TESTIMONIANZA

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Il "boom" recente dei nuovi ricchi non cancella la massa dei poveri.
In Occidente arriva soprattutto la letteratura sul ceto medio.
Uno scrittore spiega il suo Paese.

Giovane mamma indiana... Ogni bimbo è speranza di vita!

Bhagwan Dass Morwal
("Avvenire", 18/1/’08)

Per dirla in tutta onestà, esistono due "Indie" all’interno dell’India. La prima è quella che viene messa in mostra con compiacimento e orgoglio. Questa "India luccicante", che appartiene a una manciata di ricchi indiani con le giuste conoscenze, è un "costrutto" sovrapposto a una eredità e a una cultura dalla profonde radici. Un abitante di quest’India, dal giorno alla notte, si trasforma nella persona più ricca del pianeta grazie al "Sensex" (la "Borsa" di Mumbai) che sale alle stelle e celebra le sue ricchezze regalando alla moglie un aereo del valore di oltre 24 milioni di rupie il giorno del suo compleanno. Un altro cittadino di quest’India, un "venture capitalist" di successo, mostra la sua devozione donando a un tempio un’offerta pari a un miliardo di rupie.
In duro contrasto con questo mondo esiste un’altra India. Questa India vive in paesini e villaggi in campagna ed è spesso stata elogiata dalla poesia. Oggi, questa India inferiore presenta un "plumbeo" scenario di analfabetismo, fame, disoccupazione e miseria: i suoi abitanti sofferenti sono i "dalit" (letteralmente «i calpestati»), gli "aborigeni" senza terra e le popolazioni tribali.
Gli "aborigeni", privati dei loro diritti sulla terra in questa India libera, sono rimasti senza alcun’altra opzione se non quella di iniziare le "satyagrah", lotte pacifiche per la giustizia naturale e il ritorno ad azioni analoghe a quelle lanciate dal Mahatma Gandhi contro il potente impero britannico. In questa India, elementi nascosti stanno nuovamente cercando di incitare le forze degli interessi "settari". Tali forze, che in passato si sono nutrite della divisione della struttura sociale indiana per casta e classe, stanno unendosi ancora una volta per contrastare le aspirazioni collettive di un’India unita, per la cui libertà indiani di ogni "sfumatura" politica avevano attuato una vigorosa lotta. In questa India, dove studenti appartenenti a caste elevate rifiutano in massa di accettare il pranzo cucinato da una donna "dalit", la pianta del "castismo" e della "segregazione" viene apertamente seminata e mietuta.
Siamo coscienti dell’esistenza di questa India? O forse no?
Oggi, nel nome dell’"India Shining" («l’India che splende»), la maggior parte delle risorse destinate allo sviluppo sono spese per abbellire solo le "metropoli" e qualche grande città. Miliardi di rupie vengono investite per costruire strambe "sopraelevate", anche se nelle aree rurali "infrastrutture" fondamentali come strutture di base per l’istruzione e centri medici primari sono inesistenti o prossime a crollare a causa della scarsità di risorse. Questa situazione ha portato a uno spostamento su larga scala della popolazione rurale verso "pascoli" urbani. Oggi le scuole rurali non sono altro che centri per l’"alfabetizzazione". I tempi in cui i figli dei poveri delle campagne, "dalit" e senza terra avevano l’opportunità di diventare dottori, avvocati o ingegneri sono un ricordo del passato.
Ma quest’India umiliata ha anche un lato positivo. I suoi abitanti, che condividono una lunga storia di "discriminazione", hanno raggiunto una "coesione" culturale che consente loro di stare fianco a fianco, agendo all’"unisono", in tempi difficili. Nonostante le privazioni, le difficoltà e le differenze, le genti di questi luoghi restano "pilastri" di forza gli uni per gli altri, condividendo tormenti e tribolazioni. In questo contesto, i romanzi classici in "hindi" come "Godan" di Premchand, "Maila Anchal" di Renu e "Adha Gaon" di Raza sono ancora molto rilevanti.
Questa è l’India che mi interessa. Le mie opere cercano di tracciare proprio quest’India; al loro centro si trovano personaggi determinati a portare avanti una fervente "lotta" per la sopravvivenza. Nel frattempo, vediamo emergere un altro tipo di India all’interno dell’India: l’India delle "organizzazioni non governative". Questa India delle "Ong" spinge col "carretto" la sua povertà e fame come fossero merci, facendo abbondante uso delle donazioni provenienti da territori stranieri. Nei decenni più recenti, la cultura delle "Ong" è esplosa come nuovo settore sociale che sta riuscendo a prendere in trappola le masse attraverso il suo "abito" ideologico. Nella maggior parte dei casi queste "Ong" sono una sorta di "mutazione genetica" delle "organizzazioni religiose" straniere o territoriali del passato coloniale, quando tali organizzazioni agivano come "uffici" sul campo dei poteri imperialistici nei paesi del terzo mondo per aiutare i governatori ad affermare il controllo sulle colonie, spesso dirottando il "malcontento" delle masse sfruttate verso questioni di natura religiosa e "settaria". I loro reggenti di oggi sono le "Ong" che operano da eleganti uffici urbani, costituite da politici locali, burocrati e "intrallazzatori" dell’«India Shining», spesso con il celato sostegno della loro "progenie", provetta nell’uso dei "laptop".
La letteratura che riguarda gli interessi particolari del ceto medio, e che ci raggiunge tramite le case editrici che ben conoscono il mercato, non rappresenta la vera India. Spesso la nostra classe media urbana tende a totalizzare lo spazio dell’India, mentre la vera India vive nelle sue campagne, tra i campi e le fattorie, circondata da morbide colline e fiumi serpeggianti, lungo dighe piccole e grandi. Sono queste "masse" senza voce, che spesso sono state costrette a spostarsi dal loro ambiente naturale in nome delle nuove "Zone Economiche Speciali", o che talvolta vengono cacciate con la forza dai loro villaggi, presto sommersi dalle acque delle dighe erette per realizzare progetti idroelettrici.