"MISSIONE BIRMANIA"

RITAGLI    Padre Colombo, la "vita" per i "lebbrosi"    BIRMANIA

Un "secolo" fa, il 30 Marzo 1910,
nacque a Lecco il "Missionario" del "Pime",
per trent’anni in Birmania,
dove si spese per i "malati" «che nessuno voleva».
Mons. Busti: «Ha dimostrato a tutti che, più della "malattia",
conta la "persona" stessa di chi soffre».

P. Cesare Colombo, una vita spesa per curare ed amare i lebbrosi... P. CESARE COLOMBO (1910-1980), Missionario del Pime in Birmania! Il Missionario, insieme ai suoi piccoli amici birmani... Dalla Birmania all'Italia, sempre pronto a donare saggezza e speranza!

Paolo Ferrario
("Avvenire", 13/3/’10)

«Perché mi sono messo ad assistere i "lebbrosi"? Perché erano i più abbandonati, quelli che nessuno voleva». Così rispondeva, Padre Cesare Colombo, a chi gli chiedeva ragione della scelta di dedicarsi agli "ultimi" tra gli "ultimi", i più "poveri" di tutti. Non bastava, a questo "Missionario" del "Pime", di cui in questi giorni ricorre il "Centenario" della "Nascita", a Lecco, nel "rione manzoniano" di Acquate, vivere in uno dei "Paesi" più tribolati e colpiti dalla "piaga" della "povertà". Padre Colombo, in Birmania (dove rimase dal 1936 al 1967, quando venne espulso dalla "dittatura" al potere), è andato alla ricerca di chi non era considerato degno neppure di appartenere alla "razza umana".
«Toccando questi "malati" – ricorda il "Vescovo" di Mantova, Roberto Busti, per sedici anni "Prevosto" di Lecco, dove ha potuto conoscere da vicino l’opera di Padre Colombo, attraverso i "volontari" del "Laboratorio Missionario", "Beato G. B. Mazzucconi", di cui è "Presidente Onorario" – Padre Cesare ha dimostrato a tutti che, più della "malattia", quello che conta è la persona stessa di chi soffre e, soprattutto in questi casi, di chi viene ingiustamente "emarginato"».
Nelle "missioni" fondate dal "Missionario" italiano – che per servire meglio i "malati" decise di laurearsi in "medicina", divenendo un pioniere nella "cura" della "lebbra" – chi era infetto dal "virus" non era più costretto a vivere lontano dal "villaggio" e senza più alcun contatto con la propria famiglia. Per Padre Colombo, infatti, il completo "isolamento" dei "lebbrosi" non era soltanto "disumano", ma addirittura inefficace per il "trattamento". Con lui, i "lebbrosi" non soltanto rimangono in famiglia e nella "comunità", ma la loro "riabilitazione" passa anche attraverso il lavoro al "villaggio".
«Padre Cesare – ricorda ancora il "Vescovo" Busti – ha messo ogni sforzo della sua vita non solo per lenire la "sofferenza fisica" degli innumerevoli "malati" di "lebbra" che ha incontrato e cercato; non solo per superare i "pregiudizi" che li tenevano fuori dal "mondo civile" in condizioni meno che dignitose, radunandoli invece in condizioni di "vita comune" colme di speranza. Padre Cesare ha contribuito altresì ad approfondire la "conoscenza scientifica" della "malattia" e la "sperimentazione" di "cure" più efficaci». Per questa ragione, come osserva il "medico" Paolo Gulisano, "epidemiologo" esperto di "pandemie" e "curatore" della "Mostra" del "Centenario" di Padre Cesare Colombo, il "Missionario" si può a buon diritto annoverare tra i «pionieri della lotta contro la "lebbra" e merita, in tal senso, un posto anche nella storia della "medicina"». I primi rudimenti, Padre Colombo li apprese nel 1942 in un "campo di prigionia" inglese in India, dove fu rinchiuso con "medici" tedeschi, olandesi e indiani dell’"Università" di Giava. Convinto a laurearsi, rientra in Italia, dove diventa "medico" a tutti gli effetti nel 1953.
Nel 1956, il "regista" americano William Deneen, gira un "film" nel "lebbrosario" di
Kengtung, significativamente titolato "Il tocco della sua mano", facendo conoscere al mondo l’"opera" di Padre Cesare.
«Il metodo di "cura" dei "lebbrosi" utilizzato da Padre Cesare – sottolinea
Padre Piero Gheddo nel "libro" "Missione Birmania" – è stato in seguito adottato ufficialmente dall’"Organizzazione Mondiale della Sanità", ma lui è stato il primo ad " inventarlo" e ad applicarlo a Kengtung, con risultati che lasciavano stupiti gli "esperti" in visita alla "città felice" sui "monti birmani"».
Ai suoi "lebbrosi", Padre Cesare pensò fino all’ultimo respiro, che esalò il 13 Ottobre 1980 a Lecco, dopo aver lottato contro un "tumore" ai polmoni. In uno degli ultimi giorni, chiamò al suo "capezzale" Suor Maria Viganò, "Missionaria" di "Maria Bambina", alla quale affidò i pochi "risparmi" rimastigli da distribuire ai "poveri" in Birmania. «Ha pensato e provveduto ai suoi fino alla fine, secondo le sue possibilità – ricorda Suor Maria Viganò – e poi se n’è andato in pace. Questo era Padre Cesare, donato agli altri fino all’ultimo respiro, ma sempre nel solco della "volontà" di Dio».