora tarda. Le feste in complesso riuscirono molto bene grazie alla minuziosa e lunga preparazione. Come si è detto queste date passeranno nella storia di Mal e della diocesi di Jalpaiguri non solo per la novità e solennità con cui furono celebrate, ma anche perché racchiudono in sé parecchi primati. E’ la prima Ordinazione Sacerdotale che Mons. A. Galbiati abbia avuto la gioia di conferire dalla sua consacrazione episcopale nel 1952. E’ la prima Ordinazione che venga fatta in Diocesi: vi sono già altri due preti nativi, ma uno fu ordinato nel 1945 quando vi era solo la diocesi di Dinajpur, e l’altro fu ordinato a Nellore nel Sud dell’India, dove si trovava per i suoi studi, nel 1952. Allora la diocesi di Jalpaiguri esisteva già, ma il Vescovo si trovava in Italia per la sua Consacrazione Episcopale. E’ la prima ordinazione che sia stata fatta a Mal (e chissà quando ve ne sarà un’altra!). Il novello sacerdote è il primo della tribù Kharia che venga ordinato per questa Diocesi ed è il primo che sia nativo del luogo essendo gli altri due nativi di Ranchi. Tutti questi primati vanno ad onore della giovane Diocesi che si sforza di avere il suo clero diocesano, e certamente questi eventi saranno di sprone a tanti giovani a dedicarsi al Signore per il bene dei loro fratelli. Ormai noi stranieri siamo dei tollerati qui, può venire il giorno in cui ci venga detto di fare fagotto ed andarcene e se avremo un buono e numeroso clero indigeno anche se ci costerà lasciare questa terra che ha assorbito le nostre energie, ci consoleremo al pensiero che la chiesa si troverà in buone mani. A coronamento delle feste si ebbero ancora due piccole ma significanti occasioni. In giorno nove dicembre nel pomeriggio veniva offerto dalla Missione un Tea Party ai direttori delle piantagioni di tè che si erano mostrati tanto volenterosi nell’aiutare per la buona riuscita delle feste, e per le autorità locali. Parecchi di loro vennero e passarono un paio di ore in allegra familiarità con il Vescovo, il novello sacerdote e sacerdoti residenti, e prima di lasciare vollero visitare tutta la Missione cominciando dalla Chiesa. Anche il ministro Protestante scozzese era presente con la sua signora ed essendo la prima volta che visitava un centro cattolico ne fu molto bene impressionato. Grazie al cielo qui la chiesa Cattolica gode ancora un po’ di prestigio. Il giorno tredici dicembre fu la giornata della scuola. I ragazzi vollero coronare i festeggiamenti con i loro omaggi e piccoli ma significativi doni al novello sacerdote e in serata rappresentarono sotto la regia di P. Minj il dramma Hindi "CHHAMA PRADHAN" che vuol dire "Il Perdono". Il novello sacerdote resterà a Mal fino a dopo Natale e avrà la gioia di cantare la Messa di mezzanotte nella notte Santa, poi ritornerà per alcuni mesi al Seminario di Ranchi per un corso di perfezionamento. Poi ritornando in Diocesi entrerà anche lui nel grande numero dei lavoratori della Vigna di Cristo.
Ad multos annos, ad multos latore
Don Sandro Pertico